Le misure di prevenzione
Mio marito Francesco Lena, imprenditore del vino vittima della Giustizia: ha incontrato lo Stato nella sua forma peggiore
Il Collegio presieduto dalla giudice Maria Patrizia Spina gli ha riconosciuto una somma riparatoria pari a euro 53.285,90.
Giustizia - di Paola Moriconi Lena
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Sabato 14 dicembre a Palermo, dalle 9:30 alle 13:30, presso lo Spazio Lab Eventi (ex Scalea Club), in via Faraone 2, insieme all’Osservatorio Misure di Prevenzione, Nessuno tocchi Caino terrà un’assemblea nel corso della quale presenterà il suo ultimo libro, “La fine della pena”, che racconta storie di pena di morte, di morte per pena, di pena fino alla morte. In tale occasione, sarà reso conto anche della visita al carcere Pagliarelli di Palermo che, il giorno prima, Nessuno tocchi Caino avrà effettuato insieme agli avvocati della camera penale.
Oggi, Nessuno tocchi Caino guarda oltre i sistemi capitali ormai superati nella cultura accademica e nel diritto internazionale. Affronta anche i regimi giudiziari, penali e penitenziari che sono, come la pena di morte, fuori dal tempo e fuori dal mondo. E, per la prima volta, nel libro di quest’anno Nessuno tocchi Caino propone anche storie e riflessioni che riguardano usi e costumi altrettanto mortiferi come quelli del regime italiano della prevenzione che, talvolta, è più distruttivo di quello punitivo. Nell’ultimo trentennio, nel nome della guerra alla mafia, ai processi e ai castighi penali sono stati affiancati e spesso preferiti processi sommari e castighi immediati. Quelli delle misure di prevenzione, dei sequestri e delle confische personali e patrimoniali. Quelli delle interdittive prefettizie e dello scioglimento dei Comuni per mafia. Così, imprenditori estranei alla mafia sono stati “condannati” da misure di prevenzione “antimafia” e comuni dove la mafia non esiste sono stati sciolti per mafia.
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Il libro di Nessuno tocchi Caino del 2024 è dedicato alla sua fondatrice Mariateresa Di Lascia, nel trentennale dalla sua morte. La giornata del 14 dicembre a Palermo è dedicata a Francesco Lena, imprenditore edile e celebre signore del vino dell’Abbazia Sant’Anastasia di Castelbuono. Un uomo d’altri tempi che ci ha lasciati il 13 settembre scorso, dopo anni di persecuzione giudiziaria nella sua doppia versione, quella del processo penale inquisitorio e quella non meno distruttiva del processo di prevenzione. Lo ricordano in questa pagina la moglie, compagna straordinaria della sua vita e della sua impresa, e un altro imprenditore che gli è stato vicino fino alla fine, vittima anch’egli delle barbariche misure antimafia.
Francesco Lena, mio marito, ha avuto la disgrazia di aver incontrato lo Stato nelle sue forme peggiori. Quelle che ti prendono una mattina, ti schiaffano in carcere, ti tolgono il progetto di una vita e, poi, dopo anni di processi e tre assoluzioni fino alla Cassazione, e dopo una causa risarcitoria per ingiusta detenzione, in cui ti danno degli spiccioli, alla fine ti restituiscono una delle aziende vitivinicole e agrituristiche più belle d’Italia in uno stato di dissoluzione. La vicenda avviene nel 2010, quando viene arrestato con altre 19 persone. L’accusa è grave e infamante: mafia. I contorni riguardanti la sua posizione sono poco chiari fin dall’inizio. Lui è l’unico assolto del gruppo di coimputati in primo grado, tra l’altro con la formula più ampia e liberatoria “per non aver commesso il fatto”. La procura insiste in Appello e riparte. Nel 2016 la Cassazione rigetta il definitivo e pervicace ricorso. Ma nel 2011 subentrano le Misure di Prevenzione per tutte le società del Gruppo Lena e siccome evidentemente non c’è dialogo fra le diverse sezioni del Tribunale, d’altro canto la legge non impone l’immediato dissequestro dei beni, così accade che un imprenditore, giudicato innocente è costretto a stare con le mani in mano e a sopportare le angherie di una giustizia ingiusta. Tant’è che devono essere procurate prove a dimostrazione dell’innocenza dell’imprenditore e non il contrario.
Dopo una lunga serie di rinvii, nel 2018, dopo otto anni, finalmente ci restituiscono l’azienda e tutte le società. L’amministrazione giudiziaria in tutti questi anni non ha mai approvato bilanci e non pagando i contributi ai lavoratori non è riuscita a incassare nessun spettante finanziamento regionale, avendo il Durc irregolare. Da 750mila bottiglie l’anno di vino si è passati a 150mila bottiglie. Sono stati abbandonati ettari di vigneti. La rete di vendita, il portafoglio clienti faticosamente conquistato negli anni, perso irrimediabilmente. L’azienda ha smesso di produrre l’olio dei suoi 40 ettari di uliveto. Il Resort, realizzato ristrutturando un’Abbazia del XV Secolo, è stato lasciato senza manutenzione. Tasse e contributi non versati e, nonostante gli incassi che sfioravano i 2 milioni di euro, nessun pagamento a rate del mutuo di Banca Nuova. L’Istituto di Zonin, assorbito a zero euro da Banca Intesa, ha ceduto a basse percentuali i propri crediti a una full-service credit management company, la Amco Spa. Quest’ultima, adesso, vuole l’intero credito, più gli interessi di mora maturati per il mancato versamento delle rate da parte dell’Amministrazione giudiziaria.
Inoltre, i creditori, non potendosi rivalere sull’azienda negli anni delle Misure di prevenzione, hanno proceduto con azioni legali rivolte alla persona fisica di mio marito. In sintesi, tre sentenze di assoluzione, nove giudici che hanno accertato la sua estraneità a condotte illecite, 1.352 giorni di calvario, dall’arresto alla pronuncia della Cassazione, di cui 23 in carcere e 492 ai domiciliari. Sono i numeri che ha valutato la quinta sezione della Corte d’appello di Palermo per la “custodia ingiustamente sofferta” da Francesco Lena. Il Collegio presieduto dalla giudice Maria Patrizia Spina gli ha riconosciuto una somma riparatoria pari a euro 53.285,90.
Quando l’incredibile si interseca con la realtà è allora che nascono storie come questa che ha coinvolto mio marito in prima persona. Raccontarla non è semplice per me ma penso sia doveroso farlo. Non si dimenticano i titoli della grande stampa a poche ore dall’arresto, non si dimentica l’indifferenza, la diffidenza, la sofferenza e la solitudine. È sempre stato un uomo libero mio marito. Libero nel fare impresa, libero da legami equivoci, libero di realizzare quello in cui ha sempre creduto anche lontano da casa sua e adesso rimane solamente l’ombra della sua “creatura”.