Separazione delle carriere
C’era una volta il Manifesto di Rossana Rossanda
Editoriali - di Frank Cimini
C’era una volta Rossana Rossanda. E manca, soprattutto al Manifesto. Quando il Manifesto era favorevole alla separazione delle carriere. Correvano gli anni a cavallo tra gli 80 e i 90. Era in corso il processo a Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi accusati per l’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi. Il presidente della corte di Assise si chiamava Manlio Minale. Il Consiglio superiore della magistratura aveva già accolto la richiesta di Minale che dopo la fine di quel processo sarebbe andato in procura sempre a Milano.
Rossanda, che seguiva il dibattimento giorno per giorno, criticava molto quella situazione. Come Minale avrebbe potuto smentire le tesi accusatorie proposte in aula dal pm Ferdinando Pomarici, in rappresentanza di quell’ufficio del quale il presidente della corte di Assise avrebbe fatto parte di lì a poco? Insomma, Rossanda sosteneva che sarebbe stato giusto e sacrosanto separare le carriere di chi accusa e di chi giudica. Minale si trovava in una situazione di palese conflitto di interessi. Ma, “passata la festa, gabbato lo santo”. Una volta terminate le polemiche infuocate del caso Calabresi, il Manifesto avrebbe detto peste e corna della separazione delle carriere.
Come, del resto, il quotidiano fa adesso, schierato nel cosiddetto “campo largo” con Travaglio e i pentastellati, svolgendo il ruolo di megafono dell’Associazione nazionale magistrati, dove brillano teste d’uovo come Giuseppe Santalucia, il quale tuona un giorno si e l’altro pure contro il pericolo del pm sottoposto al governo. Insieme a Eugenio Albamonte, il pm a caccia dei misteri inesistenti del caso Moro che, a indagini chiuse da tempo a oltre tre anni dalla perquisizione di Paolo Persichetti, non ne vuole sapere di tirare le conclusioni di una inchiesta dove il gip aveva scritto di “reato che non c’è e forse mai ci sarà”. Rossanda, che sul caso Moro scrisse cose imperdibili e indimenticabili, sul tema si divertirebbe non poco. Ma non c’è più. E manca a tutti, soprattutto al Manifesto.