Accoglienza o barbarie?
Cutro e gli alibi del governo Meloni: fu una strage politica
Gli uomini della Guardia costiera e della Finanza sono i capri espiatori dietro cui si nascondono Salvini e Piantedosi, coloro che hanno trasformato l’omissione di soccorso in una tecnica di respingimento
Politica - di Luca Casarini
La strage di Cutro è una cosa orribile. 35 bambini che affogano, terrorizzati, sono una condanna inimmaginabile per chi sa di aver provocato quella sofferenza, quel dolore. Siamo in tempi nei quali i carnefici si fanno i selfie con in mano i corpi straziati dei piccoli innocenti usati come bersagli, come a Gaza. E veniamo da una storia millenaria di delitti come questi: ogni tanto affiorano, come le cronache degli eccidi dei nazisti e dei fascisti durante la ritirata nel ‘45 del secolo scorso. “Una bambina di cinque anni fu sventrata, mentre gli altri, nazisti e fascisti italiani mascherati, ammazzavano donne e anziani, seviziandoli a morte. (Forlì, 1945). Ma c’è da stare sicuri che ognuno di coloro che sa di aver compiuto questi crimini orrendi, sa di essere il responsabile di tanto male, non se la passerà bene, nemmeno se la giustizia degli uomini, che sono uomini come i peggiori criminali ed assassini, gliela farà passare liscia. Nessuno, ateo o credente che sia, può ragionevolmente pensare che dentro la mente di un uomo che sa di essere stato la causa dell’orrore, non si faccia strada un tarlo, micidiale, giorno dopo giorno, che gli mangerà il cervello, letteralmente.
Per coloro che sanno, al di là se si tratti dei 6 indagati o meno, di aver causato la strage dei bambini lasciandoli letteralmente affogare, c’è solo da provare pietà. La loro condanna sarà terribile, e non per mano di un tribunale. Uno si guarda allo specchio, prima di farsi la barba la mattina, e che cosa vede? Un bambino che affoga, che protende le mani per cercare un aiuto che non avrà mai. Uno si scatta quel selfie, con un corpo svuotato della vita come trofeo, e che cosa si vede dalla foto? La sua faccia sorridente e tronfia si trasfigura in una maschera ghignante, emblema non della potenza o della forza, ma dell’essere che è perduto, per sempre. Ma come fanno, coloro che sanno cosa hanno fatto, e cosa hanno omesso di fare a Cutro, a continuare tranquillamente a vivere?
Quelli usati come capro espiatorio, gli indagati, se saranno rinviati a giudizio per quei reati, spenderanno forze ed energie per cercare di salvarsi da quelle accuse infamanti. Questo occuperà tutto il loro tempo, e le strategie difensive, le migliaia di pagine del fascicolo da studiare parola per parola, le virgole, i sottintesi, gli equivoci ai quali aggrapparsi per dimostrare che no, che loro non c’entrano, diventeranno l’unica medicina per provare a fermare il veleno che piano piano ha già cominciato a scorrere nelle loro vene, dopo quella maledetta notte. Proveranno ad autoconvincersi che tutto il possibile è stato fatto, e che è il destino, il caso, una imprevedibile disgrazia che hanno preso il sopravvento. Ma quando una disgrazia accade e si ripete all’infinito, non è più destino, non è più disgrazia. L’omissione di soccorso è diventata una tecnica di respingimento nei confronti dei migranti che provano ad attraversare il mare. Nessuno mai lo ammetterà, se non davanti a se stesso, la sera quando chiunque chiude gli occhi pensando che potrebbe essere l’ultima volta.
