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La strage del 3 ottobre 2013: 368 migranti annegati a pochi metri dal porto di Lampedusa
Quello del 3 ottobre è uno dei più grandi naufragi del Mediterraneo. Lo sgomento che si diffuse di fronte alla lunga fila di salme allineate in banchina attende ancora di convertirsi in solidarietà...
Cronaca - di Ammiraglio Vittorio Alessandro
La vecchia imbarcazione si fermò a poche centinaia di metri dal porto di Lampedusa nella notte del 3 ottobre 2013. Non sappiamo se il motore fu spento o se si trattò di un’avaria ma, certo, tra le 543 persone imbarcate – eritrei ed etiopi, molte donne e bambini, tutti reduci dalle gabbie libiche – cominciò a diffondersi la paura, anche per una via d’acqua che si era aperta a bordo. Nell’attesa, durata diverse ore, i migranti si videro passare accanto molte imbarcazioni.
Il naufragio causato dalle fiamme
Un peschereccio, in particolare, si avvicinò e rimase a lungo in prossimità del barcone, forse indeciso sul da farsi, per poi riprendere la navigazione verso il porto. Un processo ricostruì successivamente la vicenda dell’Aristeus (il peschereccio mazarese che si era accostato) e si concluse, in prima e seconda istanza, con la condanna del comandante e dell’equipaggio. In assenza di cellulari o di luci per segnalare la propria posizione, a bordo del barcone qualcuno ebbe l’idea di dar fuoco ad alcuni stracci impregnati di nafta. Le fiamme e il fumo provocarono, però, il panico sull’imbarcazione colma di gente, e lo sbandamento ne provocò il naufragio.
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Il tentativo di raggiungere a nuoto la costa
L’isola era così vicina che, chi sapeva nuotare, provò a dirigersi verso la costa. La maggior parte dei naufraghi rimase ad annaspare, gridando. “Erano circa le quattro. Sentimmo quelle voci e pensammo che fosse il verso dei gabbiani”, testimoniò poi in processo uno degli occupanti di una imbarcazione da diporto che, dopo aver trascorso la notte in una caletta non lontana, fu la prima ad accorrere. Quando i soccorritori arrivarono tra le centinaia di persone in acqua, dovettero scegliere – fino all’arrivo delle motovedette – tra chi salvare prima. I corpi, avvolti dalla nafta, scivolavano dalle loro braccia che si tendevano a sollevarli dal mare, mentre la barca da diporto si riempiva pericolosamente.
Gli annegati accertati furono 368. Molti di loro, nei giorni successivi al naufragio, furono ritrovati dai subacquei sul fondale di cinquanta metri, altri nelle cabine o sul ponte del barcone, come ad aspettare ancora qualcosa. Quello del 3 ottobre è uno dei più grandi naufragi del Mediterraneo. Lo sgomento che si diffuse di fronte alla lunga fila di salme allineate in banchina attende ancora di convertirsi in solidarietà e in civile azione delle istituzioni preposte al soccorso in mare.