Al Festival di Cannes
Recensione di Megalopolis, l’ultimo film di Francis Ford Coppola
La pellicola debutta a Cannes: “Trump non ha ripreso il potere ma correnti e tradizioni di estrema destra si stanno imponendo. L’America futuristica che ho concepito nella pellicola racconta lo scontro di oggi tra progresso e restaurazione”
Cinema - di Chiara Nicoletti
“Donald Trump non è al momento al potere in America ma si sta diffondendo una tendenza, a livello mondiale, verso correnti e tradizioni di estrema destra e persino fasciste e tutto ciò è spaventoso. Chiunque conosca la storia della Seconda Guerra mondiale ed abbia vissuto quel periodo conosce gli orrori che hanno avuto luogo e non vogliamo certo che si ripetano. Il ruolo di noi artisti, dei film, è porre luce su cosa sta veramente accadendo nel mondo”.
Sono determinate, piene di energia e speranza le parole di Francis Ford Coppola, inarrestabile dopo che il suo sogno durato 40 anni, Megalopolis, ha finalmente trovato la luce. Presentato in concorso alla 77esima edizione del Festival di Cannes, questo film visionario, costato 120 milioni di dollari è stato interamente finanziato dalla sua casa di produzione Zoetrope, con le major a farsi da parte e una distribuzione americana che ancora manca all’appello.
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Concepito in una versione primordiale negli anni 80, Megalopolis ha avuto lunghissima gestazione ed è un vero e proprio trattato di sociologia, filosofia e politica. Non stupisce dunque che il primo vero commento di Coppola sul film sia dedicato alla deriva fascista che il mondo occidentale sta intraprendendo.
Ambientato nella città di New Rome, in un Nord America futuristico che si ispira all’Impero Romano per look e idea originaria di Repubblica, Megalopolis vede contrapporsi due visioni di futuro per la città ed il mondo democratico: quella di Cesar Catilina (Adam Driver), artista geniale e visionario che si sta impegnando a costruire e proporre una convivenza utopica e idealistica tra le persone e in totale opposizione, il pensiero del Sindaco della città, Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito), dedito ad interessi personali e sostenitore di una divisione tra le classi sociali.
A cercare di trovare una via di mezzo per la continuazione di un “impero” sulla via del crollo, la figlia di Cicero, Julia (Nathalie Emmanuel), innamorata di Cesare ma al tempo stesso figlia devota.
“Quando ho detto anni fa che volevo fare una storia epica romana ma ambientata nell’America moderna, molti mi hanno chiesto il perché. Ho ricordato che l’America è stata fondata sull’idea delle repubblica romana, Roma non voleva un re così hanno inventato una nuova forma di governo chiamata Repubblica, con il diritto romano e il Senato, tutti elementi che noi americani abbiamo inglobato nella nostra cultura. Quando ho avuto l’idea del film negli anni 80, mai avrei pensato che diventasse così contemporaneo e così rilevante ai giorni nostri. Ciò che sta accadendo in America e nelle nostre democrazie e repubbliche è esattamente ciò che ha fatto sì che Roma crollasse. Il nostro sistema politico ha raggiunto un punto in cui potremmo trovarci a perdere la nostra repubblica e credo che non potranno essere i politici a dare una risposta ma gli artisti. Gli artisti illuminano la vita contemporanea, sono dei fari. Non considerare la visione degli artisti è come mangiare un hamburger che non dà nutrimento”.
Megalopolis ha già diviso la stampa e il pubblico e c’era da aspettarselo visto che il film non ha mezzi termini, è visivamente bulimico ma ottimista nelle sue veloci 2 ore e 18 minuti. Non ha ancora distribuzione americana ma in Italia prima o poi lo vedremo grazie a Eagle Pictures, in data da definirsi.
Con la lucidità dell’indipendenza con cui ha portato il suo Megalopolis a compimento, l’85enne Coppola, due volte Palma d’Oro a Cannes per La Conversazione nel 1974 e Apocalypse Now nel 1979, non la manda certo a dire all’industria audiovisiva americana: “Temo che oggigiorno il lavoro degli studios americani sia più incentrato a pagare i propri debiti che a fare bei film. Le nuove compagnie come Amazon, Apple, Microsoft hanno fondi in abbondanza dunque gli Studios così come li abbiamo conosciuti per tutti questi anni, non esisteranno più, probabilmente, in futuro”.
In barba all’età e supportato da una famiglia di artisti, anche presenti tra cast e crew, vedi la sorella Talia Shire (Adriana di Rocky) o il figlio Roman Coppola che lo ha assistito alla regia, Coppola assicura, con vitalità invidiabile, che non ha certo intenzione di smettere dopo Megalopolis, nonostante il sogno realizzato.
Famoso per la sua tendenza a rimettere mano ai suoi film, con nuovi tagli e versioni, sottolinea che certe sue opere non sono mai state toccate e mai lo saranno in futuro: “Non rimetterò mai le mani su La conversazione ma se ho un’idea per migliorare il film mi piace rieditarlo. Non ho mai toccato Il padrino anche se c’è una scena che potrei voler aggiungere un giorno di questi. Ho già iniziato a scrivere un nuovo film dunque questo è un buon segno che il mio lavoro con Megalopolis è finito”.
Fresco della perdita dell’adorata moglie Eleanor, a cui il film è dedicato, Francis, come vuole farsi chiamare da troupe e attori “perché è chiamandosi per nome che si fanno i film”, si dice felice della vita che ha avuto: “spesso le persone che si avvicinano alla morte ripensano alle cose che avrebbero voluto fare nella loro vita e che non sono riuscite a fare – commenta – ma quando starò per morire, potrò invece di dire di essere riuscito a fare tante cose, ho potuto vedere mia figlia Sofia vincere un Oscar, ho potuto fare il mio vino, ho potuto realizzare tutti i film che volevo e sarò così occupato a pensare a tutte le cose che ancora voglio fare che non mi accorgerò di morire”.