Parola alla vicepresidente Pd
Intervista a Chiara Gribaudo: “Meno convegni e più territorio, il posto del Pd è dove c’è conflitto sociale”
«Parlare della vita reale ci ha consegnato il risultato prezioso in Umbria ed Emilia Romagna. Tra il Pd e i 5s nessuna competizione, hanno sperimentato a proprie spese che finché non fai un partito con regole chiare hai solo l’impressione di contare qualcosa»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Chiara Gribaudo, parlamentare, vicepresidente del Partito democratico: a mente fredda, senza più le fanfare dei giorni dopo, come leggere la doppia vittoria del centrosinistra nelle regionali in Emilia-Romagna e Umbria?
Molti esponenti del centrodestra han detto che si tratta di elezioni di territorio, provando a sminuire il risultato. Provo a seguire il loro ragionamento: se sono realmente solo elezioni territoriali allora l’evidenza è che in Emilia-Romagna il centrosinistra ha governato sempre molto bene e in Umbria il centrodestra ha governato molto male. Se invece vogliamo abbandonare il ragionamento un po’ codino degli esponenti del centrodestra, l’evidenza dei fatti è che in Liguria abbiamo perso di un soffio, recuperando molti voti e nelle altre due regioni abbiamo vinto molto bene, con il Partito democratico che risulta primo partito a molta distanza da Fratelli d’Italia. Penso che parlare della vita quotidiana e reale dei cittadini ci consegni questo risultato prezioso e da far crescere ancora.
“Uniti si vince”, ha ribadito Elly Schlein. Una strategia politica che premia il Pd ma che rischia di portare ai minimi termini i 5Stelle. Come la mettiamo?
Non credo che questo sia vero. Il Movimento 5 stelle sta attraversando una fase congressuale non facile e questo, come noto, non aiuta mai se le fasi congressuali coincidono con quelle elettorali. Il Partito democratico e Movimento 5 stelle non hanno lo stesso elettorato, anche se, a maggior ragione dopo ieri, i cinque stelle hanno definitivamente chiarito che si ritrovano nell’area progressista. Bene. Non credo ci sia una competizione tra i due partiti, anzi, se interpreto bene le parole di Roberto Fico, c’è un elettorato progressista che deve essere riportato al voto. In parte noi lo stiamo facendo, il resto lo dovrà fare il Movimento 5 stelle, soprattutto dopo un congresso come quello di ieri che ha completamente rimesso in discussione il loro modo di pensare la democrazia. Ora, come si dice, vedremo, chi ha più filo tessa, noi non solo daremo il nostro contributo per unire le forze progressiste ma, più ancora, come del resto abbiamo fatto in questo anno, dobbiamo rilanciare la vocazione maggioritaria del Pd. La nostra ostinazione sarà intercettare la società, e non solo quando ha una forte rappresentanza organizzata o nelle categorie prestabilite, insisto, dobbiamo stare nei luoghi – si direbbe – del conflitto, dove si vivono le maggiori tensioni sociali ed economiche. Con una battuta, direi: meno convegni e più risposte collettive, e condivise. Ricostruire – questo dobbiamo fare – la dimensione utile e di prospettiva comune della politica.
Per restare ancora sui pentastellati. Che giudizio dà dell’assemblea “congressuale” del M5s di Roma?
Non mi addentrerò nel dibattito interno di un partito, tanto meno di un alleato o possibile alleato. Ho grande rispetto per la loro discussione e per il percorso che stanno facendo. Sono certa che siano più le cose che possono unirci che quelle che ci possono dividere. Soprattutto in questo tempo, dove mi pare sia piuttosto chiara la situazione polarizzante a cui ci spinge questa destra ideologica e spesso reazionaria. Le differenze sono una ricchezza se il dibattito è vero, soprattutto profondo e non superficiale, se si basa su approfondimenti e su valori veri che vengono dal nostro passato, a me serve la chiarezza valoriale innanzitutto per intraprendere un cammino, il resto vien da sé.
Penso alle questioni ambientali, al tema della precarietà e della sicurezza sul lavoro, alla sanità pubblica. Solo per fare tre esempi.
L’assemblea e le votazioni degli iscritti de M5s hanno sancito la loro collocazione nel campo progressista. Stanno finalmente strutturandosi come un partito?
Bene, ne sono contenta, io su questo sono novecentesca e penso che i partiti, ripensati ed attualizzati certo, sono il perno su cui si deve riorganizzare la politica, il resto sono solo illusioni. E il Movimento 5 stelle l’ha sperimentato a proprie spese, finché non fai un partito con regole chiare, con fondi trasparenti e scalabile, hai solo l’impressione di contare qualcosa, ma poi la verità è che c’è qualcuno che quello spazio politico lo possiede e che decide per te. Pensiamo al finanziamento pubblico ai partiti, possiamo discutere di quanto e di come, ma non è meglio sapere da dove arrivano i soldi e distribuirli in maniera equa alle forze politiche piuttosto che lasciare tutto in mano ai gruppi di interesse? L’organizzazione della politica non è un tema burocratico, è un presupposto necessario per consentire l’accesso vero alla democrazia.
