Il dramma delle carceri
Quanto manca all’Italia un nuovo Basaglia per dimezzare i detenuti: il sovraffollamento delle carceri e il numero chiuso
Le parole del Papa a Rebibbia e gli appelli di Mattarella sullo stato delle carceri porteranno davvero a qualcosa? Bisogna iniziare con il risolvere il sovraffollamento
Giustizia - di Pietro Pellegrini
“Aprire le porte significa aprire il cuore alla speranza” ha detto Papa Francesco nel carcere di Rebibbia. Dopo il presidente Mattarella e tanti appelli della società civile sullo stato delle carceri, avrà un maggiore ascolto il Papa? Secondo Platone “la mente non si apre se prima non si è aperto il cuore”.
Si apriranno i cuori dei politici per una qualche soluzione efficace come indulto o amnistia? Forme di liberazione anticipata, revisione delle leggi sulle droghe e un cambio di politiche migratorie, nessuna detenzione per madri con figli, rinuncia a decreti come quello “sicurezza” sarebbero una sorta di straordinaria illuminazione.
Per farlo occorre che si aprano tutti i cuori, onde evitare polemiche politiche e giornalistiche, rivendicazione di cambi di linea. Il cuore va molto oltre la “certezza della pena e le chiavi da buttare”, la “resa dello Stato” o il “buonismo”. La grazia è invisibile e silenziosa. Sarebbe un umano miracolo, laico e religioso insieme.
Si apriranno i cuori dei magistrati, i quali potrebbero adottare il numero chiuso nelle carceri? Non dovrebbe servire alcuna nuova legge per evitare, per ragioni di sicurezza, dignità e umanità oltre che professionali, di riempire oltre la capienza un qualsiasi luogo pubblico. Vale per gli ospedali, le scuole, i cinema, le strutture socio-assistenziali. Sarebbe un cambio rivoluzionario, al pari del “mi no firmo” pronunciato da Franco Basaglia nel manicomio di Gorizia di fronte al registro per le contenzioni meccaniche. Porterebbe a confrontarsi con il numero chiuso, con il limite ed obbligherebbe a gestire il turnover, accessi, urgenti e programmati, dimissioni e seguire la qualità dei percorsi. Potrebbe sbalordire il Papa e non solo. Trovare il modo per ridurre della metà i detenuti risolverebbe molti problemi. Anche della Polizia penitenziaria e di tutti coloro che in carcere vi vivono, sanitari compresi. Superare la posizione di garanzia di controllo per avere operatori che possano al meglio lavorare per il benessere e il recupero delle persone e non per sorvegliarle, punirle anche involontariamente in modo “supplementare” e “obbligarle” a vivere.
Un cambio che potrebbe valorizzare un patrimonio di umanità e professionalità da utilizzare non solo negli istituti ma anche nella esecuzione penale esterna. Sulla quale puntare anche per quanto attiene le persone senza casa, con uso di droghe o problemi di salute mentale aprendo anche per questi i cuori di sanitari, operatori giudiziari e amministrativi e ovviamente degli stessi utenti per sviluppare con responsabilità i percorsi alternativi. Si apriranno i cuori per rendere residuale la detenzione, attuarla in ambito regionale e mantenere le relazioni affettive e sessuali come riconosce anche la Corte costituzionale? Si apriranno i cuori di Sindaci per assicurare a tutti i documenti, i titoli di accesso ai servizi sociali? Prevedere investimenti per superare le tante povertà avrebbe anche una funzione preventiva per tutti. Destinare case per le misure alternative, le messe alla prova potrebbe essere di grande aiuto, visti i tanti senza tetto e poveretti detenuti.
Anche per questo non servono altre leggi ma il coraggio di fare. Di costruire futuro, mediante infrastrutture umane, fatte di servizi e volontari, persone desiderose di soluzioni per facilitare autonomie e l’inclusione formativa e lavorativa delle giovani generazioni. Una “scuola di Barbiana” diffusa in tutto il Paese potrebbe essere un modo per ridurre le detenzioni dei minori e dei giovani adulti. Si aprirà il cuore di tutti gli umani per coesistenze rispettose, fondate sul riconoscimento, l’accoglienza, l’ascolto reciproco, la responsabilità, la capacità di mediare gli inevitabili conflitti accettando le diversità e costruendo la pace e l’armonia con l’ambiente? La speranza è potente e fragile insieme, ma può portare a rendere possibile l’impossibile. O passata la festa, gabbato…
*Dipartimento Salute Mentale di Parma