Il nuovo album fantasma

Bob Dylan, il grande illusionista che ci mostrò un altro futuro

Prossimo alla tournée in Italia, mister Zimmerman ha voluto deliziarci con un video apparso in rete e rimosso in 48 ore che raccoglieva alcuni suoi capolavori. L’ennesima beffa di un artista geniale

Cultura - di Graziella Balestrieri

18 Giugno 2023 alle 21:44 - Ultimo agg. 21 Giugno 2023 alle 17:44

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Bob Dylan, il grande illusionista che ci mostrò un altro futuro

Tra pochi giorni sarà di nuovo in Italia con ben sei date: prima a Milano, il 3 e 4 luglio al teatro Arcimboldi, seguirà il 6 luglio in piazza Napoleone a Lucca, 7 luglio a Perugia nell’ambito della manifestazione Umbria Jazz, per poi concludere il 9 luglio all’Auditorium Parco della musica di Roma. Le date non sono semplici date e nemmeno il ritorno non è di quelli semplici, perché stiamo parlando di Bob Dylan. L’unico cantautore a cui è stato assegnato, non senza polemiche, il premio Nobel per la Letteratura.

Quel Dylan che è tutto e più di tutto, che ha inventato tanto e allo stesso tempo disintegrato e smontato tutto quello che aveva costruito attorno a sé. Uscito qualche giorno fa con Shadow Kingdom, che non è un nuovo album, non è un nuovo lavoro, non ci sono nuove canzoni, ma sono una serie di capolavori, che nel 2021 sono stati riproposti ma rimasti solo 54 minuti in streaming e poi puff, e non era esattamente un concerto ma era un video dove Dylan e alcuni musicisti apparivano in bianco e nero come fossero usciti da un film degli anni 30. L’abbiamo detto che non è un nuovo album, non è nuovo lavoro ma nella realtà dei fatti tutto quello che noi definiamo non essere in Dylan, in lui è.

Essere Bob Dylan. Essere Bob Dylan? Ci avete mai pensato sul serio? Anni e anni ad essere il numero uno, ad essere considerato il cambiamento di generazioni intere, anni e anni ad essere considerato il simbolo di un mondo che vorrebbe ma non può. Anni e anni a capire perché quei sorrisi inesistenti e presenti solo con una piccola cerchia, anni e anni a scrutare ogni suo movimento sotto quello sguardo apparentemente senza alcun interesse ed emozione per l’altro. Anni e anni nascosto o semi nascosto sotto a un cappuccio di felpa che gli permette, di tanto in tanto di camminare per qualche strada del mondo, e del mondo prendere aria.

Talmente distante dal suo pubblico che sembra quasi non esistere. Eppure, quello che sembra un alieno, che non guarda in faccia il suo pubblico lo conosce dentro a perfezione, ne sembra conoscere ogni minimo tassello di quel mosaico chiamata anima. Quello che sembrava vivere in un mondo tutto suo ma che poi nella realtà è con tutti e due i piedi nel mondo degli altri. Quello che non sorride quasi mai è l’unico, anche se non sei un suo fan, che ti dà qualcosa che gli altri non sono stati in grado di dare: illudersi.

Sapere che viviamo in un’illusione continua, lo sappiamo, ne siamo profondamente coscienti ma in Dylan c’è quella illusione drammatica, latente, potente e prepotente, quella di amare, di cambiare le cose, quella spinta che ci permette di alzarci ogni giorno dal letto. È un sentimento talmente forte e pieno di contrasti, assente e presente allo stesso tempo che Bob Dylan è riuscito a fare suo, forse perché lui stesso è un’illusione o per gentile concessione di Houdini, Dylan è il più grande illusionista di tutti i tempi.

Se ci pensate bene la parola illudere che deriva dal latino: significa deridere, farsi beffe, e anche ingannare. Ma di chi? Di chi si fa beffa Bob Dylan, chi deride; il suo pubblico, sé stesso e/o la vita? In realtà tutto quello che Dylan scrive, comunica e che porta avanti da sempre è proprio cercare di farsi beffa della vita, di renderla talmente importante nei suoi testi, da ridurla a niente nelle azioni di tutti i giorni. Facciamo un esempio più chiaro: più si dà importanza a qualcosa a cui teniamo più rendiamo fragile quella cosa.

