La persecuzione del governo

La ridicola crociata del governo Meloni contro la canapa

Ha bisogno di un terzo dell’acqua rispetto al cotone e rende 4 volte di più di un ettaro di foresta disboscata. Ma la follia ideologica ha portato al suicidio economico

Politica - di Matteo Mantero

26 Febbraio 2025 alle 18:30

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Foto di Cecilia Fabiano/LaPresse
Foto di Cecilia Fabiano/LaPresse

Pubblichiamo qui di seguito per gentile concessione dell’autore e dell’editore alcuni stralci di “Una pianta ci salverà. Storia virtuosa della canapa” (Bibliotheka Edizioni), nuovo saggio di Matteo Mantero.

Chi ha paura della chemiurgia?

Ripercorrere in poche pagine la storia millenaria della canapa ci dà modo di comprendere appieno quale ruolo abbia avuto nell’economia e nello sviluppo di moltissime nazioni. La sua coltivazione agli inizi del ’900 è diffusa in tutto il mondo, radicata nelle tradizioni agricole e nel tessuto culturale popolare. Allora com’è possibile che una pianta conosciuta da millenni per le sue proprietà curative e per la sua versatilità sia scomparsa dai radar e dai campi nel giro di poche decadi? Quali sono i veri motivi che hanno portato al crollo della produzione a livello mondiale, in particolare nel nostro Paese, dove passiamo da 100mila ettari coltivati agli inizi del ’900, a meno di 400 ettari coltivati solo un secolo dopo?

L’inizio del declino della canapa è senza dubbio dovuto alla concorrenza di altre fibre, ad esempio il cotone, e alla carta fabbricata con la cellulosa degli alberi. Ma queste rivali hanno usufruito di un piccolo aiuto senza il quale non avrebbero potuto spuntarla. La canapa infatti produce piante alte fino a 6 metri in un solo ciclo vegetativo (non in anni come gli alberi), ha bisogno di poco spazio (la produzione per ettaro è molto alta) ed è più resistente rispetto alle concorrenti. Ma soprattutto richiede circa un terzo dell’acqua utilizzata per il cotone, […] Un vantaggio ancora maggiore si ha nell’estrazione della cellulosa per fabbricare la carta. La cellulosa che si ricava da un ettaro di canapa è infatti 4 volte maggiore a quella che deriverebbe dal disboscamento di un ettaro di foresta. […]

Sono proprio le sue ottime caratteristiche che convincono alcuni industriali visionari, tra cui Henry Ford, a puntare sulla canapa. Ford e altri colleghi creano, negli anni 20, il cosiddetto “movimento della chemiurgia”, una branca della chimica che si pone l’obiettivo di ottenere prodotti industriali partendo esclusivamente da materie prime di origine naturale. Ogni bisogno umano può essere soddisfatto utilizzando materiali provenienti da ciò che cresce in natura. Centinaia di prodotti, dall’inchiostro ai carburanti, dalle bioplastiche ai tessuti, può essere ricavato da colture comuni e adatte a tutte le latitudini. L’uso di sole risorse rinnovabili ridurrebbe l’impatto ambientale, permettendo di creare la cosiddetta “economia circolare” che ancora oggi sembra una chimera. Invece di trascurare l’agricoltura, indirizzando tutti gli investimenti sull’industria, la chemiurgia si propone di integrare strettamente la produzione industriale con quella agricola.

Le materie prime saranno prodotti vegetali, soprattutto provenienti dalla canapa, ma non solo. I fabbisogni per la produzione si otterranno non più scavando miniere o trivellando giacimenti ma utilizzando i materiali di scarto dell’agricoltura. “Perché consumare foreste che hanno impiegato secoli per crescere e miniere che hanno avuto bisogno di intere ere geologiche per stabilirsi, se possiamo ottenere l’equivalente delle foreste e dei prodotti minerari dall’annuale crescita dei campi di canapa?”. È una delle frasi più celebri dell’imprenditore Henry Ford. Ford è figlio di contadini irlandesi e a questo deve il suo legame con l’agricoltura; il suo sogno è quello di fabbricare una macchina che provenga completamente dalla terra. […]

Fiori e Meloni

La persecuzione nei confronti degli agricoltori che hanno investito nella canapa non si ferma. Il governo Meloni in preda ad una frenesia ideologica assesta una doppietta alle evidenze scientifiche e al buon senso. Nel giugno 2024 il Ministero della Salute approva un decreto che inserisce le “composizioni per uso orale di cannabidiolo” tra le sostanze stupefacenti limitandone la vendita solo alle farmacie con prescrizione medica non ripetibile. In aperto contrasto con una raccomandazione dell’Oms (l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, non il pizzicarolo sotto casa…) che esplicita che le preparazione di cannabidiolo puro, con meno dello 0,2% di Thc, non devono essere sotto controllo internazionale.

Poco più di un mese dopo la Camera approva un emendamento al ddl Sicurezza che, di fatto, equipara la cannabis light alla marijuana, nonostante l’assenza del principio psicoattivo. Insomma, chi utilizza fiori di canapa industriale per preparazioni alimentari come birra e sciroppi rischia una condanna alla stregua di un narcos, ma anche chi non utilizza direttamente i fiori ma i semi per trarne farine o olio è bloccato: lo sanno anche i bambini che i semi vengono prodotti nei fiori dopo l’impollinazione, chi li volesse raccogliere si troverebbe a possedere un campo di fiori innocui ma trattati come una droga. A quasi novant’anni di distanza la propaganda di Anslinger colpisce ancora.

Quasi certamente questa buffonata sarà spazzata via dai ricorsi dei coltivatori: andrebbe in violazione di diverse normative comunitarie, tra cui la libera circolazione delle merci e la libera concorrenza, e sarebbe incompatibile con la Politica Agricola Comune dell’Ue. Certamente questo nuovo attacco non aiuta il settore, molti imprenditori sono nello sconforto, non hanno alcuna certezza per il futuro e sono stufi di essere trattati come criminali semplicemente perché hanno deciso di coltivare una pianta. A causa dell’ignoranza e di una vile propaganda molte aziende hanno chiuso e altre chiuderanno e il nostro paese si troverà ancora una volta indietro rispetto agli altri. I primi produttori al mondo di canapa saranno costretti a importarla.

E la ganja?

E così, mentre la politica cincischia perché “parlare di canapa è sempre delicato”, le aziende italiane chiudono. All’estero la canapa letteralmente fiorisce. Nel nostro Paese, chi ha investito nel settore recuperando territori abbandonati e creando posti di lavoro, soprattutto per i giovani, si trova abbandonato o addirittura trattato come un narcotrafficante.

26 Febbraio 2025

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