La crociata del governo
Una pianta ci salverà: storia della canapa e l’inizio della sopravvivenza
È palese, che lo si voglia ammettere o meno, che uno sviluppo, fondato su materie ed energia di origine fossile, non è più sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico. I costi di questo fallimento si ripercuotono, ancora una volta, su chi ha meno responsabilità
Editoriali - di Matteo Mantero

Pubblichiamo qui di seguito per gentile concessione dell’autore e dell’editore alcuni stralci di “Una pianta ci salverà. Storia virtuosa della canapa” (Bibliotheka Edizioni), nuovo saggio di Matteo Mantero.
I derivati della cannabis costituiscono il 74% delle oltre 91 tonnellate di sostanze stupefacenti sequestrate nel nostro Paese nel 2021. La spesa per il consumo di sostanze stupefacenti sul territorio nazionale è stimata per il 2020 in 14,8 miliardi di euro, di cui circa il 44% attribuibile al consumo dei derivati della cannabis. La marijuana e gli altri derivati della cannabis sono la “droga” più usata e spacciata al mondo, dopo quelle legali alcol e tabacco; eppure, fino a poco più di ottant’anni fa, la marijuana non esisteva. Questo stupefacente dal nome messicaneggiante è stato inventato a tavolino per rendere illegale una pianta la cui diffusione stava mettendo in pericolo gli affari di pochi, potenti imprenditori americani. Fino ai primi decenni del Novecento, prima che qualcuno si inventasse la marijuana, esisteva solo la canapa, una pianta erbacea coltivata per migliaia di anni da milioni di contadini in tutto il mondo. […]
Storia della canapa
La canapa è una pianta erbacea che cresce spontanea nei territori dell’Asia Centrale; le popolazioni locali ne apprezzano da subito le qualità e la sua coltivazione inizia circa dodicimila anni prima della nascita di Cristo. La canapa è, assieme al grano, tra le prime piante addomesticate dall’uomo. Viene utilizzata da prima come fonte di cibo (i suoi semi oleosi sono ricchi di nutrimenti importantissimi) e poi per la fibra che ne costituisce il fusto. Il ritrovamento più antico in questo senso è avvenuto in Turchia: si tratta di un pezzo di tessuto di canapa, molto sottile e ben conservato, che avvolge lo scheletro di un bambino; risale all’era neolitica, quella in cui inizia la lavorazione dei metalli, il reperto è datato novemila anni avanti Cristo. È un ritrovamento importante che testimonia come le popolazioni dell’Anatolia avessero imparato a filare e tessere la canapa per ottenere vestiti e calzature, affrancandosi dalle pelli degli animali.
Una volta approdata in Occidente, l’alto valore nutritivo dei suoi semi e la qualità della fibra rendono la canapa apprezzatissima. Ai romani, popolo pratico e aperto alle novità, non sfugge la velocità con cui la pianta produce grosse quantità di fibra resistente e flessibile e comprendono immediatamente come il suo impiego possa diventare vincente in campo militare. È così che, per soddisfare le necessità sempre crescenti del loro esercito, avviano coltivazioni i tutta la penisola. Le prime produzioni iniziano nella zona del Canavese ai piedi delle Alpi piemontesi (questa località deve il suo nome proprio alla coltivazione della canapa) e in quella di Carmagnola che diventerà, negli anni delle repubbliche marinare, non solo centro di coltivazione, ma anche di trasformazione del prodotto grezzo in semilavorati e prodotti 18 finiti, divenendo il principale mercato del nord Italia. […]
La Canapa e l’Italia
Sono i primi del 1900, e l’Italia è seconda solo alla Russia per quantità di canapa prodotta, e a nostro sfavore gioca l’enorme differenza nell’estensione territoriale. In Russia sono coltivati a canapa quasi 700mila ettari contro gli 80mila del nostro Paese, ma le nostre tecniche agronomiche si dimostrano decisamente superiori e la resa per ettaro risulta addirittura doppia. Nonostante il divario territoriale, le repubbliche sovietiche non riescono neppure ad avvicinarsi alla qualità dei nostri prodotti. La fibra prodotta con il macero all’aperto sia in Russia che in Ungheria risulta abbastanza scadente, non comparabile con quella prodotta nella nostra penisola. Insomma, la fibra di canapa prodotta in Italia è indiscutibilmente la migliore al mondo.
Proprio grazie alla sua altissima qualità, oltre metà della produzione viene esportata in tutta Europa; i principali importatori sono Francia, Germania e Belgio; per anni siamo i fornitori principali della marina reale britannica, ma la canapa italiana arriva addirittura oltreoceano, negli Stati Uniti. […] Ma se le fibre derivate dal petrolio, i farmaci di sintesi, la carta ottenuta disboscando ettari ed ettari di foreste devono trovare un mercato, nonostante i maggiori costi di produzione, il terribile impatto ambientale e la devastazione del territorio, la concorrenza della canapa va debellata non solo negli Stati americani ma in tutto il mondo. […]
L’inizio della sopravvivenza
“Non ereditiamo la terra dai nostri padri, la prendiamo in prestito dai nostri figli”. Così recita un’antica massima dei nativi americani, uno degli ultimi popoli vissuti in un reale equilibrio con la natura. […] È palese, che lo si voglia ammettere o meno, che uno sviluppo, fondato su materie ed energia di origine fossile, non è più sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico. I costi di questo fallimento si ripercuotono, ancora una volta, su chi ha meno responsabilità. Nell’immediato sui Paesi del terzo mondo: i fenomeni di impoverimento, depredazione delle risorse, desertificazione, sono la principale causa dei temutissimi flussi migratori. Ma il prezzo lo pagheranno anche le generazioni future, vittime del disfacimento dell’ecosistema e con esso della biodiversità. […]