Si vince, o si perde, ma in un mare di astensioni. Romano Prodi ha lanciato un accorato grido di allarme. È una crisi di sistema irrisolvibile?
L’astensione, l’enorme astensione, in tutte queste elezioni, deve preoccupare sia chi vince sia chi perde. È in parte segno di sfiducia nella politica in generale e, dato abbastanza nuovo, anche nella politica locale. Come recuperare fiducia ed elettorati è questione che riguarda non più solo la comunicazione dei partiti o le singole pratiche amministrative. È necessario un riconnettersi con le persone su ogni aspetto del convivere civile: aspettative, qualità della vita, risposte ai bisogni, prospettive di futuro, i partiti sono percepiti utili non solo se amministrano bene ma anche se sanno disegnare un sogno concreto, di speranza e futuro, sostenibile e credibile. L’allarme di Romano Prodi è il nostro. Certo, il ragionamento si fonda su dato che viene da lontano, il centrosinistra di voti ne perde da anni, ma vi sono delle eccezioni. Quando dimostriamo di avere, allo stesso tempo, sia idee chiare da mettere in pratica, sia persone credibili e una coalizione unita in grado di vincere davvero e governare, allora sì che i risultati arrivano. Poi c’è anche da dire che dovremo pensare a qualche soluzione tecnica che permetta alle persone di essere maggiormente informate prima del voto. In questo senso penso che sia interessante la proposta che arriva da Calenda, e da più parti, per lavorare ad una unica finestra annuale elettorale, in cui si svolgano tutte le elezioni e i referendum. Indubitabilmente avrebbe un effetto positivo sulla partecipazione e sul coinvolgimento informato dei cittadini.
Il 29 novembre c’è lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil. Uno sciopero politico tuona la destra e una certa stampa mainstream.
Mi verrebbe da dire: ma – santa pazienza – se lo sciopero non è politico che cos’è? Uno sciopero è politico per definizione. Si sciopera per chiarire pubblicamente che le scelte di chi governa non sono quelle richieste da chi rappresenta il mondo del lavoro, ed è l’unico vero strumento che si ha per rivendicare richieste e proposte. Anzi, è fondamentale costruire una consapevolezza collettiva e sociale che le scelte di questa manovra sono contro chi lavora, chi paga le tasse, chi giustamente vorrebbe poter accedere a servizi pubblici degni di questo nome e, soprattutto, vanno nella direzione dello smantellamento della sanità e dell’istruzione pubblica. E poi in chi ci governa c’è un totale disinteresse al tema di ridare potere d’acquisto alle persone. Dobbiamo far crescere i salari – lo diciamo da tempo e insisto – la sola leva fiscale, tanto più usata come sta facendo il governo non serve, fa sconti a qualcuno che non ne ha bisogno e lascia indietro il resto del Paese.
Intanto il mondo sprofonda nelle guerre, dall’Ucraina al Medio Oriente. E in America vince Trump…
Trump ha vinto con la promessa di un’America più chiusa, con lo sguardo preoccupantemente rivolto al passato, che ha prevalso non solo per meriti propri ma anche grazie agli errori del campo progressista. Credo che già con le prime nomine governative sia chiaro quando saranno anni difficili. Non per questo dobbiamo farci scoraggiare, occorre mettersi subito a lavoro per un’idea di progressismo che superi i provincialismi delle singole politiche nazionali e che tenta alla creazione di un mondo più equo e più giusto. E non mi riferisco solo all’Occidente, le questioni dell’Ucraina e del Medio Oriente cruciali non solo per il dramma del conflitto ma anche perché sono alcuni valori e principi comuni che sono stati messi in discussione. Pensiamo alle vergognose prese di posizioni della Premier e del ciarlatano Salvini su Netanyahu. Non è questione di tifoserie da stadio, il tema è come si difendono alcuni principi, oggi visibilmente sotto attacco, come la supremazia del diritto internazionale, che si applica anche nei confronti dei potenti. Questi sì, è il triste lascito di alcune vittorie dei populisti nel mondo, negli Usa ma anche in Argentina o in Ungheria, una certa destra, oramai si sente sdoganata anche in Europa e mette in pericolo la capacità di difendere i nostri valori comuni. In questo senso mi preoccupa l’incapacità dell’Unione Europea di esercitare un ruolo, quando invece dovrebbe essere protagonista, e con una voce unica, sulle grandi questioni di questo tempo a partite dalle guerre. Anche il nostro governo dovrebbe contribuire, e invece mi sembra più sedotto dal fascino del leader populista o del miliardario di turno, che di certo hanno in testa tutto tranne la costruzione di un modo più giusto.