Non chiamateli incidenti
Nicola, Umberto e Daniel: se i morti sul lavoro sono di serie B…
La classe operaia esiste ancora, è sfruttata, e manda avanti il paese pagando anche con la vita. Ed è ripagata con i salari più bassi d’Occidente
Cronaca - di Piero Sansonetti

Il mondo politico è scosso dalla litigate tra Tajani e Salvini. E anche un po’ dal fatto che forse Prodi ha tirato i capelli a una giornalista. Le dichiarazioni si concentrano su questi temi. Solo Elly Schlein e il governatore del Friuli Massimiliano Fedriga hanno pensato di commentare invece la piccola strage sul lavoro che ieri ha ucciso tre operai e lasciato orfani tre ragazzini. Nicola Sicignano aveva 50 anni, pugliese, due figlioli adolescenti. Umberto Rosito aveva 38 anni, e una bimbetta di tre anni che non potrà portare con se nessun ricordo del suo papà, perché è troppo piccola. Glielo racconteranno. Gli diranno che lavorava sull’autostrada, era addetto alla manutenzione, e gli diranno che in uno dei primi giorni di primavera del 2025, mentre faticava per guadagnare quello che è necessario a sopravvivere, è passato un camion, l’autista non lo ha visto e se l’è portato via. I suoi compagni hanno chiamato l’elisoccorso. Quando è arrivato l’elicottero Umberto non c’era più. Aveva smesso di respirare. C’è stato un grande ingorgo sull’autostrada. Già: che fastidio.
La conoscete quella canzone bellissima, di Chico Buarque, cantata in italiano da Ornella Vanoni? Ne trascrivo solo quattro versi. “…E fluttuò nell’aria come fosse un passero. A terra si afflosciò come un pacchetto flaccido. Agonizzò nel mezzo del passeggio pubblico. Si spense contromano ostacolando il traffico…”.
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Sicignano invece è stato stritolato finendo dentro un nastro trasportatore. Lavorava per una azienda di smaltimento rifiuti in provincia di Napoli. A Pordenone è morto invece un ragazzino di 22 anni. Anche lui era un operaio. Lavorava in fabbrica, montava ingranaggi. Si è staccata da una macchina una scheggia di metallo arroventato e lo ha colpito sulla schiena, e lo ha trafitto, uccidendolo sul colpo.
Elly Schlein ha fatto notare che chiamare “incidenti” queste morti è una cosa fuori dal mondo. Cioè, è un falso. Le parole hanno un senso. Un peso. Questa è una strage, non è un incidente. Ieri ne sono morti tre, e noi sappiamo che nei prossimi giorni ne moriranno altri tre, e altri tre, e altri tre. Fino alla fine dell’anno. Alla fine dell’anno i morti saranno più di mille. Saranno più di mille se nessuno interviene. Se la politica e lo Stato – sì: lo Stato – non prendono atto del fatto che quelli che una volta si chiamavano “omicidi bianchi” sono statisticamente, e di gran lunga, il tipo di omicidio più frequente nel nostro paese. Sì, è vero, c’è l’emergenza terrorismo, se ne parla spesso: però negli ultimi cinque o sei anni non ha fatto morti. C’è l’emergenza mafia, è vero anche questo: che, negli ultimi quattro o cinque anni, ha fatto un paio di centinaia di morti. Poi c’è il fronte del lavoro, e lì negli ultimi quattro anni i morti sono stati quasi 4.500. Immaginate se ieri invece di tre morti sul lavoro avessimo avuto tre morti per terrorismo. Quali sarebbero state le reazioni? Lo sconquasso politico? Le dichiarazioni, i titoli di apertura di tutti i giornali, le trasmissioni in Tv?
Facciamo pure finta che questa mattanza sia, in tutto o in parte, inevitabile. Che il rischio di morte sia un rischio del mestiere per gli operai, i muratori, i manovali. Bene. Ma allora dovremmo almeno renderci conto che il nostro sviluppo è sostenuto e spinto da una categoria – io direi una classe – che paga un prezzo altissimo per il benessere di tutti noi. Io direi anche che questa classe, un po’ schematicamente, possiamo chiamarla classe operaia. Non era finita la classe operaia? Non era diventata tutta ceto medio? No: non era sparita. C’è ancora ed è il carburante della nostra economia e del nostro Pil e della nostra ricchezza. E sapete quanto è pagata? Peggio di tutte le classi operaie di tutti i 20 paesi più sviluppati del mondo. Ultimi: siamo ultimi. I dati sono di ieri. Dicono che mentre gli altri 19 paesi hanno visto in questi anni un miglioramento più o meno forte del potere d’acquisto dei salari, l’Italia – la nostra “nazione” – è l’unica che ha avuto un peggioramento. La produttività è aumentata, la ricchezza è aumentata, il Pil cresce ma i salari scendono. Del 13 per cento. Non solo scendono, ma sono diseguali. Sapete quali sono i salari più bassi di tutti? Facile: quelli degli immigrati. A parità di lavoro i migranti guadagnano il 26 per cento meno degli italiani. Cioè sono più sfruttati ancora degli sfruttati. Lavorano duro e restano nella miseria.
Secondo voi quanto guadagnava il ragazzo ucciso da una scheggia infuocata? Non lo so, ma ci scommetto che guadagnava meno di 1500 euro al mese. E credo che anche Sicignano e Rosito avevano buste paga non molto superiori. Hanno dato la vita per 1500 euro al mese. Le loro famiglie sono distrutte. La politica è sorda. L’ipotesi di un modestissimo salario minimo è considerata una pretesa arrogante dei lavoratori. L’idea di migliorare le condizioni di sicurezza sul lavoro è valutata come un rimasuglio dell’ideologia comunista. E allora se Landini chiama alla rivolta a voi sembra un atto sovversivo? E allora una società civile si rassegna, tira un sospiro e va avanti?