Il silenzio della premier

Musk prende a calci l’Italia ma la patriota Meloni resta muta

La premier non replica agli attacchi del tycoon per non perdere la benevolenza di Trump. Schlein la incalza: “Come mai non difende la sovranità?”

Politica - di David Romoli

14 Novembre 2024 alle 12:30

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Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse
Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse

Giorgia Meloni aveva scelto il silenzio dopo il primo affondo di Elon Musk contro la magistratura italiana e conferma la scelta anche dopo la risposta ferma del capo dello Stato all’invadenza del tycoon e futuro capo del dipartimento Efficienza governativa dell’amministrazione Trump. Da Chigi filtra solo un anonimo: “Ascoltiamo sempre con grande rispetto le parole del presidente”. Al di sotto del minimo indispensabile.

Musk è l’asso nella manica della premier italiana sul fronte dei rapporti con gli Usa e, di conseguenza, anche in Europa. Non a caso proprio il ruolo centrale che Giorgia e solo Giorgia potrà avere nei rapporti tra Ue e “nuovi” Usa è stato adoperato da Ursula von der Leyen per giustificare il suo rifiuto di rivedere la vicepresidenza esecutiva della Commissione europea per Fitto, nonostante i socialisti minaccino per questo di non votarla. Quella carta l’inquilina di palazzo Chigi non ha alcuna intenzione di bruciarla. Intervengono i suoi fedelissimi come Donzelli, esplicito: “Condidivido anche le virgole di Mattarella. Noi non abbiamo mai gradito intromissioni”. Ma Donzelli è uomo di partito, non di governo e non è la stessa cosa. Nel governo c’è chi fa la Ola come Salvini ma anche i più discreti preferiscono restare muti. “Quando Musk sarà un soggetto politico le sue parole saranno un problema politico”, taglia corto Giorgetti e svicola anche lui. Concede qualcosa solo il sottosegretario Fazzolari, sia pure con grandissimo tatto diplomatico: “Non ci servono ingerenze straniere di altri governi, di ong, di grandi media”.

Mattarella invece non svicola e non glissa. Va giù più esplicito di come non si potrebbe pur senza nominare apertamente il tycoon sudafricano. La decisione di rispondere alle invasioni di campo di Musk la aveva presa già prima del secondo e più duro tweet del braccio destro di Trump, quello con cui ieri mattina metteva in dubbio che l’Italia fosse un Paese realmente democratico e non invece governato “da oligarchi non eletti”. Probabilmente dopo il primo attacco contro i giudici, certamente dopo il post di martedì sera nel quale Musk bollava la ong Sea Watch come “organizzazione criminale”. Quello del capo dello Stato è davvero un messaggio meditato e calibrato sin nelle virgole. Nella prima parte Mattarella risponde a muso duro al tentativo di ingerenza. Nella seconda, tra le righe, bacchetta anche chi avrebbe dovuto difendere la sovranità nazionale e invece ha preferito evitare: i sovranisti a parole che governano.

In mezzo trova modo di ricordare che identica posizione aveva preso quando a esorbitare era stato il governo francese: “L’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”. L’ultima parte della concisa nota veicola probabilmente anche una critica al silenzio del governo, ripresa senza alcun velo dall’intera opposizione a partire da Elly Schlein: “I sovranisti si fanno dettare la linea da un miliardario americano. Che aspetta Meloni a difendere la sovranità nazionale?”. Pd e opposizione non hanno le carte in regola come il capo dello Stato, avendo invece plaudito alle ingerenze della Francia, ma la domanda di Schlein resta più che sensata.

Il gusto della battuta facile spinge anche molti esponenti dell’opposizione ad accusare governo e maggioranza di essersi fatti dettare dal miliardario gli emendamenti al dl Flussi presentati a sorpresa martedì notte. Naturalmente non è così, si tratta solo di una coincidenza però di quelle eloquenti. L’emendamento principale sottrae alle sezioni Immigrazione dei tribunali la competenza sulle convalide dei trattenimenti disposti dal questore per passarli alle Corti d’appello. A decidere sul prossimo carico di migranti spediti in Albania sarà la Corte d’appello di Roma e non più la sezione immigrazione. Sulla carta non cambia niente dal momento che anche i magistrati d’appello sono tenuti a considerare i pronunciamenti dell’Unione prevalenti rispetto alla legislazione nazionale.

Il governo spera però che quei magistrati siano maggiormente esposti a condizionamenti e soprattutto mira a punire le sezioni immigrazione, dipinte come il covo dei pochi “magistrati rossi” che mettono i bastoni tra le ruote del governo in materia di rimpatri. I veri nemici di Musk, insomma. Il diktat in sé e la punizione inflitta alla sezione immigrazione, indipendentemente da quali saranno poi le decisioni delle varie Corti d’appello, è del tutto in assonanza con la linea dura indicata dal tycoon trumpiano. Si tratta probabilmente di un segnale preciso, soprattutto se letto in congiunzione con il silenzio quasi inconcepibile sugli attacchi di Musk: la premier spera di difendere la postazione mediana tra Popolari e destra radicale che ha occupato da quando è al governo. Ma costretta a scegliere, come probabilmente finirà per essere, sceglierà di essere prima di tutto il referente di Donald Trump e dei suoi gerarchi in Italia e soprattutto in Europa.

14 Novembre 2024

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