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’omissione di soccorso applicata alle politiche sulla migrazione, è una tecnica “inerziale”, cioè non deve mai derivare da un ordine diretto ed esplicito. È anche una procedura che si trasmette nella catena di comando, attraverso la creazione di un “contesto”, di “fattori ambientali” che esercitano una “educazione” all’applicare quella forma indicibile di respingimento, una prassi, una abitudine. Il “modus operandi” del soccorso in mare, così ben scandito nei manuali Iamsar adottati da tutte le guardie costiere del mondo, si riferisce, in generale, o ogni intervento, a tutti gli interventi. Non parlano di “migranti clandestini” i manuali del soccorso, ne parlano invece le circolari, le direttive, le linee guida alle operazioni congiunte di sicurezza della navigazione e di law enforcement per “la difesa dei confini”. Sono queste declinazioni della legge generale, del manuale, scritte considerando “il contesto”, che costituiscono l’humus dove far crescere la tecnica del respingimento in mare attraverso l’omissione di soccorso. Quella che i giudici di Crotone classificano come “imperizia” o “negligenza”, da attribuire quindi alla responsabilità del singolo, e dunque dell’ultimo della catena di comando, operativo in quei frangenti nei quali accade il disastro, in realtà non lo è. Vi è certamente lo spazio del libero arbitrio per chiunque abbia la possibilità, anche l’ultimo dei marinai, di incidere sulla decisione di eseguire un’ordine, o di non eseguire un imperativo obbligo, quello di provare a salvare piuttosto che rischiare di far morire. Ma certamente i capri espiatori, e la valutazione del loro libero arbitrio, non possono essere gli unici sul banco degli imputati. Il capo supremo delle operazioni in mare è il ministro, poi viene l’ammiraglio e poi giù, fino agli uomini e le donne in servizio sulle motovedette. Se dopo anni di stragi, ognuna diversa nella dinamica ma assolutamente simile per l’uso criminogeno di direttive e circolari che spingono verso l’omissione di soccorso, vietata dalla legge e dalla costituzione, nessun politico, nessun ministro, nessun ammiraglio è stato mai inquisito, deve esserci un problema.
Le immediate dichiarazioni di solidarietà di Salvini e Piantedosi “ai loro uomini”, potrebbero essere ascritte ad un antico, e saggio, detto popolare: “la prima gallina che canta ha fatto l’uovo”. Per applicare le tecniche illegali di respingimento degli esseri umani, il sistema ha bisogno di capri espiatori. In realtà per ogni azione di tipo illegale, si sono sempre individuati e costruiti, anche attraverso il concetto di “sacrificabile per il bene dello Stato”. Servitori dello stato appunto, si sono macchiati tante volte nel corso della storia della Repubblica, di crimini efferati, e non sempre, ma molto spesso, sono stati educati proprio al commettere questi crimini “in nome del bene supremo, lo Stato, la tenuta del sistema etc.”. Piazza Fontana, il caso Moro, Falcone e Borsellino, le torture ai prigionieri degli anni 70… quanti esempi abbiamo? Ma qui, a questi capri espiatori, cosa insegnano? Che non far arrivare vivi 35 bambini che hanno bisogno di aiuto in mare, corrisponde ad un servizio necessario alla tenuta democratica dello Stato? L’omissione di soccorso non può esercitarsi, su larga scala, attraverso una singola azione di qualche agente sotto copertura, o al quale è stato fatto il lavaggio del cervello. Considerare come “fatto di polizia” il controllo su una imbarcazione in difficoltà, stracarica di donne, uomini e bambini, e per questo non attivare la macchina dei soccorsi ma solo quella della cattura e identificazione a terra, non è frutto della decisione di uno o di tutti gli unici indagati. Per giungere a questo non occorre essere un’investigatore, basta leggere i giornali e ascoltare i discorsi dei politici che comandano questi militari. Respingere significa finanziare in Libia le milizie.
n Tunisia finanziare un autocrate, e la sua prossima campagna elettorale senza competitor perché li ha fatti arrestare tutti. Da questi “contesti” dipendono i lager, le torture, le deportazioni nel deserto. Se finissero mai alla sbarra accusati di crimini contro l’umanità come i loro complici libici e tunisini, i politici italiani, i ministri, i capi dei governi, si difenderebbero dicendo “mai violata la legge”, “mai autorizzato l’uso improprio di soldi e mezzi”, “mai saputo”. Come farebbero se gli alti in grado della Guardia Costiera italiana, cominciassero a testimoniare sulle pressioni per far diminuire il numero dei soccorsi in mare nel caso di migranti, per delegare alle milizie libiche e tunisine le operazioni in zone Sar che sono pura invenzione, fuori da qualsiasi criterio previsto dalle Convenzioni Internazionali. Ma l’unica strada è questa, non la disobbedienza agli ordini, perché di ordini scritti non ne troveremo mai, ma all’educazione ricevuta dai capi, in nome e per conto di una “difesa dei confini” che vale solo per i più poveri della terra, per gli scarti, per quelli che si possono far morire. Come è giusto che sia gli indagati di Cutro vanno considerati innocenti, e devono avere la possibilità di difendersi in tribunale. Ma di sicuro, anche se fossero dichiarati colpevoli, non sarebbe giusto che fossero gli unici a pagare. Chi sta più in alto di loro ha più responsabilità di loro. Poi rimane, per chiunque abbia sulla coscienza quei bambini affogati che si potevano salvare, un’altra condanna, terribile, con la quale fare i conti tutti i giorni, finché vivi. C’è da avere pietà per un supplizio così pesante.