La rivolta
Sciopero generale in Israele, Paese in rivolta contro Netanyahu per gli ostaggi: tribunale ordina stop anticipato
Esteri - di Redazione
Un Paese che si ferma per protestare contro il suo leader. Dalle 6 di lunedì mattina, le cinque in Italia, in Israele è in corso uno sciopero generale: la protesta segue le manifestazioni già avvenute domenica sera contro il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu per la sua gestione delle trattative con Hamas.
A far esplodere in modo definitivo la rabbia degli israeliani l’uccisione di sei ostaggi israeliani: i loro familiari e il Paese puntano il dito contro Netanyahu, il suo oltranzismo nel continuare il conflitto, di fatto la sua unica assicurazione per rimanere al potere.
Lo sciopero generale in Israele
È così che da questa mattina il principale sindacato israeliano, l’Histadrut, ha dato il via alla protesta, a cui hanno aderito anche altre confederazioni. Israele è chiuso al mondo, con l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv da cui non parte e non arriva alcun aereo, ma anche ristoranti e uffici comunali hanno le serrande chiuse. “Siamo arrivati alla conclusione che solo il nostro intervento può smuovere chi deve essere smosso. L’accordo non fa progressi per motivi politici, e questo è inaccettabile”, ha detto Arnon Bar-David, il segretario del sindacato. L’Histadrut non convocava uno sciopero generale dal marzo 2023, quando Netanyahu provò invano a cacciare dal governo il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Durissima la reazione del governo e della sua ala più estrema. Netanyahu e il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich hanno presentato una richiesta al tribunale per ottenere una sentenza contro lo sciopero in corso. Nella petizione si chiede al tribunale di dichiarare che lo sciopero “annunciato dal presidente dell’Histadrut, riguardante tutti i dipendenti dello Stato, non è uno sciopero per una controversia collettiva di lavoro, ed è, pertanto, uno sciopero politico”.
Inoltre Smotrich ha anche affermato che i lavoratori che hanno aderito alla protesta non saranno pagati, precisando di aver ordinato al Tesoro di non pagare nessuno che aderisca allo sciopero generale indetto dall’Histadrut. Secondo il ministro e leader del Partito Sionista Religioso, assieme al ministro Ben-Gvir uomo forte dell’estrema destra religiosa, “il presidente dell’Histadrut, invece di scegliere di sostenere lo Stato di Israele in questi tempi difficili contribuendo a rafforzare l’economia israeliana, sostenere le imprese e sostenere i riservisti, stia effettivamente realizzando il sogno di Sinwar. Invece di rappresentare i lavoratori israeliani, sceglie di rappresentare gli interessi di Hamas”.
Lo sciopero stoppato dal tribunale
Ricorso in tribunale accolto dal presidente del tribunale del lavoro, come auspicato dal governo. Come riferisce Ynet, lo stop è arrivato alle 14:30 “dopo avere ascoltato le posizioni delle parti”.
Il tribunale si è schierato con il governo di Benjamin Netanyahu, affermando che lo sciopero è stato motivato politicamente: “Lo sciopero è politico, non c’è alcun collegamento tra l’uccisione degli ostaggi e l’economia”, ha scritto il giudice. E quindi ha deciso di imporne lo stop 3 ore e mezza prima del previsto.
Dal sindacato Histadrut la decisione è stata accolta senza polemiche. Il segretario Arnon Bar-David ha sottolineato che tutti “vivono Viviamo in un Paese di diritto e rispettiamo la decisione della corte, quindi ordino a tutti di tornare al lavoro alle 14:30”, fermando così lo sciopero generale in corso. “È importante sottolineare che lo sciopero è stata una mossa importante e io ne sono favorevole”, ha aggiunto Bar-David, “prometto alle famiglie dei rapiti che l’Histadrut continuerà a svolgere un ruolo guida e centrale negli sforzi per riportare a casa i nostri figli e le nostre figlie”.
La scelta di interrompere prima lo sciopero è una vittoria per Netanyahu, nonostante un Paese ormai lacerato al suo interno e in guerra da 10 mesi. Per il primo ministro la protesta indetta da Histadrut “è una vergogna, state dicendo a Sinwar: avete ucciso sei persone, qui noi vi sosteniamo“, sono state le parole durissime del leader israeliano durante la riunione di governo tenuta oggi.
Parole che hanno fatto infiammare lo scontro col sindacato. Replicando al premier, Histadrut ha sottolineato come le accuse di Netanyahu “sono un’ulteriore prova del suo distacco”. “L’affermazione secondo cui l’appello per il ritorno dei rapiti che muoiono a Gaza aiuterebbe Sinwar, contribuisce a far dimenticare all’opinione pubblica israeliana chi è stato colui che ha trasferito miliardi di dollari in valigie ad Hamas“, ha aggiunto Histadrut, secondo cui “il primo ministro, sotto la cui sorveglianza si è verificato il più grande disastro per il popolo ebraico dopo l’Olocausto, dovrebbe investire i suoi sforzi nel riportare in vita i nostri figli e le nostre figlie e non in sacchi neri”.
Hamas: “Civili ancora vivi se Israele avesse accettato accordo”
A buttare benzina sul fuoco è poi Hamas, il gruppo radicale che controlla la Striscia di Gaza e che ha ucciso i sei ostaggi prima che potessero essere liberati da un blitz militare: secondo l’organizzazione terroristica i sei ostaggi israeliani ritrovati morti nel sud della Striscia di Gaza sarebbero ancora vivi se Israele avesse accettato un accordo di cessate il fuoco.
Khalil al-Hayya, vicepresidente dell’Ufficio politico del movimento, ha spiegato in una intervista all’emittente araba Al Jazeera che Hamas ha mostrato flessibilità nei negoziati, anche riducendo il numero di prigionieri palestinesi di cui chiedeva il rilascio e accettando la proposta presentata dal presidente americano Joe Biden e sostenuta dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma il premier israeliano Netanyahu ha risposto a questa diponibilità con evasione e nuove condizioni, tra cui l’insistenza sul mantenimento dei soldati nei corridoi di Netzarim e Filadelfia.
Negoziati ancora in corso
In questa situazione che appare di stallo totale, continuano incessanti i tentativi di arrivare ad una risoluzione tra le parti. Gli Stati Uniti stanno continuando a discutere con Egitto e Qatar di un possibile accordo su Gaza “da prendere o lasciare” per Israele e Hamas.
Secondo un alto dirigente dell’amministrazione Biden, citato dal Washington Post, un eventuale rifiuto potrebbe segnare la fine dei negoziati guidati dagli americani. “Non si può continuare a negoziare. Questo processo deve essere interrotto a un certo punto”, ha affermato la fonte, secondo la quale il ritrovamento dei corpi di sei ostaggi uccisi non fa deragliare l’accordo ma casomai “dovrebbe aggiungere ulteriore urgenza in questa fase di chiusura, in cui eravamo già”.