Le manovre per viale Mazzini
Nomine Rai, CdA e presidenza “sovranista” a rischio: Meloni vuole Rossi-Agnes, il Pd l’Aventino e Conte mina il “campo largo”
Politica - di Carmine Di Niro
Per il primo CdA Rai pienamente sovranista, quello attuale è infatti un “residuo” dell’era Draghi a Palazzo Chigi, ormai ci siamo.
Salvo infatti ulteriori slittamenti, dopo quattro mesi di stallo e liti tra alleati di governo, la tv pubblica si appresta a varare la sua nuova governance, ovviamente compiacente al nuovo corso sovranista. Nella giornata di giovedì 26 settembre Camera e Senato voteranno per eleggere i quattro consiglieri di amministrazione di indicazione parlamentare, col CdA ormai scaduto da maggio scorso.
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Subito dopo, come da prassi, il ministero dell’Economia, in qualità di azionista di controllo, designerà l’amministratore delegato: nessun dubbio sulla scelta del turbomeloniano Giampaolo Rossi, che scambierà il posto di direttore generale con l’attuale AD Roberto Sergio.
Ben diversa la situazione per la presidenza, casella lasciata vuota (ora l’incarico è ricoperto come facente funzioni dall’AD Sergio) dopo le dimissioni di Marinella Soldi, volata a Londra con la nomina a consigliere non esecutivo del Commercial Board della BBC.
In pole da mesi c’è Simone Agnes, in quota Forza Italia, ma per la ratifica in commissione di Vigilanza Rai serve una maggioranza qualificata col quorum di due terzi: alla maggioranza mancano due voti che dovrebbero arrivare dall’opposizione, che col Partito Democratico potrebbe puntare ad un “Aventino” per protestare contro “l’occupazione militare” della tv di Stato della destra.
I Dem, con l’appoggio di Alleanza Verdi-Sinistra, non vogliono solamente disertare la riunione della Vigilanza, ma anche le aule parlamentari di giovedì: l’obiettivo è quello di ottenere un nuovo rinvio del voto e spingere il centrodestra a discutere e approvare una riforma complessiva della governance della tv pubblica che sia in linea con la direttiva europea sull’indipendenza dei media.
Il fronte delle opposizioni però rischia di spaccarsi. Il Movimento 5 Stelle, come già dimostrato in passato, sulla Rai tiene una linea diversa da quella del resto delle opposizioni, rompendo l’unità e il famoso “campo largo”.
L’obiettivo dei pentastellati appare chiaro: riconfermare nel CdA il loro consigliere uscente, Alessandro Di Majo, ma soprattutto ottenere alcune caselle di peso nel settore dell’informazione: a fare gola è il Tg3, notoriamente sotto l’influenza Dem. Se non dovesse riuscire il “colpo”, un ripiego sarebbe quello di spostare l’ex direttore contiano del Tg1, Giuseppe Carboni, da RaiParlamento a Rainews.
Quanto alla presidenza, dai 5 Stelle si assicura che non c’è alcuna tentazione di votare in favore di Agnes: anche per questo la premier Giorgia Meloni potrebbe decidere di spingere Forza Italia a mollare la presa sulla presidenza Rai e far convergere i voti del centrodestra su un nome di garanzia anche per le opposizioni, con i profili più chiacchierati che corrispondono a quelli di Giovanni Minoli e Antonio Di Bella.
Chi da questa lotta potrebbe uscire sicuramente vincitore è la Lega: il vicepremier Matteo Salvini ha scelto di indicare per il CdA direttore di Rai2 Antonio Marano, che risulterebbe così il consigliere in pectore più anziano. In questo modo, in attesa che la Vigilanza risolva la questione relativa a Simona Agnes, sarebbe proprio Marano a guidare il Consiglio.