L'atleta sudafricana
Olimpiadi e questione gender: il caso di Caster Semenya, la due ori ai Giochi accusata di essere un uomo
Prima del caso Imane Khelif, quello di Caster Semenya. L'atleta sudafricana colpita dalla nuova norma della Federazione di Atletica per abbassare i suoi livelli di testosterone. Oggi gioca a calcio in serie A
Salute - di Redazione Web
A fare tutto questo rumore, prima di Imane Khelif, era stata Caster Semenya. Due volte oro alle Olimpiadi, tre volte ai Mondiali. Quello della mezzofondista e velocista sudafricana è stato uno dei casi più discussi di sempre a livello sportivo per quello che riguarda intersessualità e iperandrogenismo. È la diversità biologica che in questi giorni è stata ipotizzata per Khelif, pugile algerina che ha sfidato l’italiana Angela Carini, ritiratasi dopo pochi secondi di incontro, una decisione che ha ingrandito oltremodo un caso andato molto oltre le 16 corde e cavalcato da giornali e politica.
Anche la pugile taiwanese Lin Yu-ting era stata esclusa dai Mondiali del 2023 dall’International Boxing Association (IBA) come Khelif. Per entrambi si ipotizza una condizione di intersessualità, a livello scientifico oggi si parla di “Differenze dello Sviluppo del Sesso” (DSD) e “Variazioni delle Caratteristiche del Sesso” (VSC), che implica variazioni per quanto riguarda caratteristiche primarie o secondarie dell’altro sesso che possono interessare i genitali, i cromosomi, gli ormoni, le gonadi, alcuni marker genetici, i tratti somatici.
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Chi è Caster Semenya
Semenya fu accusata di essere un uomo. Dopo i Mondiali a Berlino, in cui vinse nella gara degli 800 metri stabilendo il nuovo record nazionale sudafricano e la miglior prestazione mondiale stagionale, venne sollevato il caso: aveva vinto con un vantaggio troppo netto. Anche in quel caso fu messo in discussione che Semenya fosse una donna. Si sottopose dopo la vittoria ai Mondiali a un test di genere su richiesta della IAAF (ex nome della World Athletics, la Federazione Mondiale di Atletica) per poter essere ammessa alle competizioni dell’anno successivo. I risultati non vennero resi noti, per tutelare la privacy dell’atleta, ma Semenya venne riammessa alle gare con effetto immediato.
La sua condizione era quella dell’iperandrogenismo: quando il corpo di una donna produce naturalmente alti livelli di ormoni maschili. La stessa condizione ipotizzata per Khelif. Sugli effettivi vantaggi che questa variazione possa implicare non c’è unità di vedute a livello scientifico, il fatto che nel caso dell’atleta algerina si trattasse di uno sport da combattimento ha ingrandito la questione. Semenya fu scelta come portabandiera del Sudafrica alla cerimonia di apertura dei Giochi della XXX Olimpiade di Londra, nel 2018 divenne la prima donna a fissare un primato personale inferiore ai 50 secondi nei 400 metri piani, un altro inferiore ai 2 minuti negli 800 metri piani e inferiore ai 4 minuti nei 1500 metri piani.
Il caso legale di Semenya con la Federazione di atletica
La WA introdusse nuove regole sull’iperandrogenismo e a Semenya venne impedito di partecipare a tutte le specialità cui partecipava, senza abbassare il suo tasso di testosterone. La Federazione Internazionale di Atletica aveva introdotto una nuova norma secondo alla quale le atlete che superano il limite di 5 nanomoli di testosterone per litro di sangue devono ridurre il valore del proprio testosterone con specifici trattamenti farmacologici per poter gareggiare nelle specialità dai 400 metri al miglio negli eventi internazionali. “So di essere diversa – dichiarò l’atleta – Non mi interessano i termini medici e quello che mi dicono. Essere nata senza utero o con testicoli interni. Non sono meno una donna”.
L’atleta presentò ricorso nel 2019. Il Tribunale Arbitrale Internazionale dello Sport di Losanna (TAS) lo respinse. La Corte Suprema Svizzera sospese temporaneamente la sentenza. La decisione del TAS, che riconosceva le norme della IAAF come discriminatorie ma “necessarie” per tutelare la competitività delle gare, venne comunque confermata dalla Corte l’anno successivo. Semenya a quel punto si rivolse alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU): quattro dei sette giudici hanno stabilito che l’atleta è stata discriminata per le regole sull’abbassamento dei livelli di testosterone nel sangue. Una sentenza che non è definita e che può essere soggetta a un ulteriore grado di giudizio in caso di richiesta.
In un comunicato la World Athletics replicò: “Prendiamo atto della sentenza e continuiamo a ritenere che i regolamenti esistenti siano un mezzo necessario, ragionevole e proporzionato per proteggere la concorrenza leale nella categoria femminile, come hanno rilevato precedentemente il TAS e il Tribunale federale svizzero dopo una valutazione dettagliata ed esperta delle prove”. Semenya rifiutò di sottoporsi ai trattamenti ormonali per abbassare i suoi livelli di testosterone e competere. Dal 2019, a 28 anni, è stata ingaggiata dalla JVW F. C., squadra di calcio femminile con sede a Bedfordview, nei sobborghi di Johannesburg, che milita nella SAFA Sasol Women’s League, la Serie A femminile sudafricana.