Al confine orientale dell'Italia
Foibe, la storia dei massacri e degli esuli italiani alla fine della II Guerra Mondiale: la Giornata del Ricordo il 10 febbraio
Le commemorazioni istituite nel 2004, ancora oggi oggetto di dibattito politico con le rivendicazioni della destra. Gli atti vandalici tra Basovizza e Trieste alla vigilia della ricorrenza
Storie - di Redazione Web

Si celebra da ormai più di vent’anni in Italia il “Giorno del Ricordo”: il 10 febbraio di ogni anno si commemorano i morti uccisi alla fine della Seconda Guerra Mondiale sul confine orientale italiano, tra il 1943 e il 1945, e l’emigrazione forzata dall’Istria, dalla Dalmazia e dalla Venezia Giulia delle persone di nazionalità e lingua italiana. Le stime non sono mai state precisate, quelle condivise da quasi tutti gli storici propongono un intervallo tra le cinquemila e le diecimila vittime che però assumono dimensioni molto più estese quando riguardano studiosi e giornalisti vicini alla destra. La data del 10 febbraio è stata scelta perché nel 1947 venne firmato il trattato di pace con cui l’Istria e una parte della Venezia Giulia divennero parte della Jugoslavia.
Al Quirinale si è tenuta una cerimonia ufficiale nel Giorno del Ricordo, istituito nel marzo 2004 con l’obiettivo di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Alle celebrazioni hanno partecipato la presidente del consiglio Giorgia Meloni, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha tenuto un discorso, i ministri degli Interni Matteo Piantedosi, dello Sport Andrea Abodi e della Cultura Alessandro Giuli, oltre al presidente del Senato Ignazio La Russa e al vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè.
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“Ben presto, sotto minaccia e dopo una seconda ondate di violenze, i nostri concittadini di Istria, Dalmazia, Fiume, furono messi di fronte al drammatico dilemma – ha detto in un passaggio del discorso tenuto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – assimilarsi, disconoscendo le proprie radici, la lingua, i costumi, la religione, la cultura. Oppure andare via, perdendo beni, casa, lavoro, le terre in cui erano nati. In grande maggioranza scelsero di non rinunciare alla loro italianità e, di fatto, alle libertà, di pensiero, di culto, di parola. In trecentomila – uomini, donne, anziani, bambini – radunate poche cose, presero la triste via dell’esodo”.
Cosa sono le foibe
Le foibe sono cavità naturali tipiche di quel territorio al confine tra Italia, Slovenia e Croazia, all’interno delle quali vennero gettare – a volte ancora in vita, a volte dopo le esecuzioni – migliaia di persone legate al fascismo. Il termine deriva dal friulano e vuol dire “fossa”. Quei territori erano stati assimilati dall’Italia dopo la Prima Guerra Mondiale, il fascismo operò una vasta strategia di assimilazione culturale per italianizzare popoli, culture e territorio. Quando la Resistenza jugoslava guidata da Tito, il maresciallo comunista Josip Broz, cominciò a riconquistare quei territori, la violenza dilagò tra retate, esecuzioni sommarie, omicidi ed espulsioni. Centinaia di rappresentanti o collaboratori del regime fascista furono arrestati dopo l’annuncio della resa italiana, l’8 settembre del 1943. Questa secondo ondata fu molto più violenta e grave della prima.
Con la firma del trattato di pace, il 10 febbraio 1947 a Parigi, la Dalmazia, Fiume e quasi tutta l’Istria vennero assegnate alla Jugoslavia. Furono circa 300mila gli esuli che lasciarono quelle terre. A Trieste venne istituito un piccolo Stato Autonomo, il Territorio Libero di Trieste (Tlt) che venne diviso in una zona A, con la città sotto un’amministrazione anglo-americana, e una zona B, con Capodistria e altri centri limitrofi assegnati a Belgrado. Il memorandum d’intesa firmato nel 1945 riconsegnò l’Italia alla zona A mentre la zona B restava alla Jugoslavia.
Il dibattito sul Giorno del Ricordo delle foibe
Il Giorno del Ricordo è oggetto di contesa politica da tempo. Se da un punto di vista storico, le ricostruzioni hanno accertato i massacri, da un punto di vista politico sono state strumentalizzate dalla destra durante tutta la seconda parte del Novecento e anche oggi per paragonare quegli eventi ad altre stragi, come l’Olocausto degli ebrei, zingari e altre minoranze perpetrato dai regimi nazifascisti. La sinistra è stata accusata a lungo di non dare la giusta importanza, se non di nascondere, quegli eventi. Sempre da destra l’accusa è anche quella di non dare abbastanza importanza ai massacri delle foibe, anche se ormai la produzione di contenuti su quei fatti storici è molto estesa e non esiste più alcun tipo di ritrosia da parte della sinistra a stigmatizzare quegli eventi.
Gli storici concordano tuttavia sul fatto che non sia il caso di parlare di “pulizia etnica” per quanto riguarda quei massacri, anche se nelle violenze furono uccise anche persone che non erano legate al regime fascista, anche soltanto sospettati. Alla vigilia della ricorrenza, alla foiba di Basovizza, erano comparse delle scritte tra cui “Trst je nas” (Trieste è nostra), oppure “Trieste è un pozzo” nei pressi della foiba a Trieste, e “smrt fasizmu, svoboda narodom” (“Morte al fascismo, libertà ai popoli”). Le forze dell’ordine erano intervenute sul posto per condurre dei rilievi, avviare le indagini e fare luce sull’atto vandalico. “Nessuna squallida provocazione può ridurne il ricordo e la dura condanna”, ha commentato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.