L'addio a 71 anni
Eleonora Giorgi, eterna ragazza dei Parioli tra broncio, Borotalco e ribellione
Non voleva fare l’attrice, né essere una diva. Poi però arrivò “Appassionata” e fece sognare gli adolescenti dell’epoca. Semplice, spontanea, alla mano se ne va troppo presto amata da tutti
Spettacoli - di Fulvio Abbate

Eleonora. Non credo volesse “fare l’attrice”, e neppure essere “diva”. Eleonora Giorgi, lassù a brillare sui titoli di testa. Eleonora semmai aveva voglia di ritrovare unicamente sé stessa, essere cioè proprio Eleonora, meglio, “Ele”. La ragazza romana, sottile, bionda, occhi chiari, la pelle altrettanto d’alabastro, il viso da nascondere al sole, il cappello come Greta Garbo, senza però mai supponenza, mai teatrale; solo timore del sole, appunto. Eleonora felice di andare a prendere un caffè, fare colazione “Al Cigno”, in viale Parioli, casa sua, il suo mondo rimasto intatto, dal tempo di lei bambina.
Eleonora, seppure romana, sentiva d’essere una creatura mitteleuropea, cullata dai versi di Rilke, e poi c’era l’Ungheria materna nelle sue parole, talvolta nelle invettive contro i limiti del mondo, nel suo sangue. Insieme alle origini britanniche. Eleonora, si è detto, era altrettanto una fanciulla dei Parioli. Nelle cuore delle Teche Rai vive un’intervista di lei non ancora adolescente, Ele acerba eppure pizzuta: la gonna di tartan scozzese, il fermaglio dorato, nella postura il piccolo femminile sussiego dell’età che sta sbocciando. “Di dove sei?”, le domandano, e lei, Eleonora: “Di via Antonelli!”, così pronuncia e in quel suono sembra di scorgere la meraviglia a perdita d’occhio di piazza delle Muse, il negozio di mangiadischi di piazza Euclide, la prospettiva sincopata in salita di viale Bruno Buozzi, dove un tempo abitava Totò. Eleonora, casi della vita, si è trovata d’improvviso ammirata sullo schermo, desiderata, forte dei suoi doni trionfali somatici, Eleonora sottile, Eleonora “corpicino”, i seni piccoli dell’eterna adolescenza, così come lo sguardo, lei, proprio lei, ora è sempre ragazza: le smorfie della ribellione giovanile, istintiva, immediata sul suo viso.
Sempre in rete, c’è ancora modo di ritrovarla perfino insieme a Enzo Biagi, e anche in quest’altro istante pubblico, interpellata per il suo broncio, Eleonora mostra la propria incancellabile natura da istrice ribelle, la sua naturalezza che non cede davanti alla fama, all’essere oggetto di desiderio: gli occhiali scostati sulla fronte, il mirino curioso del suo sguardo. Eleonora diva controvoglia nella luce non ancora alogena, eppure già dorata, dei primi anni 70, quando sulle bacheche delle sale cinematografiche brillavano le fotobuste delle “commedie sexy”, e lei lì lucente, forse anche estranea a ogni luogo comune. Eleonora interprete di Appassionata, forse il film più delicatamente morboso di quel decennio. Eleonora sognata dallo sguardo coetaneo dei ragazzi.
Eleonora che racconta, anni dopo, in un libro, autobiografia veritiera, la sua storia, i giorni dell’eroina, della rabbia, il suo modo di cercare il proprio luogo nel mondo, la famiglia che va in frantumi. Eleonora giovane compagna di Alessandro Momo, attore poco più che bambino, o forse, come lei, ragazzo, Alessandro, laziale, mentre lei romanista, morto prematuramente in un incidente: la moto prestata proprio da Eleonora. Eccola anni dopo sul lungotevere, davanti al Foro Italico, a raccontare quel suo, tutto suo, lutto, la foto di Alessandro tra le mani, il tempo del ricordo che non si cancella, il rimpianto, il sentimento, la nostalgia portatile sotto un velo di pioggia. Eleonora amava raccontare le sue estati in Grecia, incontenibile, insofferente, incontentabile di emozioni. Eleonora “diva” suo malgrado, o anche quando restituiva il racconto, la scelta di sua madre che aveva abbracciato un cammino religioso lontano dalla famiglia. Eleonora sposa, sempre intatta ragazza, di Angelo Rizzoli, forse il suo bilanciere emotivo dopo gli anni bui delle “sostanze”, Ele mai “signora”, mai un gesto di supponenza. La nascita di Andrea, il primo dei suoi gioielli.
Eleonora sul set di Borotalco accanto a Verdone, Eleonora che avrebbe voluto fare ritorno adesso a quei giorni, un remake, o forse tornare anche per pochi istanti accanto a Carlo nuovamente, se solo il male non l’avesse fermata. Eleonora che si racconta sul set accanto ad Antonino Faà di Bruno, eroe di guerra, marchese, finito a fare il caratterista perfino nei panni del duca conte Ing. Semenzara che la guarda concupiscente, adolescente, la nudità mostrata come fosse un abito. Si racconta ancora che fosse, sia pure non accreditata, tra i volti che appaiono in Roma di Federico Fellini, tutto vero, Eleonora è nel carosello rombante finale delle moto che scorrazzano tra Piazza del Popolo e il Grande Raccordo Anulare, quasi una metafora della concitazione che avrebbe conquistato il mondo e la città svanito “il clima felice degli anni Sessanta”, come lo definiva Tano Festa insieme a Mario Schifano. Eleonora sempre ragazza in sella anche lì alla sua Honda 750 Four. Eleonora, ragazza prestata al cinema. Tra i suoi amori, concluso il rapporto con Angelo Rizzoli, verrà l’amore per Massimo Ciavarro, dopo il set di Sapore di mare, Eleonora lì a recitarsi signora, un amore che vedrà la nascita di Paolo. Occorre poi immaginarla accanto allo scrittore Andrea De Carlo, insieme, a piedi nudi nella loro casa in campagna, Eleonora tra le sue rose, Eleonora che sognava di fuggire lontano dalla concitazione romana, i Parioli però sempre nel cuore, il mercato, il macellaio di fiducia: “Ciao Eleonora, tutto bene?” e lei: “Sì, caro, tutto bene”.
Il suo amore per il talento musicale di Pino Daniele, lei sempre pronta a raccontare il proprio infranto, le storie dei suoi fratelli, il padre infine compagno di Giulia Mafai, Eleonora che rimpiange il mondo e il profumo e il sapore della vita prima della rivoluzione, tuttavia mantenendo la natura ribelle e insieme ordinatrice. Eleonora che immaginava un film, una commedia, una sorta di compendio o forse simposio platonico sull’amore, anche carnale, delle donne, delle femmine, dopo i sessant’anni, e in cuor suo avrebbe voluto che questa storia nuova servisse a farle ritrovare sullo schermo la sua amica Francesca, cioè Ornella Muti: Eleonora bionda, l’altra castana, così una vita dopo averle viste semplici boccioli in Appassionata. Raccontava, al di là dell’esperienza cinematografica avuto sul set di Mani di velluto, del magnetismo erotico, meglio, di quanto fosse “irresistibile” Adriano Celentano. Eleonora, la ragazza romana, che in verità si è solo “concessa” al cinema. Eleonora che se n’è andata troppo presto. Eleonora, Ele, lei, la ragazza Eleonora.