Il colpo a sorpresa
Attentato a Haniyeh: è stato Biden a consegnare all’Iran le spie del Mossad, i 22 accusati dell’operazione
L’America ha consegnato a Teheran la lista di 22 iraniani individuati come spie del Mossad: sarebbero stati loro a compiere con una bomba l’esecuzione di Haniyeh
Esteri - di Marco Mancini
I ventidue disgraziati iraniani, individuati come spie dei sionisti, sono stati tradotti nel famigerato carcere di Evin, a Teheran, dove – come ha testimoniato l’italiana Alessia Piperno, lì detenuta per 45 giorni nel 2022 – “si è trattati come bestie, e ci si dimentica di essere degli umani”. Sarebbero stati loro a predisporre e a portare a compimento con una bomba l’esecuzione del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, decretata da Israele. L’arresto dei ventidue non è stato un successo sia pur tardivo del controspionaggio di Teheran, non è l’esito di un’indagine condotta dagli apparati di sicurezza degli ayatollah. Tutto molto più semplice.
La lista con i nomi è stata loro consegnata dalla Cia, autorizzata dal presidente Joe Biden: i ventidue sono fonti- umane operative sul campo, che l’agenzia americana di intelligence aveva reclutato e condiviso con il Mossad. Tra le fonti arrestate ci sono cinque militari appartenenti alle Guardie della rivoluzione islamica –Pasdaran– ritenuti di assoluta fiducia per il regime, al punto da essere nella condizione di attingere notizie di sensibilità estrema e perfino di poter fisicamente accedere all’appartamento arci-sicuro dove il 31 luglio, dopo la cerimonia di insediamento del presidente eletto Masoud Pezeshkian, Haniyeh e la sua scorta si erano recati per riposare. Non si è trattato, come riferito dalla stampa ufficiale locale, di un razzo partito da fuori dei confini di Stato, indirizzato con precisione chirurgica ed elettronica, su un edificio individuato stando sulle tracce di un telefono cellulare, ma di una mossa di humint, “intelligence operativa umana”, condotta penetrando il nemico nel suo nido d’aquila, laddove si credeva sicuro, mandando a segno “risorse locali” reclutate insospettabilmente anni fa.
Biden ha informato della sua decisione Bibi Netanyahu, il quale – a differenza del Mossad – si è detto in disaccordo con la decisione. La Casa Bianca ha agito in questo modo nel tentativo di “rallentare” e “attenuare” la sicura risposta iraniana alla “neutralizzazione” di Haniyeh che era ospite della guida suprema. E per dare una sorta di premio a Hamas dopo aver ottenuto (vedi l’Unità di martedì 23 luglio) il riscatto del commando di truppe speciali Usa catturato dai miliziani palestinesi nel corso di una fallita operazione per esfiltrare ostaggi israeliani reclusi a Gaza dal 7 ottobre. Biden ha voluto mostrare di essere indispensabile nel gioco della deep diplomacy sia nei rapporti con Putin sia nello scacchiere mediorientale. Non c’è bisogno di un Donald Trump per far essere gli Usa “First”: sono più bravo io, questo il messaggio.
Si tratta di mosse intese a indicare la sua piena leadership e insieme risultare fondamentale nella elezione di Kamala Harris, riprendendosi un posto di rilievo del gotha democratico. Intanto il Dipartimento di Stato ha dato disposizione ai 25mila cittadini americani residenti in Libano di rientrare in patria, con precedenza ai diplomatici e alle loro famiglie. I gate ad essi dedicati già ieri mattina traboccavano di partenti. Di certo fa e farà discutere all’interno delle agenzie americane e israeliane di intelligence – ma anche fuori di esse quando verrà letta sull’Unità – la decisione di consegnare le proprie fonti al nemico. È un comportamento che contraddice qualsiasi regola del gioco, anche di quelle non precisamente da terziari francescani praticate da Cia e Mossad, e in generale nel mondo detto degli 007.