La guerra "diplomatica"
Trump e Musk contro il Sudafrica, ultimo nemico della coppia della Casa Bianca: le teorie del complotto e la “vendetta” di Elon
Esteri - di Carmine Di Niro

Non bastava il Canada, la Danimarca, il Messico, la Cina, l’unione Europea. L’ultimo nemico della Casa Bianca e del duo presidenziale composto da Donald Trump e Elon Musk si trova nel continente africano.
Parliamo del Sudafrica, Paese di origine del presidente-ombra Musk. Con una mossa inaspettata Washington ha espulso l’ambasciatore sudafricano Ebrahim Rasool, come comunicato via X dal segretario di Stato Marco Rubio.
Il “ministro degli Esteri” Usa ha definito l’ambasciatore “un politico che incita all’odio razziale e che odia gli Stati Uniti” e Trump, per questo Rubio ha detto ora considerato “persona non grata”.
Il contesto politico è quello di un acceso scontro che va avanti da gennaio, ovvero dall’insediamento alla Casa Bianca di Trump grazie al fondamentale sostegno, politico ma soprattutto economico, di Musk. Nel post con cui Rubio ha annunciato l’espulsione dell’ambasciatore Rasool, il segretario di Stato ha pubblicato un link della testata di estrema destra Breitbart in cui si riportano parti di un discorso tenuto venerdì dall’ambasciatore, che nel corso di una conferenza aveva definito Trump il leader di un movimento suprematista, eletto da bianchi che temono di diventare minoranza negli Stati Uniti.
South Africa’s Ambassador to the United States is no longer welcome in our great country.
Ebrahim Rasool is a race-baiting politician who hates America and hates @POTUS.
We have nothing to discuss with him and so he is considered PERSONA NON GRATA.https://t.co/mnUnwGOQdx
— Secretary Marco Rubio (@SecRubio) March 14, 2025
Si tratta dell’ultimo atto di rapporti deteriorati ormai da diverse settimane e che hanno al centro il rapporto tra lo stesso Trump e Elon Musk.
Quest’ultimo è nato e cresciuto nel Sudafrica dell’apartheid, il regime di segregazione razziale nato dopo la fine della seconda guerra mondiale e in vigore fino al 1991 con cui la minoranza bianca Afrikaner, discendente degli immigrati europei calvinisti, principalmente olandesi, francesi ugonotti e tedeschi, sottomise per decenni la maggioranza nera. Figlio di un ex co-proprietario di un miniera miniera di smeraldi in Zambia, Musk da tempo sostiene la teoria del complotto secondo cui il governo sudafricano guidato dall’African National Congress, il partito che fu presieduto da Nelson Mandela, stia spingendo apertamente per il genocidio dei bianchi in Sudafrica.
Minoranza bianca sudafricana che, oltre 30 anni dopo la fine del regime di apartheid, controlla ancora oggi circa il 75 per cento dei terreni privati nel Paese, nonostante rappresenti solo il 7 per cento della popolazione. Non è un caso se il Sudafrica sia uno dei Paesi più diseguali al mondo, dove le divisioni etniche sono ancora enormemente rilevanti.
Con questo quadro e con queste tesi promosse da Musk non deve sorprendere dunque l’atteggiamento dell’amministrazione Trump. Dopo l’insediamento del tycoon la Casa Bianca a febbraio ha eliminato i fondi che il Sudafrica riceveva dall’USAID, l’agenzia federale che dagli anni ’60 si occupa di fornire aiuti umanitari e assistenza per lo sviluppo in decine di Paesi in tutto il mondo, e che in Sudafrica era attiva in particolare nel contrasto della diffusione di Hiv e Aids.
A marzo quindi sono stati bloccati tutti i fondi destinati al Sudafrica come ritorsione per l’approvazione nel Paese dell’Expropriation Act, una legge che permetto allo Stato di espropriare dei terreni, in alcuni casi eccezionali anche senza dare un indennizzo ai proprietari, se sono inutilizzati o se c’è un interesse pubblico nella loro redistribuzione. Una legge che per l’estrema destra, in Sudafrica come all’estero, discriminerebbe la minoranza bianche del Paese.