Se per esempio avete un orologio a cui tenete molto, che curate ogni giorno, che proteggete ogni giorno, appena sarete un millesimo di secondo distratti vi accorgerete che quell’orologio è diventato talmente delicato che anche una piccola gocciolina di polvere vi manderà in tilt e ai vostri occhi sembrerà per un secondo che l’orologio si sia sporcato o rovinato. E invece no. Una metafora che calza alla perfezione alle canzoni di Dylan, Stiamo parlando di un uomo che ha da poco compiuti 82 anni, che ha vissuto e strappato ogni epoca, come fossero panni stesi al sole e lui lì nascosto dietro a un albero, aspettando che gli altri andassero a dormire, con le sue parole pronto a squarciare quei panni lindi e puliti.

Del ragazzo venuto da Duluth, che scrive, fa lo scultore, il pittore, ed è considerato una delle più importanti figure a livello internazionale nei campi di musica, letteratura e nella cultura di massa. La massa, proprio quella che Dylan sembrava schivare dall’inizio e da sempre e invece è diventato di quella massa il portavoce del tutto e del contrario di tutto. Ha visto i suoi coetanei morire in Vietnam, ha raccolto le parole sui cartelloni dei figli dei fiori, ha visto i Kennedy a uno a uno morire, i sogni di Martin Luter King invece mai realizzati. Nixon, le ingiustizie sociali, le donne avanzare nel mondo, i Bush, Clinton, l’attacco alle Torri gemelle e la cruda realtà che aveva mostrato quell’attacco: l’America non era più da quel momento un posto invincibile.

Ha messo al collo la medaglia che Obama gli ha consegnato alla Casa Bianca, non è andato a ritirare il Premio Nobel, ed è molto probabile che abbia mandato Patti Smith perché la reputa più pronta, più capace di lui, in un certo senso. E poi Dylan ha sempre omaggiato, amato e venerato le donne, forse sono proprio le donne quelle che più di tutto ha protetto nelle sue canzoni, le ha lasciate andare quando sapeva che loro non avevano bisogno di lui. Come Dylan canta le donne sarebbero utilissime pagine nelle scuole per educare i “maschi”. Eppure, le nuove generazioni non sanno chi è Bob Dylan, molti giovani lo ignorano completamente, molti giovani non hanno nemmeno idea del perché un cantante con la voce stridula che sembra lamentarsi abbia potuto vincere un Nobel per la letteratura.

A volerlo spiegare ad un giovane di oggi basterebbe poco, basterebbe prendere un testo come I want you: la sua ineguagliabile corsa verso la scelta delle rime, la velocità, la sorprendente capacità di attraversare la melodia e di superarla come se fosse una corsa contro il tempo, di sfidare le sue stesse parole, di sfidare qualcosa che non si conosce, di togliersi dalla strada della perfezione e distrarsi. Se qualcuno dovesse chiedere chi è Bob Dylan, basterebbe usare le parole che Roger Waters usò durante uno dei suoi concerti per ringraziarlo di aver scritto Sad Eyed Lady of the Lowlands del 1966, album Blonde on Blonde.

Sono undici minuti e diciassette di qualcosa che le generazioni future non possono non conoscere, perché in questa canzone c’è tutta la vita che ti è sfuggita e hai ripreso per mano, c’è tutto questo tempo fino ad oggi ancora eh, dal 1966 al 2023, che ti passa dentro come un coltello e che se prima eri spaventato dalla vista di quel sangue ora lo consideri come fosse l’unico segno del sentirti vivo. Chi è Bob Dylan? Cos’è Bob Dylan? C’è una scritta su un muro di una stazione in Calabria, forse a Mirto Crosia o giù di lì. Di giorno si vede poco e stranamente di notte ci fai più caso, perché il lampione fa luce proprio su quella scritta: “Se tu non ci fossi mi cambierebbe la linea della mano”. Ecco, se Dylan non ci fosse cambierebbero le linee sulle nostre mani.

18 Giugno 2023

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