L'esposto della presidente di Ntc
Dopo l’esposto di Bernardini il procuratore annuncia “verifiche sul carcere di Livorno”
Dopo l’esposto della presidente di Nessuno tocchi Caino per denunciare le condizioni “indegne” dell’istituto toscano, il capo della Procura le scrive: “Situazione che riflette le condizioni in cui versa gran parte degli istituti penitenziari italiani”, e annuncia accertamenti
Giustizia - di Angela Stella
“Troveremo un Procuratore della Repubblica in Italia?” si chiedeva due giorni fa la presidente di Nessuno Tocchi Caino, Rita Bernardini, nell’annunciare un suo esposto alla procura di Livorno per denunciare le “indegne” condizioni di detenzione nella casa circondariale del capoluogo toscano.
Il procuratore capo Maurizio Agnello ha dato un primo segnale rispondendo alla radicale. Sta seguendo con “estrema attenzione” la denuncia che “purtroppo riflette le condizioni in cui versa gran parte degli istituti penitenziari italiani”. Il magistrato ha assicurato che disporrà “tutti i dovuti accertamenti per verificare se i fatti oggetto della missiva a sua firma integrino estremi di reato”. Il 30 dicembre 2024, la radicale aveva visitato l’istituto di pena assieme all’avvocato Elena Augustin dell’Osservatorio Carceri dell’Unione camere penali. Avevano riscontrato nelle sezioni di Media sicurezza un alto tasso di sovraffollamento, infiltrazione d’acqua, muffa, sporcizia, assenza di attività.
Addirittura “nelle celle non c’è l’acqua calda né tantomeno le docce: il wc è in un unico ambiente assieme al lavandino e alla ‘cucina’. Le immonde docce sono esterne, piene di muffa con le pareti rigonfie per la condensa: per farsi la doccia senza il rischio di prendersi una malattia i detenuti dovrebbero entrarci con gli stivali ma ci entrano con le ciabatte di plastica”. Una situazione degradante a cui la radicale nell’esposto chiedeva conto alla Asl e al magistrato di sorveglianza.
“Trovo davvero importante – ci dice Bernardini – la tempestiva risposta del Procuratore della Repubblica di Livorno che, giustamente, rimarca che la situazione del carcere livornese riflette le condizioni in cui versa la maggior parte dei nostri istituti. E’ fondamentale la sua manifestata intenzione di disporre tutti i dovuti accertamenti per verificare se i fatti oggetto del mio esposto integrino estremi di reato. Mi sembra un segnale di attenzione non scontato – per come sono andate le cose fino ad oggi – sulla legalità dell’esecuzione penale in carcere nel nostro Paese. In cuor mio mi auguro anche ch’egli voglia avvalersi delle prerogativa prevista dall’art. 67 dell’Ordinamento penitenziario che gli consente di visitare senza autorizzazione gli istituti penitenziari che ricadono sotto la sua giurisdizione. Non so quanti procuratori lo abbiano fatto fino ad oggi, ma sono convinta che sia più che mai valida in questo frangente la massima di Piero Calamandrei quando esortava a visitare le carceri: “bisogna aver visto, perché ciò che non si vede sembra non esistere”.