L'anniversario della scomparsa
Silvio Berlusconi a un anno dalla morte: tra De Amicis e il Concilio
Il pacifismo, l’accoglientismo, la solidarietà, il garantismo non sono valori che la destra può accettare. Quel Berlusconi va nascosto e seppellito in fretta. Sono sicuro che domani sui giornali, nelle varie commemorazioni, quell’appunto non troverà posto. Peccato.
Editoriali - di Piero Sansonetti
Oggi è l’anniversario della morte di Silvio Berlusconi. Credo che sia stato una delle persone che più di tutti ha influito sul destino dell’Italia nel dopoguerra: come De Gasperi, Togliatti, Craxi e Berlinguer. Trascrivo uno stralcio molto ampio del suo ultimo pensiero, scritto a penna, in pochi minuti, davanti alla figlia Marina, qualche ora prima di morire. Penso che quando lo ha scritto Berlusconi sapesse che gli era rimasto pochissimo tempo, che la vita era finita. Nello scritto si riferisce a Forza Italia.
“ È il partito del cuore, è il partito dell’amore, per i propri figli, per i propri nipoti, per tutti…. è il partito che aiuta chi ha bisogno. È il partito che dà a chi non ha. È il partito della casa che dovremmo avere tutti. È il partito del mondo senza frontiere, del mondo che si ama… del mondo che ama la pace, del mondo che considera la guerra la follia delle follie, dove si uccidono degli altri che nemmeno si conoscono, è il partito della libertà, della democrazia, del cristianesimo, è il partito della dignità, del rispetto di tutte le persone, è il partito del garantismo e della giustizia giusta. Ripeto, è il partito della libertà. È il partito per me, per te, per tutti noi (…)”. Possiamo dire che è uno scritto socialista, del vecchio socialismo ottocentesco, umanitario, come quello di De Amicis. Oppure potremmo dire che è uno scritto cristiano, molto in linea non con la vecchia destra cattolica e bigotta – quella della Lega – ma con la Chiesa del Concilio, di Papa Roncalli, di Paolo VI, di Bergoglio. Se leggiamo quelle righe senza conoscerne l’autore, difficilmente potremmo immaginare che l’autore è l’uomo che ha inventato, in Italia, la destra aggressiva e anticomunista. Che ha piantato al vertice dello Stato, e nella società, la bandiera del liberismo reaganiano. Non c’è neanche l’ombra del reaganismo in questo scritto. E poi, fortissimo, c’è il pacifismo, la solidarietà e l’idea dell’accoglienza per i migranti. Difficile dubitare che tra l’affermazione “un mondo senza frontiere” e la linea del centrodestra, non solo italiano (“difendere i confini”) ci sia una contrapposizione netta. Sono due idee non compatibili.
- La morte di Silvio Berlusconi lascia orfani a destra e sinistra: tutti uniti da un senso di disorientamento
- Le ultime volontà di Berlusconi: gli scritti sulla guerra in Ucraina, il testamento e la successione
- Berlusconi, il testamento politico scritto nelle ultime ore: “Forza Italia è amore, il partito che dà a chi non ha”
Così come non è compatibile la posizione pacifista di Berlusconi (che prima ancora di questo scritto aveva espresso in varie occasioni nei giorni della guerra in Ucraina) con il bellicismo del nostro governo, col bellicismo degli americani, dei francesi di Macron, dei tedeschi di Scholz. Allora Berlusconi era di sinistra? No, non lo era. Era un uomo solidamente di destra. Ma non è mai stato un reazionario, né un cinico. E certamente è stato un uomo profondamente cambiato dalla sua lunga e formidabile esperienza politica. La politica cambia tutti. E non necessariamente in peggio. La politica è un’arte, un mestiere, un impegno, un’esperienza straordinaria, unica, molto ricca. Che tocca l’anima, le passioni, l’identità di ciascuno di noi. Berlusconi ha iniziato la sua corsa politica quando era già un uomo maturo, aveva più di 55 anni, si era misurato con grande successo nella battaglia dell’economia e dello sport, ma di politica sapeva poco. È rarissimo che una persona possa imparare a fare politica da adulto.
Tutti i grandi personaggi politici hanno iniziato da ragazzini. Hanno fatto la gavetta, hanno studiato, hanno fatto rissa nelle assemblee tumultuose, hanno avuto dei maestri. Berlusconi è una eccezione credo irripetibile. Lui quando ha deciso il passo (“scendo in campo”) si è circondato di consiglieri di grande peso, in parte anche di origini di sinistra – Ferrara, Colletti, Vertone, Melograni, i radicali, Cicchitto – ed è riuscito a trovare un mix tra il suo intuito, la sua capacità di innovazione, e la sapienza dei consiglieri. Ha supplito così al gap iniziale. Poi si è fatto trascinare. E si è fatto guidare – al contrario di quello che si potrebbe immaginare – da una stella polare che non era il profitto e l’efficienza, ma era la libertà. Sul piano dell’economia Berlusconi non era un estremista. Era molto accorto. Quando ha provato ad abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e si è trovato di fronte a una oceanica manifestazione sindacale, non ha sfidato il sindacato. Forse avrebbe voluto. Ma ha ragionato ed è tornato indietro. Quando ha capito che una riforma troppo drastica delle pensioni avrebbe avuto conseguenze politiche drammatiche, ha attenuato la riforma.
Renzi non ha avuto la stessa accortezza, né con la riforma dell’articolo 18 né con la riforma della scuola. È andato avanti. Poi è precipitato. Macron non ha capito quali effetti collaterali avrebbe avuto la riforma delle pensioni. Ed è crollato. Berlusconi negli anni delle sue battaglie si è accorto che l’idea di libertà non poteva restare astratta. Doveva vivere. E per vivere aveva bisogno di contenuti sociali, di relazioni, di compromessi e anche di modernità. Certo non poteva arrivare ad accostare l’idea di libertà all’idea di uguaglianza. Però poteva scegliere la via cristiana. Quella dell’Agape greca e della carità cristiana. C’è una fortissima quantità di carità cristiana nel suo viaggio a Brindisi nel mese di marzo del 1997, e nelle lacrime con le quali accolse i cadaveri delle decine e decine di persone, di profughi, colati a picco da una motovedetta della marina italiana. C’era calcolo politico? I leader politici fanno sempre calcoli politici, ma lì non era solo calcolo.
Torniamo a quell’appunto. Io pongo due domande. La prima è: come mai nei giornali, nelle Tv, nei partiti, di quell’appunto clamoroso si è parlato pochissimo? La seconda domanda è: è compatibile quell’appunto con le politiche del centrodestra al governo? Alla prima domanda la risposta è semplice. Quell’appunto non è piaciuto a nessuno. Né alla destra che improvvisamente si è trovata di fronte a un tesoretto di “buonismo” (come dicono sprezzantemente a destra ) che non era in grado di accogliere. Né alla sinistra che si è trovata di fronte a un personaggio che non aveva niente a che fare col mostro che era stato l’oggetto fisso della propria politica di contrapposizione. Alla seconda domanda la risposta è altrettanto semplice: no, non è compatibile. Il pacifismo, l’accoglientismo, la solidarietà, il garantismo non sono valori che la destra può accettare. Quel Berlusconi va nascosto e seppellito in fretta. Sono sicuro che domani sui giornali, nelle varie commemorazioni, quell’appunto non troverà posto. Peccato.