La retromarcia
Aumento degli stipendi ai ministri, salta l’emendamento della “manina sconosciuta”: al suo posto un rimborso trasferte
Politica - di Carmine Di Niro
Salta l’aumento dello stipendio per ministri e sottosegretari non eletti in Parlamento. L’emendamento alla legge di bilancio che nel weekend aveva fatto discutere la politica, tra le accuse delle opposizioni e la corsa al distinguo della maggioranza, nessun partito ha rivendicato la misura, è stato riscritto dopo che il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva pubblicamente chiesto di ritirarlo assieme ad altri ministri dell’esecutivo Meloni.
Tra i beneficiari vi sarebbe stato lo stesso Crosetto ma anche 17 tra ministri e sottosegretari: tra questi Andrea Abodi (Sport), Marina Calderone (Lavoro), Alessandro Giuli (Cultura), Matteo Piantedosi (Interno), Giuseppe Valditara (Istruzione), Alessandra Locatelli (Disabilità) e Orazio Schillaci (Salute).
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La misura intendeva concedere ai ministri non eletti i 3.503,11 euro della diaria che spetta a deputati e senatori e i 3.690 euro di rimborsi per l’esercizio del mandato: a questi poi bisognava sommare altri 1.200 euro per spese telefoniche e rimborsi di viaggi, per un aumento complessivo di oltre 7mila euro lordi al mese. Per finanziare gli aumenti sarebbero serviti circa 3 milioni di euro l’anno, con questo tipo di composizione di governo.
Il ministro che è maggiormente intervenuto sulla questione è stato Crosetto. “Abbiamo chiesto ai relatori di ritirarlo (l’emendamento, ndr) ed evitare inutili polemiche. Quello che non sarebbe comprensibile per nessuna altra professione e cioè che due persone che fanno lo stesso lavoro, nella stessa organizzazione, abbiano trattamenti diversi, per chi fa politica deve essere messo in conto”. Lo stesso Crosetto che pochi giorni prima aveva difeso l’aumento di stipendio, sottolineando che “chi rappresenta il popolo italiano è giusto che riceva anche un trattamento economico che tutela del suo ruolo e della sua libertà, da ogni possibile influenza”.
Una marcia indietro arrivata probabilmente per il pressing della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per una situazione che politicamente e mediaticamente stava sfuggendo di mano alla maggioranza dando il là ad una efficace campagna contro il governo.
Resta invece da capire chi sia il promotore dell’emendamento: nessuno si è preso la responsabilità del testo, tanto da far rispuntare tra le cronache politiche la celeberrima “manina”, la firma dei provvedimenti più contestati e nascosti, nei governi di destra come di sinistra.
Nel nuovo testo per ministri e sottosegretari non eletti e non residenti a Roma c’è però il “diritto al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni”, a tutti gli effetti un aumento mascherato. A finanziare queste spese sarà un fondo, istituito presso la presidenza del Consiglio, che avrà una dotazione di 500mila euro annui a partire dal 2025. “Le risorse del Fondo – prosegue la riformulazione dell’emendamento – sono destinate alle Amministrazioni interessate con decreto del presidente del Consiglio, su proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze”.