Il decreto carceri
Altri tre morti in carcere, ma il governo se ne frega
Il Nordio-pensiero fuori dalla realtà, il ministro continua a dire che l’amnistia sarebbe una resa dello Stato. I suicidi salgono a 52, opposizione e sindacati all’attacco
Giustizia - di Angela Stella
La situazione negli istituti di pena sta esplodendo e il Governo pensa di potersi mettere l’anima in pace dopo aver varato tre giorni fa in Consiglio dei ministri il tanto atteso “dl carcere sicuro”, come definito dal sottosegretario della Lega, Andrea Ostellari, ed entrato ufficialmente in vigore ieri con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Intanto il Ministro della giustizia, Carlo Nordio, prosegue con la sua litania: «Il sovraffollamento delle carceri è una situazione che si è sedimentata negli anni. Ovviamente ci sono carceri e carceri, e reati diversi. Noi stiamo cercando di dividere le categorie di questi detenuti: per i minori, per i tossicodipendenti, per chi vive situazioni di disagio psichico c’è la grande possibilità di inserirli in comunità. Una liberazione incondizionata e gratuita di queste persone, così come avveniva una volta con le amnistie, significherebbe una resa dello Stato», ha concluso parlando con Skytg24.
Peccato che esista un profondo scollamento tra il Nordio pensiero e la realtà penitenziaria. Proprio come ricordato in un comunicato da Gennarino De Fazio, il Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria: «All’indomani del varo del decreto si sono registrati ben tre morti e fortissime proteste alla Casa circondariale di Sollicciano. In sequenza sono deceduti un detenuto a Pavia, che aveva tentato l’impiccamento il 27 giugno, un recluso impiccatosi a Firenze Sollicciano e un altro ristretto a Livorno, anch’egli aveva tentato di togliersi la vita allo stesso modo il 24 maggio. A Sollicciano, inoltre, i detenuti di tre sezioni hanno inscenato una fortissima protesta per la mancata erogazione dell’acqua, innescando incendi, salendo sui tetti e portandosi all’esterno dei padiglioni fino al muro di cinta».
Così nelle prigioni si continua a morire, dall’inizio dell’anno sono 52 i suicidi fra i detenuti e 5 nella Polizia penitenziaria. Per Debora Serracchiani, responsabile Giustizia nella segreteria del Pd, «avremo carceri sempre più piene e sempre meno sicure. Continuano a creare nuovi reati e inasprire le pene e non attuano la Cartabia nella parte delle nuove pene sostitutive né incentivano le misure alternative. Danno pochi soldi alla polizia penitenziaria e neppure subito». Ha concluso la dem: «L’ex garantista Nordio ha emanato un decreto confuso, contraddittorio che prevede misure velleitarie, come far scontare agli stranieri la pena nei paesi di origine. Poteva andar bene la norma che manda i tossicodipendenti in comunità ma anche qui solo annunci senza un piano per una misura che richiede tempo e risorse e che scarica sul sistema sanitario aspetti prettamente detentivi di cui il decreto non dice nulla». Critici anche i deputati di Italia Viva Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi: «Il tragico numero dei suicidi in carcere aumenta in modo straziante. Sono mesi che chiediamo che il Governo reagisca e smetta di ignorare il problema. E non con provvedimenti tampone che non risolvono nulla della situazione carceraria e richiedono tempi lunghissimi per essere attuati. Qui non basta qualche norma spot per un titolo sui giornali, qui servono provvedimenti seri. Il Governo scherza con il fuoco in una situazione al collasso».
La senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra, Ilaria Cucchi, chiama invece in causa il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale: «Il decreto non fa nulla, perché questo non è, come orgogliosamente dice la destra, un decreto “svuotacarcere”, che è invece quello che servirebbe, perché oggi il tasso di sovraffollamento nazionale si attesta oltre il 120%. E stupisce molto il silenzio del nuovo Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Felice Maurizio D’Ettore. Lo chiameremo in audizione per scoprire cosa pensa». Per Valentina Alberta, Presidente della Camera penale di Milano, «tra norme totalmente estranee all’oggetto dichiarato, l’unico slogan effettivo è “più polizia penitenziaria” (e questo è certamente utile). Null’altro», aggiunge Alberta, che la definisce «un’operazione di maquillage rispetto alla liberazione anticipata, che non cambia di un solo giorno il fine pena delle persone detenute. Forse, tra sei mesi, un elenco di comunità idonee “all’accoglienza e al reinserimento sociale”, rispetto alle quali si dovrà valutare anche il rischio della privatizzazione dell’esecuzione penale. Ma per ora nulla».