La premier ha perso il tocco
Sondaggi sulle Europee, FdI a rilento nonostante la candidatura di Meloni: cosa succederà al governo
In vista delle Europee, a palazzo Chigi il clima è mesto: tra la sceneggiata di Tirana (con botte al deputato e sarcasmo sui naufraghi) e contentini elettorali (vedi la social card) la premier de ‘noantri ha perso il tocco
Politica - di David Romoli
Il verdetto spetta agli elettori e non sarà noto prima di domenica notte. Però la sensazione generale è che stavolta Giorgia Meloni non sia riuscita a trovare il tono giusto per la campagna elettorale.
Fondata o meno che sia questa sensazione, di certo è condivisa anche a Chigi. Il nervosismo della premier, negli ultimi giorni, si è fatto palese.
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I sondaggi confermano senza eccezioni la previsione che vede FdI ancora primo partito e non di stretta misura, ma non sono più quelli di qualche mese fa e l’obiettivo di superare il 30%, quello che aveva convinto la premier a mettersi in gioco di persona come capolista ovunque, appare oggi quasi come un miraggio.
Senza “Giorgia detta Giorgia” in testa alle liste di tutte le circoscrizioni un risultato pari a quello del 2022 sarebbe per FdI non trionfale ma accettabile. Con lei in campo sarebbe invece una battuta d’arresto: per FdI e ancora di più per la sua leader.
Meloni ha usato il governo come leva di propaganda elettorale. Lo ha fatto in due modi diversi: invadendo la piazza mediatica nella doppia veste di candidata e di presidente del Consiglio ma soprattutto sfornando nell’ultima settimana provvedimenti-spot a ritmo forsennato. A ritmo, anzi, troppo intenso.
L’attuale premier non è certo la prima che usa il governo per conquistare voti in un modo che ricorda da vicino l’acquisto degli stessi: gli 80 euro che valsero a Renzi un possente quanto effimero 40% sono proverbiali.
Meloni però ha scoperto forse troppo il gioco: un provvedimento incisivo sarebbe stato una carta vincente, una raffica di iniziative spot rischia di suonare come presa in giro per un elettorato cinico e smagato come quello italiano, sia di destra che di sinistra.
Nel gioco dell’immagine, diventato sempre più centrale negli ultimi trent’anni, Giorgia ha puntato tutto sull’immagine popolare e popolana, sin dai cartelli elettorali che la dipingono come “una di noi”, una che si è fatta da sola venendo dal basso e che tuttavia non si è montata la testa.
È rimasta una ragazza del popolo. Popolana sì ma come l’immortale Onorevole Angelina interpretata da Anna Magnani nel famosissimo film omonimo diretto nel 1947 da Luigi Zampa: cioè una molto tosta.
Anzi, una donna che non ha bisogno di dichiararsi femminista per farsi valere. Solo che il confine tra un’immagine tosta, o per dirla alla romana “coatta” e un’aggressività gratuita o almeno eccessiva, tale da rovesciare la simpatia in fastidio, è labile, evanescente. È possibile che nelle ultime due settimane Giorgia Meloni lo abbia varcato.
La premier ha messo senza dubbio a segno un colpo magistrale gelando De Luca, missione va detto tutt’altro che facile, ma la ha poi almeno parzialmente vanificata con la pessima sceneggiata da Tirana: il parapiglia con Riccardo Magi coronato da quell’infelicissima uscita che ha seminato costernazione anche a palazzo Chigi: “Seeee… Poveri cristi”.
Essendo palese che chi si avvia a essere rinchiuso in un centro di detenzione dopo essere fuggito da guerre e povertà è effettivamente degno di compassione, la premier è apparsa senza cuore, dimenticando che una cosa è apparire tosti e decisi, tutt’altra dimostrarsi insensibili.
Il paradosso è che, proprio nelle ultime settimane, Salvini, in termini di immagine, ha giocato la partita opposta, limitando l’abituale truculenza per mostrarsi invece quasi moderato: la simpatia che ha confessato ieri per Elly Schlein, “una donna appassionata con la quale mi piacerebbe andare a cena” è da questo punto di vista un colpo magistrale.
A Meloni manca, e probabilmente le mancherà sempre perché è questione di carattere non di strategia comunicativa più o meno azzeccata, la dote principale di Silvio Berlusconi: la capacità di accattivarsi la simpatia degli elettori, intesi senza mezzi termini come “pubblico”, puntando anche su una tacita ma profonda complicità.
Il Cavaliere riusciva a non apparire incarognito neppure quando in realtà lo era. Giorgia lo sembra anche quando non lo è. In parte Meloni si è trovata senza dubbio spiazzata.
Si era preparata a una campagna elettorale che immaginava come confronto prolungato con Elly Schlein ma la strategia è stata vanificata non solo dal divieto di un confronto diretto limitato alle due principali leader ma anche dall’abilità della leader del Pd che si è in larga misura sottratta alla trappola.
Quel che è certo, comunque, è che alla vigilia dell’apertura delle urne Giorgia Meloni è più preoccupata di quanto non immaginasse quando ha deciso di candidarsi. Se quelle paure siano fondate o meno lo decideranno gli elettori sabato e domenica.