La prescrizione è più vicina
Dossier Mafia-Appalti, Natoli assicura piena collaborazione ma poi resta muto…
Accusato d’aver svolto “indagini apparenti” nell’inchiesta su Mafia-appalti, l’ex magistrato aveva assicurato piena collaborazione. Ma è rimasto in silenzio
Giustizia - di Paolo Comi
“Sono stato e sono un uomo delle istituzioni e ho piena fiducia nella giustizia. Darò senz’altro il mio contributo nell’accertamento della verità”, ha dichiarato mercoledì scorso l’ex pm del Pool antimafia di Palermo Gioacchino Natoli, dopo aver ricevuto dalla Procura di Caltanissetta l’invito a comparire nell’ambito del procedimento in cui è accusato di aver svolto “indagini apparenti” in uno dei filoni dell’inchiesta “Mafia e appalti”, all’epoca condotta dai carabinieri del Ros del colonnello Mario Mori. “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”, ha dichiarato ieri mattina sempre Natoli ai pm di Caltanissetta che lo avevano convocato in Procura con i suoi avvocati per sentirlo proprio riguardo tale inchiesta. È durato dunque solo un paio di giorni il desiderio di Natoli di contribuire “all’accertamento della verità” circa una della pagine più oscure della storia recente d’Italia.
Salvo eventuali ripensamenti, il silenzio di Natoli non potrà non avere come conseguenza quella di far finire l’inchiesta di Caltanissetta sul binario morto della prescrizione, essendo i fatti contestati risalenti al 1992. Natoli in questi giorni aveva ricevuto il supporto incondizionato da parte dei pasdaran dell’antimafia militante, schieramento guidato dalle penne del Fatto Quotidiano con il supporto dei parlamentari del M5s, i quali si erano scagliati a testa bassa contro la Procura di Caltanissetta diretta da Salvatore De Luca che sta tentando di fare luce sulle ambiguità investigative della Procura di Palermo sul famoso dossier “Mafia e appalti”, da molti indicato come la vera causa delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Secondo i pm nisseni ci sarebbero forti responsabilità di Natoli, poi eletto al Csm, che avrebbe condotto, in accordo con l’allora procuratore di Palermo Pietro Giammanco e con l’allora capitano della guardia di finanza, poi promosso generale, Stefano Screpanti, “indagini apparenti” sulle infiltrazioni dei boss Antonino e Salvatore Buscemi nella gestione delle cave di marmo di Carrara, affidata in quel periodo dallo Stato in concessione al Gruppo Ferruzzi di Raoul Gardini.
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I parlamentari pentastellati, abbandonando ogni remora, hanno, senza ovviamente conoscere gli atti perché coperti dal segreto, lanciato una sorprendente filippica contro la Procura di Caltanissetta e a favore di Natoli, indicandolo al pubblico quale “magistrato integerrimo che ha speso tutta la vita servendo lealmente lo Stato” e “punto di riferimento di tutta la magistratura antimafia”, nonché “punta di diamante di alcune delle più importanti indagini, non solo quelle nei confronti dell’ala militare della mafia, ma anche quelle rivolte ai suoi potenti complici e protettori nel mondo delle istituzioni, della politica e dell’economia”. Tra i firmatari del roboante comunicato spicca il nome del senatore Roberto Scarpinato, ex collega di Natoli alla Procura di Palermo, a sua volta incaricato delle indagini su “Mafia e appalti” di cui al procedimento 2789/90, concluse con una richiesta di archiviazione del 13 luglio 1992, dove figurava indagato il medesimo Antonino Buscemi, soggetto che avrebbe infiltrato la gestione delle cave di Carrara e che sarebbe, sempre secondo la Procura di Caltanissetta, il mafioso favorito proprio da Natoli.
Fra le domande che potevano essere fatte a Natoli, probabilmente una avrebbe riguardato la decisione in ordine alla mancata riunione del procedimento 3589/91, di cui era assegnatario a seguito della trasmissione degli atti da Massa, con il predetto procedimento 2789/90, assegnato invece a Guido Lo Forte, Giuseppe Pignatone e allo stesso Scarpinato. Il primo era stato delegato ai finanzieri di Screpanti, il secondo ai carabinieri del Ros di Mori che già indagava dal 1989 e che pure avevano accertato gli interessi dei Buscemi nella cave di Carrara. Trattandosi degli stessi fatti e degli stessi indagati, i due procedimenti avrebbero dovuto essere riuniti e delegati al Ros che già procedeva, come detto, da due anni e aveva quindi perfetta conoscenza e consapevolezza di ciò che doveva essere fatto, ad esempio un sequestro nei confronti sia dei Buscemi che dei vertici del Gruppo Ferruzzi. Non resta che auspicare a questo punto che Scarpinato si astenga da futuri comunicati in difesa di se stesso.