La guerra e il cinema
No Other Land: il film sulle violenze di Israele in Cisgiordania che ha vinto l’Oscar torna al cinema in Italia
Il documentario girato in 5 anni, sulla comunità di Masafer Yatta, che invece negli Stati Uniti non ha ancora nessun distributore. Da Tel Aviv: "Momento triste per il cinema, calunnie e sabotaggio a Israele"
Cultura - di Antonio Lamorte

Ritornerà nelle sale italiane No Other Land, il primo film palestinese ad aver mai vinto un Premio Oscar, quello al miglior documentario nell’edizione 2025 degli Academy Awards. Da giovedì 6 marzo, distribuito da Wanted Cinema, tornerà nei cinema in versione originale sottotitolata in italiano con alcuni contenuti speciali inediti. Prima dell’Oscar si era aggiudicato il Premio per il Miglior Documentario e il Premio del Pubblico alla Berlinale 2024 e il Premio come Miglior Documentario agli European Film Awards 2024. Israele ha intanto lanciato una nuova operazione in Cisgiordania a fine gennaio, in concomitanza con il cessate il fuoco con Hamas nella Striscia di Gaza.
No Other Land è stato girato dal 2019 al 2023 da un collettivo israelo-palestinese e diretto, prodotto e montato da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal. Racconta gli sforzi degli attivisti palestinesi che si oppongono alla distruzione di Masafer Yatta, un villaggio che si trova in Cisgiordania, nel governatorato di Hebron. L’obiettivo delle forze militari israeliane è quello di espellere la comunità per costruire un poligono di tiro e una zona di addestramento militare. Secondo alcuni osservatori è il più grande sfollamento forzato mai avvenuto nella Cisgiordania occupata.
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Basel Adra ha assistito fin dall’infanzia alla progressiva distruzione della sua comunità e ha deciso di documentare tutto con la sua videocamera. Alla testimonianza si è aggiunto Yuval Abraham, giovane giornalista israeliano, che ha deciso di unirsi alla sua azione. Per oltre cinque anni, settimana dopo settimana, mese dopo mese, i due hanno girato le immagini dei carri armati che avanzano, delle ruspe che abbattono, degli edifici sgomberati e distrutti. È anche una storia di disuguaglianza tra due persone vicine, definite e divise dal loro passaporto che concede o nega diritti e libertà a seconda della nazionalità.
La Cisgiordania raccontata in “No Other Land”
No Other Land è stato girato senza una vera produzione alle spalle, con mezzi minimi ma con un’urgenza narrativa sempre più rara. È stato presentato in anteprima al Festival di Berlino nel 2024, finora è stato distribuito in 24 Paesi. Al momento non risulta che sarà distribuito negli Stati Uniti, nessuna società americana ha acquistato i diritti del film, proiettato per una settimana soltanto in un cinema di Manhattan, a New York, in qualche cinema indipendente e in un paio di festival.
Ricordiamo che le cosiddette colonie, gli insediamenti approvati dal governo israeliano costruiti sul territorio palestinese occupato dalla Guerra dei Sei Giorni del 1967, sono illegali per il diritto internazionale. La situazione in Cisgiordania è sempre più tesa, poco più di una settimana fa l’esercito israeliano ha mandato i carri armati nel campo profughi Jenin per la prima volta in vent’anni, dall’inizio della Seconda Intifada. Oltre 40mila palestinesi hanno dovuto abbandonare le loro case. Non c’erano così tanti sfollati in Cisgiordania dalla Guerra dei Sei Giorni.
Da Israele: “Momento triste per il cinema, calunnie e sabotaggio”
“Chiediamo al mondo di prendere misure serie per fermare l’ingiustizia e la pulizia etnica del popolo palestinese”, ha detto Basel Adra ritirando il premio a Los Angeles. “Quando sono diventato padre, due mesi fa, ho promesso a mia figlia che non avrebbe vissuto la mia stessa vita, sempre con la paura della violenza, della distruzione di case, quello che io e la mia comunità vive ora sotto occupazione israeliana. È difficile mostrare la durissima realtà che abbiamo dovuto sopportare per decenni, chiediamo intervento per fermare la pulizia etnica dei palestinesi”.
“Abbiamo fatto questo film, palestinesi e israeliani, perché insieme possiamo essere una voce forte – ha detto Yuval Abraham – La distruzione di Gaza deve finire. Gli ostaggi devono essere liberati. Quando vedo Basel, vedo mio fratello, ma viviamo in un regime in cui io sono libero e lui non lo è. C’è una soluzione politica che non prevede la supremazia etnica, che può riconoscere i diritti di tutti. La politica estera di questo paese [gli Stati Uniti, ndr] sta ostacolando questa strada. Perché? Siamo tutti interconnessi, la mia gente è al sicuro solo se la sua gente è al sicuro e libera. Non è troppo tardi”.
A Tel Aviv non hanno preso bene la notizia dell’Oscar: il ministro della Cultura di Israele, Miki Zohar, ha definito la vittoria “un momento triste per il mondo del cinema, invece di presentare la complessità della nostra realtà, i registi hanno scelto di dare eco a narrazioni che distorcono l’immagine di Israele nel mondo. La libertà di espressione è un valore importante, ma trasformare la calunnia di Israele in uno strumento di promozione internazionale non è creatività, è sabotaggio dello Stato di Israele, e dopo il massacro del 7 ottobre e la guerra in corso, fa doppiamente male”.
Prossimamente il film sarà disponibile sulla piattaforma streaming Mubi.