Il naufragio a Lampedusa
“Così quella mamma ha perso 3 figli, non siamo riusciti a salvarli”, parla il comandante della ong Sea Punk I
“Siamo arrivati all’alba, la barca era affondata. Ne abbiamo raccolti 18, tra cui una madre: ma uno dei suoi bimbi è annegato, l’altro morto a bordo, il terzo disperso”
Cronaca - di Arturo Centore

Arturo Centore, con un passato nella Guardia costiera, è il comandante della Sea Punk 1, la nave ong che nell’ultima operazione di salvataggio all’alba ha portato a bordo, insieme ai superstiti, due cadaveri di due bambini di 2 e di 3 anni. Un bambino è morto nelle mani del medico di bordo mentre tentava di rianimarlo. Almeno 2 persone sono annegate. Erano partiti dalla costa Ovest di Tripoli. Il racconto dell’operazione di salvataggio è stato raccolto da Sergio Scandura di Radio radicale.
Io sono Arturo, il comandante della Sea punk 1. Erano le due, due e mezzo di notte, quando abbiamo iniziato a ricevere da Alarmphone (rete di attivisti ndr.) dati su un caso che era molto lontano da noi, a quattro o cinque ore di navigazione. Verso le sette riceviamo un ultimo punto da Alarm phone, messaggio come sempre ricevuto anche da tutte le autorità. Il punto dato era molto vicino a noi. Quindi chiamo il look out (il turno di avvistamento con binocoli ndr.) fuori dalle alette.
Diciamo: “Attenzione, siamo nella zona. Occhi aperti che potremmo trovarli”. Non ci aspettavamo di trovare quello che abbiamo trovato. Uno dei ragazzi che era di guardia vede contenitori di benzina, contenitori di plastica che galleggiavano. Avviso l’equipaggio che potremmo essere arrivati sul punto. Non faccio in tempo a pensare di attivare l’interfono della nave che già vediamo le teste nell’acqua lì vicino, era al sorgere del sole, non c’era luce piena. Sentiamo strillare richiesta d’aiuto da vari punti, quindi fermo la nave, non potevo andare in mezzo, sarebbe stato molto pericoloso. Chiamo il mayday relay, mettiamo in mare il gommone e iniziamo a salvare quelli che riusciamo a salvare.
Lanciamo i salsicciotti galleggianti in mare, alcune persone riescono ad aggrapparsi, altri non li troviamo. Un ragazzo era aggrappato al relitto della barca, faceva su e giù la prua dall’acqua perché la barca era affondata completamente. Li portiamo a bordo in diversi viaggi col gommone: diciotto persone. Poi scopriamo dopo che erano in totale ventuno, quindi tre non li abbiamo mai trovati. Portiamo su un bambino che poi muore nelle mani del medico di bordo, stava facendogli il massaggio cardiaco per rianimarlo.
È stato uno strazio. La mamma è partita con i suoi tre bambini dalle coste della Libia. Quando i medici le hanno chiesto se aveva familiari a bordo lei ha detto: tre bambini. Ma non c’era nessuno tra i vivi. Uno non è stato trovato, di uno è stato recuperato il corpo e lei non lo sapeva ancora perché il gommone l’ha portato dopo. E l’altro è morto nelle mani del medico di primo soccorso, quello è stato il momento più agghiacciante. Una mamma partita con i suoi tre figli, s’è ritrovata senza senza figli. Poi abbiamo trovato un corpo, poi c’è una persona che ha bevuto molta acqua, schiumava. Il medico ha richiesto l’intervento per l’evacuazione medica, da Malta hanno organizzato l’elicottero. Quindi arriva dopo un’oretta circa l’elicottero militare che porta via questo signore e una signora incinta agli ultimi mesi, sarà stata all’ottavo mese. Poi intanto ci dicono che sarebbe venuta la Guardia costiera italiana perché siamo in contatto con Roma.
Il coordinamento l’ha fatto Malta e sono stato molto sorpreso perché da Malta di solito non ci rispondono neanche, invece questa volta sono stati molto attivi. Quindi è arrivata anche la Charlie Papa (mezzo della guardia costiera italiana ndr.) che ha a bordo preso gli altri, erano in gravi condizioni, tutti disidratati e in ipotermia e li ha portati via. Poi ha preso a bordo anche altre persone salvate da pescherecci intorno che nella stessa nottata o in mattinata avevano fatto dei soccorsi, non so se sopravvissuti di quel relitto o di altri.