La rubrica Sottosopra
La guerra preventiva di Israele e Usa: Bibi a lezione da Bush
Gli Usa, nei fatti, si sono comportati per decenni secondo i criteri della guerra preventiva. Simmetricamente: serve in modo perfetto a Israele per motivare l’aggressione preventiva contro i suoi nemici e, a questi, per giustificare, a loro volta, i propri attacchi preventivi.
Editoriali - di Mario Capanna
La guerra non restaura diritti, ridefinisce poteri.
(H. Arendt)
Il recente bombardamento “preventivo” di Israele contro Hezbollah in Libano non è stato altro che un’applicazione pratica della “dottrina della guerra preventiva” teorizzata dal presidente statunitense George W. Bush.
Il documento, da lui presentato al Congresso nel settembre 2002, era di estrema chiarezza. Ecco i punti salienti:
a) “il presidente non intende minimamente consentire ad alcuna potenza straniera di colmare l’enorme divario apertosi negli armamenti”;
b) l’America “manterrà forze sufficienti per impedire a potenziali avversari di riarmarsi nella speranza di superare o eguagliare la potenza americana”;
c) “non possiamo permettere che il nemico ci colpisca per primo. Sventeremo le minacce emergenti prima che si concretizzino”;
d) l’America “eserciterà il diritto di autodifesa e convincerà o costringerà altri Stati ad assolvere alle loro responsabilità”;
e) la Corte penale internazionale “mai giudicherà un cittadino americano”;
f) “c’è un solo modello sostenibile: la libertà, la democrazia e l’impresa, valori che devono essere protetti ovunque”;
g) l’America farà tutto questo “per il bene delle società libere, non per avvantaggiarsene unilateralmente”.
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Inequivocabile. Gli Stati Uniti faranno ciò che vogliono, nessuno si permetta non solo di superarli, ma nemmeno di eguagliarli in potenza, chi ci prova sarà spazzato via; poiché i valori occidentali sono gli unici ammessi, l’America li difenderà attaccando per prima e lo farà per… puro altruismo, “per il bene delle società libere, non per avvantaggiarsene unilateralmente”… La dottrina serviva in primo luogo per giustificare la guerra contro l’Afghanistan e l’Iraq. Gli Usa, nei fatti, si sono comportati per decenni secondo i criteri della guerra preventiva (l’aggressione al Vietnam fu emblematica), ma nessuno, fino ad allora, aveva avuto la spudoratezza di proclamarli con una aggressività così prepotente e definitiva. Dottrina pericolosissima, per la sua intrinseca reversibilità. Vale a dire: serve egregiamente a giustificare l’espansione a Est della Nato contro la Russia e, contemporaneamente, la reazione della Russia che invade l’Ucraina per contenere quel tentativo. Simmetricamente: serve in modo perfetto a Israele per motivare l’aggressione preventiva contro i suoi nemici e, a questi, per giustificare, a loro volta, i propri attacchi preventivi.
Il punto saliente della dottrina della guerra preventiva (“sventare le minacce emergenti prima che si concretizzino”) si basa su un soggettivismo illimitato, quanto arbitrario. Ed è qui che si annida il rischio estremo. Chi valuta l’entità della minaccia? Chi misura l’intensità della sua percezione? Con quali criteri si decide di aggredire militarmente per porre fine alla minaccia? E chi calcola che “distruggere” la minaccia non crei le condizioni per un’altra minaccia, addirittura peggiore? Al riguardo, l’esempio dell’Iraq è paradigmatico: eliminato Saddam Hussein (con una guerra basata sulla colossale bugia delle armi di distruzione di massa, che tutti sapevano essere inesistenti) l’Iraq divenne l’epicentro del terrorismo internazionale, prima del tutto assente in quel Paese. Lo stesso vale per l’attuale marasma in Libia, dopo la liquidazione di Gheddafi. La dottrina della guerra preventiva è il risultato dell’insaziabile appetito di dominio dell’Occidente: mentre è in corso la guerra della Nato – per interposti morti ucraini – contro la Russia, già si sta pianificando quella contro la Cina, in una spirale che, se non venisse fermata, metterebbe seriamente a repentaglio il futuro del mondo.
Nel frattempo, non pago per la carneficina di Gaza, Israele ha iniziato la guerra preventiva in Cisgiordania, assediando e bombardando i campi profughi palestinesi. Motivazione ufficiale: combattere il terrorismo. Motivazione reale: imporre ai palestinesi, dopo quella del 1948, una seconda Nakba, un altro esodo forzato e la negazione definitiva della creazione dello Stato palestinese. Il ministro degli Esteri Israel Katz è stato chiaro in proposito: ha evocato per la Cisgiordania misure repressive simili a quelle utilizzate a Gaza! Follia estrema. Bisogna fermare, con assoluta urgenza, gli… incendiari preventivi… L’Onu sembra capire che l’attacco in Cisgiordania viola il diritto internazionale. Vero, alla buon’ora! Vedremo se al Palazzo di Vetro verrà deciso qualcosa di efficace per indurre Israele (e i suoi protettori) a desistere da questa prepotenza vergognosa. In gioco c’è il futuro dei palestinesi, di Israele, della pace in Medioriente e nel mondo.
Anziché provocare montagne di cadaveri, è così inarrivabile l’idea di vivere in pace fra diversi?