La decisione della Cassazione
Risarcimento ai clandestini, le bugie delle dalla destra: il caso Diciotti e la decisione della Cassazione
Meloni s’infuria perché teme di dover scialacquare soldi per chi entra illegalmente. Nessuno le ha spiegato che nessuno è qui illegalmente se fa domanda di asilo? Il danno da risarcire è legato al sequestro di persona
Politica - di Salvatore Curreri

Certo che le sentenze dei giudici si possono, anzi si devono, commentare e eventualmente, criticare. Ma ciò ne presuppone la lettura. Altrimenti si è ignoranti o in malafede, oppure entrambi. Per questo occorre fare chiarezza sulla ordinanza (n. 5992/2025) con cui le sezioni unite civili della Cassazione hanno condannato il Governo a risarcire un migrante perché trattenuto illegittimamente a bordo della nave Diciotti. Solo così, infatti, restando nel merito della questione, si possono comprendere gli errori da matita blu dei vari politici che ne hanno subito commentato il dispositivo.
1. Il punto di partenza del ragionamento della Cassazione è che gli atti politici non sono insindacabili quando lesivi dei diritti inviolabili della persona costituzionalmente tutelati; nel caso specifico, della libertà personale che, secondo l’art. 13 della nostra Costituzione, può essere limitata solo per provvedimento dell’autorità giudiziaria anziché amministrativa, ministro incluso. È questo un fondamento dello Stato di diritto: il potere politico va esercitato nel rispetto della legge, le cui eventuali violazioni sono sanzionate dal giudice terzo e imparziale, il quale decide secondo legge e non secondo gli umori dell’opinione pubblica.
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Checché ne scriva la presidente del Consiglio per sobillare l’opinione pubblica contro la magistratura (in vista del futuro referendum sulla cosiddetta separazione delle carriere), da cittadini dovremmo sentirci più sicuri se chi giudica deve solo valutare l’eventuale violazione dei diritti fondamentali della persona, senza preoccuparsi di dover “avvicinare i cittadini alle istituzioni”, cercando il consenso popolare, o assecondare gli indirizzi politici del governo. Ma da noi la separazione dei poteri funziona così: la magistratura si rispetta quando fa sentenze a favore; al contrario la si denigra (le “toghe rosse”). Il tutto a prescindere dal merito delle questioni, per mero strumentale calcolo politico, non accorgendosi che è proprio così, opponendo un potere contro l’altro, che si erode il senso di appartenenza dei cittadini alle istituzioni.
2. Le accuse mosse sono tanto più gravi in quanto rivolte al massimo organo giurisdizionale, e cioè alla Cassazione che ha il compito di garantire l’esatta e uniforme applicazione del diritto nel nostro ordinamento, tanto più quando si pronuncia a sezioni unite per mettere un punto fermo su una certa questione interpretativa. Scrivere che il principio risarcitorio della presunzione del danno è “assai opinabile” perché “in contrasto con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale” è errore da matita blu non solo perché si spaccia per giurisprudenza consolidata le appena due precedenti sentenze di primo e secondo grado (per le quali, peraltro, il comportamento dell’allora ministro dell’Interno era stato comunque illegittimo) ma anche perché la giurisprudenza si dice consolidata proprio perché fatta propria dalla Cassazione, tanto più quando si pronuncia a sezioni unite. Quanto alle conclusioni del Procuratore generale, l’attuale maggioranza si dovrebbe rallegrare del fatto che esse non siano state accolte dal giudice: non è questo l’obiettivo (peraltro improprio) della riforma costituzionale sulla cosiddetta separazione delle carriere?
