La senatrice a vita
Liliana Segre: “A Gaza non è genocidio ma crimini di guerra di Israele e Hamas”
Sul Corriere della Sera: "O usi la 'parola malata' o finisci nel mirino come agente sionista". Ma anche chi accusa lo Stato Ebraico del massacro in corso nella Striscia viene definito senza scampo antisemita e amico di Hamas
News - di Antonio Lamorte
Liliana Segre era stata anche molto criticata negli ultimi mesi. Soltanto lo scorso settembre, a Milano, in una manifestazione contro il massacro in corso nella Striscia di Gaza – per via dell’operazione militare lanciata da Israele, provocata dagli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 – erano comparsi alcuni cartelli che l’accusavano di essere un “agente sionista”. Non era la prima volta che succedeva alla senatrice a vita, a 13 anni arrestata e deportata nel campo di concentramento nazista di Auschwitz. A metà novembre era stato anche vandalizzato un murales che la ritraeva a Milano.
“Le parole, a volte, diventano clave”, ha detto nell’incipit del suo articolo pubblicato oggi su Il Corriere della Sera in cui dice la sua su un termine molto dibattuto da circa un anno a questa parte, perché legato alla storia degli ebrei e dello Stato Ebraico: genocidio. A fine 2023 il Sudafrica – poi si erano aggiunti anche altri Paesi – aveva accusato Israele di genocidio alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. Pochi giorni fa la Corte Penale Internazionale ha accusato di crimini di guerra e contro l’umanità il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Per Segre non si può parlare di genocidio per quello che sta succedendo a Gaza “mentre sono piuttosto evidenti crimini di guerra e crimini contro l’umanità, commessi sia da Hamas e dalla Jihad, sia dall’esercito israeliano”.
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Segre: “A Gaza non è genocidio”
Segre ha ricordato i suoi appelli per un cessate il fuoco lanciati negli ultimi mesi e la sua solidarietà per le vittime innocenti palestinesi e israeliane. Ha definito genocidio come la “parola malata” e l’ha definita a partire soprattutto da due particolari: “Uno è la pianificazione della eliminazione, almeno nelle intenzioni completa, dell’etnia o del gruppo sociale oggetto della campagna genocidaria, l’altro è l’assenza di un rapporto funzionale con una guerra”. Ha riportato qualche esempio: quello degli armeni, quello dei kulaki ucraini, la Shoa, la strage della borghesia cambogiana, lo sterminio dei tutsi in Ruanda. Quello che sta succedendo a Gaza non sarebbe paragonabile.
Quella di genocidio sarebbe inoltre una parola da evitare. Perché? Per la “libidine”, il “rabbioso sfregio liberatorio” verso gli ebrei per accusarli “di fare ad altri quello che è stato fatto a loro”. Perché è un’“accusa strumentale” che proietta su tutto il popolo israeliano, non solo sul “pessimo governo in carica, l’immagine del male assoluto. Una demonizzazione ingiusta, ma anche controproducente per le prospettive di pace e convivenza”. Perché “l’abuso del termine significa produrre una crepa in un argine” alle “rivalutazioni delle peggiori dittature” e alle “campagne nostalgiche”.
Che cos’è un genocidio
Per il diritto internazionale, in base alla Convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio del 1948, un genocidio è un “atto commesso con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Il termine venne concepito da R. Lemkin per i crimini dei nazisti durante la II Guerra Mondiale. L’Unità non si è mai spesa per imporre la definizione di genocidio a quello che sta succedendo a Gaza. Non ne ha fatta una questione lessicale.
Ha parlato del massacro in corso nella Striscia, secondo gli ultimi dati diffusi dal ministero di Hamas di 44.330 morti in 13 mesi di guerra, senza contare feriti, mutilati fuori pericolo, persone di cui si sono perse le tracce, malati terminali o gravi da prima della guerra privati dell’assistenza. E ha scritto e condannato i massacri di Hamas nel sud di Israele del 7 ottobre 2023 che questa nuova guerra l’hanno scatenata.
“O ti adegui e ti unisci alla campagna che tende ad imporre l’uso del termine ‘genocidio’ per descrivere l’operato di Israele nella guerra in corso nella Striscia di Gaza, o finisci subito nel mirino come ‘agente sionista’”, ha lamentato Segre. Dimenticando però che non è questo quello che succede nella stampa mainstream italiana: sulla quale a essere inchiodato è chi esprime solidarietà, indignazione, rabbia o dolore per le vittime innocenti della Palestina. Puntualmente definito: antisemita, amico dei terroristi, pro Hamas. Segre ha anche messo sullo stesso piano, per quello che sta succedendo a Gaza, Hamas e Jihad Islamica – organizzazioni terroristiche secondo le Nazioni Unite e gran parte della comunità internazionale – con lo Stato che si vanta di essere l’unico democratico in Medio Oriente.