Il Viminale ricorre in Cassazione
Il governo impugna la liberazione dei 12 deportati in Albania
Il decreto che resuscita la lista dei Paesi sicuri demolita dalla Corte di giustizia serve solo a Meloni a rincorrere a destra Salvini o a piegare i magistrati non allineati?
Politica - di Angela Nocioni

Chissà se la Corte europea di giustizia scriverà la prossima sentenza in veneto, così magari il nostro Guardasigilli se la legge tutta. Perché la Corte nella sentenza del 4 ottobre ha stabilito che esistono anche Paesi non sicuri “per alcune categorie di persone”, non solo Paesi non sicuri “in alcune parti del loro territorio”. E il ministro Nordio quelle pagine pare averle saltate.
Sfoggiando il suo francese, mentre annunciava da Palazzo Chigi il nuovo decreto sui Paesi in cui il governo vuol respingere le persone che ne scappano, il ministro della Giustizia ha tralasciato proprio la parte della sentenza della Corte che vincola a considerare “non sicuri” quei Paesi che non sono sicuri per alcune categorie di persone. Il nuovo decreto serve soltanto a Giorgia Meloni per giocarsi la sua sopravvivenza a Palazzo Chigi scommettendo sull’usato sicuro della propaganda contro i migranti. Certa che a chi in Italia va a votare, vada bene la ferocia contro gli immigrati purché non sia troppo visibile. Lasciateli affogare, ma non ci fate arrivare i cadaveri sulla spiaggia. Lasciate pure che vengano torturati, stuprati e uccisi, ma fatelo fare ai tunisini e ai libici nelle loro celle. Finanziateli pure i lager, ma all’estero.
Soltanto a sostenere quest’investimento della premier che scommette sulla cattiveria e l’ipocrisia degli italiani può servire il decreto in cui il governo cementa (in una norma di rango superiore a quella del decreto interministeriale in cui figurava finora) la definizione di Paese sicuro dove respingere chi ne scappa, riproponendo la lista di Paesi (da 22 diventano 19, hanno tolto giusto il Camerun, Colombia e la Nigeria) già stracciata dalla Corte europea. Perché qualsiasi giudice non voglia disobbedire alla Corte di giustizia non potrà far altro che ignorare la lista e quindi il decreto. Quei Paesi che il ministro Piantedosi vuole considerare sicuri per forza, sicuri non sono, perché un Paese o è sicuro per tutti o non lo si può considerare tale. Lo ha scritto la Corte di giustizia.
Il sottosegretario Mantovano, che insieme a Piantedosi e a Nordio è stato spedito dalla Meloni in conferenza stampa, riprendendo un giornalista di Fanpage che ha osato fare una domanda citando la sentenza della Corte, ha detto: lei continua a parlare di norme, ma è una sentenza. Eppure (sent. 284 del 2007): “Le statuizioni della Corte di giustizia hanno, al pari delle norme dell’Unione direttamente applicabili cui ineriscono, operatività immediata negli ordinamenti interni”, quelle sentenze vincolano quindi il giudice del singolo Stato che dovrà (dovrà, non potrà: dovrà) disapplicare la norma nazionale confliggente. Le sentenze della Corte vincolano gli Stati, figuriamoci i giudici. Quindi il decreto appena varato serve soltanto alla Meloni a ricorrere a destra Salvini. E a tentare di piegare quella parte della magistratura non ancora asservita.
Ignorare la parte della sentenza della Corte in cui si parla chiaramente di Paesi da considerare non sicuri se non lo sono “per alcune categorie di persone” serve invece al governo a impugnare la decisione del Tribunale di Roma di liberare i 12 bengalesi ed egiziani deportati in Albania. Il ricorso è stato consegnato e il Viminale chiede venga esaminato dalla Cassazione a Sezioni unite. Anche impugnare quella decisione del Tribunale di Roma ha il solo scopo di dar fiato alle trombe della propaganda della Meloni. Tanto che la Avvocatura dello Stato non ha aggiunto alle parole di Nordio una sola motivazione giuridica per spiegare in cosa avrebbe errato il Tribunale di Roma nel non convalidare i fermi. Il Viminale, ricorrendo, parla di una “interpretazione delle norme dell’Unione” che “travisa la sentenza del 4 ottobre 2024 della Corte”. Contesta che “nella sentenza non vi è alcun riferimento alla possibilità per gli Stati di precisare informazioni in merito a categorie di soggetti”. I giudici sono accusati di aver preso decisioni con “assoluta carenza di motivazioni” (art. 360 comma 1 c.p.c.). Avrebbero omesso di motivare perché il Paese in esame non può essere considerato sicuro ai fini delle procedure d’asilo.
Eppure nella decisione del Tribunale di Roma le motivazioni ci sono. Il Tribunale ha scritto che sulla base delle indicazioni date dalla Corte europea di giustizia i Paesi di provenienza (Egitto e Bangladesh) dei 12 migranti deportati in Albania non potevano essere considerati sicuri. Il Paese sicuro è il presupposto generale e astratto necessario a scegliere la procedura accelerata di frontiera invece della procedura ordinaria. Ossia: per poter avviare una domanda di protezione internazionale sul binario della procedura accelerata, invece che su quello della procedura ordinaria, il migrante deve venire da un Paese sicuro. La questione non riguarda la singola vicenda del singolo migrante, la cui domanda viene esaminata nella procedura ordinaria della richiesta di protezione. La provenienza da Paese sicuro serve a definire se la procedura deve essere la accelerata di frontiera, con tutte le gravissime restrizioni al diritto del migrante che questa comporta. Giorgia Meloni è avvinghiata alla lista dei Paesi sicuri perché tutta la sua sceneggiata d’Albania è costruita sul presupposto del Paese sicuro.
L’Albania è stata designata come luogo per la procedura di frontiera italiana, in Albania si possono trattenere solo le persone destinabili a procedure accelerate di frontiera. Quindi il tribunale di Roma, dovendo valutare se esisteva il principio generale ed astratto del Paese sicuro per poter applicare la procedura accelerata e quindi per portare quelle persone in Albania, non doveva esaminare la singola situazione del migrante ma la sicurezza del Paese. Per verificare se era o meno applicabile la procedura accelerata.
Tutto ciò Nordio lo sa. Così come Mantovano sa che le sentenze della Corte di giustizia sono vincolanti sia per gli Stati che per i giudici. Forse anche Piantedosi sa che l’Ungheria ha fior di procedure di infrazione in per non aver adempiuto a sentenze della Corte. Il fatto che le interpretazioni del diritto dell’Unione fatte dalla Corte di giustizia sono vincolanti è un principio che si studia all’università. Perché Mantovano in conferenza stampa a Palazzo Chigi finge di non conoscerlo? L’obiettivo è soltanto fare da grancassa a Giorgia Meloni o anche piegare i giudici non ancora irregimentati?