I due saggi a confronto

Rinuncia, sacrifici e desiderio: i fedeli sul lettino di Freud

Forte di un approccio lacaniano, Recalcati ribalta la vulgata della rassegnazione, facendo di Cristo un esempio di volontà. E le istituzioni sacre finiscono alla sbarra in Crea-Mastrofini

Cultura - di Fabrizio Mastrofini

12 Settembre 2024 alle 19:30

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Rinuncia, sacrifici e desiderio: i fedeli sul lettino di Freud

Tre pericolosi eversivi si aggirano nel mondo cattolico. Vogliono smantellare duemila anni di teologia sulla ‘legge naturale’, rileggendo Bibbia e Vangeli con Lacan e la psicologia cognitiva. E già sulla collaborazione tra le due impostazioni teoriche, nell’oceano delle specializzazioni e delle interpretazioni bibliche, ci sarebbe molto da considerare. Ma veniamo ai due libri e ai tre autori, che si dilettano di Bibbia e Vangeli senza essere nessuno dei tre un teologo. Già questo dato basterebbe a tacciarli di dilettantismo colpevole da parte dei teologi e biblisti di professione.

Però il primo è Massimo Recalcati, psicoanalista lacaniano di tale fama che molto probabilmente non subirà nessun attacco da parte della teologia tradizionale e ufficiale. Anzi. Il suo ultimo libro, appena pubblicato, La Legge del Desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi, fa vedere, usando moltissimo i Vangeli e di meno la Bibbia, come entrambe – soprattutto i Vangeli – convergano con l’insegnamento di Lacan (e in parte di Freud, nonostante l’ateismo professato da quest’ultimo). Ma per capirlo occorre definire il termine “desiderio”, centrale in Lacan e qui usato come chiave per comprendere i testi fondanti e fondativi del cristianesimo. Il desiderio secondo Lacan non va confuso con l’arbitrio, la volubilità, l’assenza di una Legge. Il desiderio in Lacan, che Recalcati esemplifica e utilizza molto bene, non è il permesso di fare ognuno ciò che vuole, quando vuole e come gli pare.

Al contrario, in questa lettura psicanalitica, il “desiderio” è la potenzialità dell’individuo, la capacità di lavoro, di impresa, di slancio creativo, invenzione, capacità di amare, apertura, generazione. È resistenza all’omologazione e il lavoro psicanalitico è fare in modo che il soggetto acceda alla verità singolare, solo sua insomma, del suo desiderio e del suo godimento. È il lavoro di svincolare il desiderio, come potenzialità dell’individuo, dall’assoggettamento sociale della rincorsa a un godimento (oggetti, idoli, denaro, marchi da esibire) privo di soddisfazione. In questo senso, il “desiderio” ha bisogno della Legge, per superarla. Come scrive Recalcati (ad esempio p. 95), “è questo l’aut aut etico che la psicoanalisi eredita dal cristianesimo: hai agito seguendo la Legge del tuo desiderio o gli hai voltato le spalle? Hai fatto in modo di moltiplicare i tuoi talenti o li hai seppelliti per paura?”.

Critica radicalmente, Recalcati (p. 128 e 133), il “masochismo morale” che una teologia ci ha insegnato per millenni leggendo la morte in croce di Gesù come un esempio di vita a cui i cristiani devono tendere. Tutto al contrario, scrive: “la condizione della croce non coincide con la rinuncia al proprio desiderio, ma ai prestigi del proprio Io, alla sua immagine narcisistica. La rinuncia cui Gesù invita non concerne affatto il desiderio, quanto piuttosto l’Io come ostacolo al desiderio. Non si tratta, infatti, portando la croce, di sacrificare il proprio desiderio ma tutto il contrario. (…) Rompere il circolo vizioso della Legge per accedere ad una nuova Legge, non più dominata dalla morte ma dalla vita, non morale ma extra-morale, non repressiva ma generativa. (…) Qui troviamo ancora un punto di massima convergenza tra l’etica della psicoanalisi e quella cristiana: non contrapporre il desiderio al dovere ma fare del proprio desiderio un dovere”. Basta così, credo, a far cogliere i barlumi di una lettura che sradica completamente duemila anni di interpretazioni forzate, di etica del sacrificio a tutti i costi e via dicendo.

Se Recalcati svelle sul piano della interpretazione biblica, Giuseppe Crea da un lato e Fabrizio Mastrofini dall’altro (parlo di me, i lettori comprenderanno…) rinsaldano le basi per una ricognizione sui comportamenti concreti che si producono nelle “sante” istituzioni, utilizzando il cognitivismo il primo e il costruttivismo cognitivista il secondo autore. Nel libro in questione appena uscito (Fede Malata), le prospettive dei due autori si intersecano. Il primo analizza il funzionamento delle istituzioni attraverso esempi di vita quotidiana, mostrando in che modo nelle istituzioni si sedimentino comportamenti e modi di agire che ingabbiano letteralmente le persone. Ognuno certamente agisce bene – nessuno ha colpa – ma il risultato finale è disastroso in termini di progetti che non vengono realizzati, persone che si rifugiano nell’insoddisfazione e nel vivacchiare alla meno peggio. Eppure le istituzioni sono “sante”. Ma laddove l’idealizzazione non è accompagnata da un sano bagno nella realtà, si produce una distorsione schizofrenica messa bene in luce dagli approcci teorici di Manfred Kets de Vries quando parla di istituzioni nevrotiche. La novità è applicarlo alle “sante” istituzioni religiose! Ma tant’è, sono anch’esse fatte di persone toccabili, non intoccabili.

Infine il costruttivismo, assai poco frequentato oramai nella psicologia italiana, potrebbe rivelarsi molto interessante se applicato alla consapevolezza teorica e teoretica che la Chiesa ha di se stessa. Come ha scritto una volta Paul Watzlawick,la credenza che la realtà che uno vede sia l’unica realtà, è la più pericolosa delle illusioni”. Che accade se applichiamo tale principio alla descrizione che la teologia fa della realtà? Legge naturale, rivelazioni, dogmi, sono essenziali? Sono scritti nella Bibbia o sono interpretazioni di testi che vanno contestualizzati? E se poi entriamo nel concreto dei rapporti di lavoro – molto meno rari di quello che sembra – quando mettiamo insieme laici, laiche, sacerdoti, suore, vescovi e cardinali, fino al Papa, che può accadere?

La concretezza della realtà e di un approccio teorico si rivela tra tre autori che più diversi non potrebbero essere e tuttavia, guarda caso, convergono nel fornire un prezioso punto di vista esterno – e teorico – che potrebbe aiutare a rinnovare la consapevolezza ecclesiale, soprattutto in questo periodo, visto che la nuova sessione del Sinodo comincia fra pochi giorni. I lettori consentiranno una facile previsione? Cosa accadrà ai tre autori e ai loro libri? Il primo, il celebre psicanalista lacaniano, verrà molto celebrato e invitato a parlare, con gran dispendio di altolocati teologi. Ma verrà pochissimo letto o preso su serio (naturalmente speriamo di no!). Gli altri due verranno semplicemente ignorati, perché troppo “pericolosi” soprattutto quando inchiodano i comportamenti concreti alle radici psicologicamente viziate delle persone che li attuano e si credono mature.

Massimo Recalcati, La Legge del Desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 2024, pp. 472, 22 euro.
Giuseppe Crea – Fabrizio Mastrofini, Fede Malata, Alpes, Roma, 2024, pp. 116, 14 euro.

12 Settembre 2024

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