Il caso dei Giochi di Parigi
Imane Khelif è oro nel pugilato: una medaglia che è anche del governo Meloni, segnatela nel medagliere italiano
Decisione unanime contro la cinese Lin Yan alla fine di un cammino tormentatissimo. Un caso esploso, alimentato, cavalcato dalla politica. Allo sport internazionale toccherà risolvere gli interrogativi lasciati in sospeso per non giocare in futuro sulla pelle delle persone
News - di Antonio Lamorte
Prendere una questione ancora poco chiara, dai contorni opachi, già al centro di controversie politiche durissime nello specifico abito sportivo, farne una bandiera, farne propaganda e spot contro lo stramaledetto woke o la fluidità o le femministe o la galassia LGBTQIA+. Tutto fa brodo. Imane Khelif deve la sua notorietà internazionale soprattutto agli esponenti del governo Meloni che non hanno perso mezzo secondo a chiamarla trans, nata uomo, uomo. Ne hanno fatto una questione politica, di livello internazionale, senza alcuna prova. L’hanno fatta entrare nella storia delle Olimpiadi.
Imane Khelif ieri si è aggiudicata l’oro nella categoria dei 66 chili del torneo di pugilato femminile dei Giochi in corso a Parigi. Lo ha fatto in un Philippe Chatrier, il centrale del tempio del tennis, al Roland Garros, stracolmo. 20mila tifosi, la maggior parte dei tifosi sventolavano la bandiera dell’Algeria, dove ormai la boxeur è diventata un’eroina nazionale. Lo ha fatto per decisione unanime contro la cinese Liu Yan, che alla fine le ha alzato il braccio al centro del ring. Segnate questa medaglia d’oro nel medagliere italiano.
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Il cammino tormentato di Khelif verso l’oro
Era proprio lei che doveva incontrare nel marzo 2023 ai mondiali a Nuova Delhi per la finale dei pesi welter, prima che arrivasse il foglio di via da parte dell’International Boxing Association. Di quel test non sono mai stati resi noti i referti. Fu esclusa in virtù dell’articolo 4.2.1 che detta “il potere assoluto dell’Iba di escludere o meno un atleta dalle gare”. È però sicuro che si tratta di test diversi da quelli del CIO, che con le federazioni sportive ha abbandonato i test genetici sulla determinazione del sesso da 24 anni.
A combattere in quella finale ci andò la tailandese Suwannapheng – battuta da Khelif in semifinale ai Giochi – , tailandese come il vice del presidente federale russo Umar Kremlev, Chunhavajira. Kremlev che a parlato di Giochi “della sodomia”, che ha tuonato contro una cerimonia di apertura di “depravati”. Imane Khelif ha vinto l’oro in un cammino tormentato come pochi altri, soprattutto dopo l’abbandono delle pugile italiana Angela Carini, dopo una manciata di secondi perché “mi ha fatto malissimo” con un paio di cazzotti.
Gli effetti del governo Meloni sul caso Khelif
Non possiamo misurare e forse non sapremo mai quanto l’attenzione mediatica sul caso abbia influito sull’abbandono di Carini. Non sapremo mai quanto la politicizzazione da parte della destra abbia portato al clima di sfiducia e sospetto che ha anticipato quel match. Non potremo quantificare le motivazioni che la pugile algerina potrebbe aver tratto dall’accerchiamento subito. Certo è che Khelif era stata portabandiera ai Giochi del Mediterraneo a Orano nel 2022, aveva partecipato alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021 e ad altri tornei. Non si era mai rivelata imbattibile, al contrario. Non si era mai saliti sulle barricate.
Khelif si è allenata e preparata spesso e volentieri a Santa Maria degli Angeli, Assisi, dove si trova il Centro Federale della Nazione di Pugilato azzurra. E in questi casi lo sparring viene prediletto con pugili di pari peso o simili. Non era mai emerso il problema, così come il caso di Lin Yu Ting, pugile taiwanese anche lei espulsa dall’IBA ai Mondiali indiani del 2023 e ammessa a Parigi, ha ricevuto un’attenzione mediatica infinitamente inferiore.
Il caso Khelif, un caso aperto
Delle due pugili si parlava su media e social dedicati al pugilato prima delle Olimpiadi e dell’incontro con Carini. Ma lo scandalo è esploso dopo il sorteggio con Carini. A Khelif hanno dato della trans, della nata uomo, dell’intersessuale, di sindrome di Morris, di cromosomi XY – anche se la determinazione cromosomica del sesso non corrisponde al sesso fenotipico. Un assedio con pochi precedenti fino all’oro e presumibilmente anche oltre l’oro.
Senza improvvisarci esperti di endocrinologia, senza millantare la lettura di carte che nessuno ha ritrovato, si può dire però che fino a prova contraria Khelif è nata femmina, che non potrebbe mai combattere con un uomo di pari livello, e che le organizzazioni dovrebbero dare regole certe per non alimentare dubbi e campagne sulla pelle delle persone. Per tutelare sia l’incolumità che i diritti di tutti. Caster Semenya, campionessa sudafricana il cui caso era fino a qualche settimana fa il più emblematico nell’ambito, si è candidata a dirigere la federazione di atletica, la World Athletics. Il caso è aperto, intanto nessuno tocchi l’oro di Khelif.