3. Ciò premesso, che sia subito chiaro: il risarcimento è dovuto non perché sia stato negato al migrante l’ingresso nel nostro territorio ma perché è stato per dieci giorni illegittimamente trattenuto a bordo della nave Diciotti per dieci giorni, impedendone lo sbarco. Stiano, dunque, pur tranquilli i ministri e tutti quelli che, come loro, temono da questa sentenza conseguenze devastanti per il bilancio dello Stato. L’illecito, causa del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subìto, sta nel fatto che l’allora ministro dell’Interno, abusando colposamente dei propri poteri, aveva impedito l’immediato sbarco dei migranti dove, dopo essere stati soccorsi e identificati avrebbero potuto chiedere il diritto di asilo sancito dall’art. 10.3 della nostra Costituzione. Tutto ciò in spregio all’obbligo di soccorso e di sbarco in un luogo sicuro nel più breve tempo ragionevolmente possibile (anziché, come ora, spediti nel porto più lontano…) sancito dalle consuetudini e dai trattati internazionali in materia (v. Convenzione Sar, § 3.1.9), le quali per loro natura prevalgono su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare.
4. Perché è così che è stabilito dalla legge: lo straniero che si presenta alla frontiera senza visto d’ingresso non può essere subito respinto se potenzialmente titolare di diritto di asilo. In tal caso gli viene rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo fino a quando la Commissione territoriale competente deciderà se possiede i requisiti per poter restare nel nostro territorio; altrimenti viene espulso, senza ovviamente in tal caso aver diritto ad alcun risarcimento, trattandosi di un provvedimento legittimo. Ciò che non è legittimo, ed è dunque causa di risarcimento, è ritardare lo sbarco, impedendo allo straniero di esercitare i suoi diritti fondamentali, tra cui il diritto di asilo (v. da ultimo Corte europea dei diritti dell’uomo, 8.10.2024 M.A. e Z.R. c. Cipro e 7.1.2025 A.R.E c. Grecia).
Del resto, non è un caso che dal 2018 simili decisioni non siano state più prese. Anche per questo l’argomento, di facile presa populista, che in tal modo si compromettano le finanze dello Stato è infondato dato che si tratta di un caso specifico, per fortuna mai più non replicato da quando anche l’attuale Governo ha capito che la questione epocale dei migranti va affrontata e risolta a livello europeo anziché nazionale, senza ricatti o prove di forza, ma cercando soluzione concordate (si veda in tal senso la bozza di regolamento, immediatamente vincolante, sulle procedure comuni in tema di rimpatri di cui si è avuta notizia ieri).
5. Da qui un terzo, subdolo, errore da matita blu. I migranti che arrivano sulle nostre coste non sono “clandestini”, come ha pur scritto la presidente del Consiglio. Clandestino, infatti, è colui che si trattiene illegalmente nel nostro territorio non avendone titolo, perché ad esempio espulso. Non chi, invece, vi fa ingresso chiedendo diritto di asilo. Lo dovrebbero ben sapere, in particolare, gli esponenti della Lega per Salvini, condannati dalla Cassazione (III civ., 24686/2023) per avere definito in un manifesto clandestini i migranti che avevano presentato domanda di asilo. Un dettaglio linguistico? No, una precisa scelta di chi vuole instillare nell’opinione pubblica l’idea che lo straniero che si presenta alla frontiera sia già di per sé un delinquente.
6. Dopo tanti errori, solo in una cosa la presidente del Consiglio ha ragione: che non debbano pagare i cittadini italiani. Perché a pagare, di tasca sua, dovrebbe essere chi ha preso il provvedimento illegittimo, e cioè l’allora ministro dell’Interno. Secondo l’art. 95 Cost., infatti, “i Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”. Sotto questo la negata autorizzazione a procedere contro il ministro Salvini votata dal Senato il 20 marzo 2019 vale ad escludere la sola responsabilità penale, ma non le altre, civile inclusa. Non è dunque da escludere, anzi in un certo senso è anche auspicabile in chiave preventiva, che la Procura della Corte dei conti eserciti azione di rivalsa contro l’allora ministro dell’Interno per l’eventuale risarcimento che lo Stato dovrà corrispondere a causa del suo provvedimento. Perché, finché resteremo uno Stato di diritto, dove c’è il potere, ci deve anche essere la responsabilità.