La dura condanna del raid
Ira di Crosetto contro Israele: “Non è stato un incidente, forse un crimine di guerra”
“Non è stato un incidente, forse un crimine di guerra”. Il ministro della Difesa convoca l’ambasciatore di Tel Aviv e rifiuta di trasferire il contingente: “Niente ordini da loro”
Esteri - di David Romoli
“Non è stato un incidente né un errore. Non possiamo tranquillizzare nessuno in un momento come questo”. Basterebbero queste parole del ministro della Difesa Crosetto, in conferenza stampa a metà pomeriggio, per rendere conto di quanto la tensione si sia impennata, e già era altissima, dopo le cannonate di Israele contro tre postazioni Unifil, due delle quali italiane. Ma il ministro non si ferma qui e spara a propria volta una vera cannonata: “Gli atti ostili compiuti e reiterati dalle forze israeliane potrebbero costituire crimini di guerra”. Pronunciate dal ministro di un governo amico di Israele, sono parole durissime. Veicolano un messaggio preciso. Un monito. Ma nessuno si illude che basti.
Crosetto e l’incontro con la stampa dopo l’attacco
Quando incontra la stampa Crosetto, che si è mosso in continuo contatto con la premier, aveva già parlato con l’omologo ministro della Difesa Gallant e aveva convocato ufficialmente l’ambasciatore israeliano per protestare e reclamare spiegazioni. L’ambasciatore non ha risposto. Inoltrerà la richiesta urgente di spiegazioni al capo di Stato maggiore. L’Italia aspetta quelle risposte e le vuole subito. Crosetto ha anche scritto subito al vicesegretario dell’Onu Lacroix e si è messo in contatto con il ministro della Difesa francese Lecornu e i due hanno deciso la convocazione di una videoconferenza dei quattro Paesi europei che hanno loro contingenti schierati con la missione Unifil, Spagna e Irlanda.
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Ma l’asetticità diplomatica dell’incontro con l’ambasciatore israeliano non deve trarre in inganno. L’incontro è andato male e Crosetto, tra le righe, lo lascia intendere. Non c’è stata nessuna promessa, nessun impegno da parte dello Stato ebraico. Le Idf sono convinte che dietro le postazioni Unifil Hezbollah abbia ammassato armi. Il ministro italiano conferma: “Certo che le armi ci sono. Lo sanno tutti dato che è da lì che Hezbollah spara”. Dunque l’esercito israeliano chiede alle truppe Unifil di spostarsi di cinque km più a nord e lo fa ufficialmente, per bocca dell’ambasciatore all’Onu. Ma nei giorni scorsi la richiesta, avanzata molto più discretamente, era stata un’altra: che Unifil prendesse apertamente posizione, spalleggiasse le Idf nella guerra contro Hezbollah.
Missione Unifil: deciderà l’Onu
La missione Unifil non intende piegarsi al diktat. “L’Onu e l’Italia non prendono ordini da Israele”, scandisce Crosetto ancora una volta molto duro – e comprensibilmente. Ma gli umori dietro le quinte sono diversi e anche questo il ministro lo fa capire chiaramente. La sensazione di tutti, dopo il colloquio con l’ambasciatore a Roma, è che Israele non abbia alcuna intenzione di fermarsi. Quello di ieri è stato in tutta evidenza un avvertimento. La situazione resterà ad alto rischio e probabilmente lo diventerà anche di più. L’ipotesi di un ritiro solo del contingente italiano è fuori discussione e Crosetto lo conferma: “È una missione internazionale, non nazionale”. Dunque la decisione su un eventuale ritiro spetta all’Onu. Decideranno i 40 Paesi che contribuiscono alla missione ma l’idea dell’Italia è non rassegnarsi, finché sarà possibile, e cercare di far prevalere la pace. Non ci crede neppure il ministro. Non ci crede nessuno e per questo l’ipotesi di un ritiro della missione è molto più concreta di quanto venga apertamente ammesso.
La premier ha scelto di non intervenire, delegando la gestione dell’intera crisi al ministro della Difesa. Si è limitata a contattare il comandante del settore ovest della missione Unifil, il generale Messina, per esprimere massima vicinanza e solidarietà dopo l’ “inammissibile” attacco israeliano. Meloni non ha chiamato il governo israeliano, anche per tenere di riserva la carta più pesante nel caso di fosse bisogno di una sorta di rilancio. Ma nella maggioranza si augurano che a farsi sentire sia la voce italiana più autorevole, quella di Sergio Mattarella.
Nella conferenza stampa Crosetto, che nel governo e in Fratelli d’Italia è una colomba, ha insistito sull’importanza, in momenti simili, di una comunicazione diretta tra la premier e la leader del Pd Schlein: “Su temi come questo la contrapposizione politica è insensata, fa solo male al Paese”. Ha ragione. Peccato che il clima politico italiano non lo permetta. Schlein, come Conte e tutti i leader dell’opposizione definisce grave e inaccettabile l’aggressione israeliana e chiede al ministro degli Esteri di riferire in Parlamento. Ma molti, a partire da Conte, usano i toni di chi intravede l’occasione per regolare i conti con un governo considerato troppo vicino a Israele.