L'allenatore della mischia
Intervista ad Andrea Moretti, coach degli avanti dell’Italrugby: “Il nostro è un percorso che vede insieme franchigie e nazionale. L’obiettivo è avere una precisa identità di gioco che ci faccia competere con tutti”
Dalla carriera da giocatore fino all'arrivo nello staff tecnico della Nazionale nel 2021: "Non vogliamo subire l'avversario ma cercare di imporci sul campo. Abbiamo dei giocatori bravi e funzionali all'ovale moderno. La fortuna è far parte di uno staff competente e unito". Infine, il ricordo di Massimo Cutitta
Interviste - di Andrea Aversa
In pochi mesi l’Italrugby ha scacciato via la delusione dei Mondiali giocati in Francia e lo ha fatto nel migliore dei modi. Quello conclusosi due settimane fa, è stato il miglior 6 Nazioni di sempre dell’Italia della palla ovale: un pareggio e due vittorie, di cui una in trasferta e senza dimenticare la sconfitta di misura contro l’Inghilterra. Un torneo che ha mostrato una squadra capace di competere per tutti gli 80 minuti. Un gruppo che ha messo in campo una difesa granitica (gli azzurri sono quelli che hanno fatto più placcaggi di tutti, il capitano Michele Lamaro ha raggiunto il record personale e assoluto di ben 103 tackle in cinque partite), particolare disciplina, un gioco al piede efficace, molta attenzione nei punti di incontro e nelle fasi statiche e un gioco offensivo spumeggiante e bello da guardare.
Andrea Moretti: il tecnico della mischia della nazionale italiana di rugby
“Oltre che alcune delle azioni che hanno portato alle mete fatte – ha detto a l’Unità l’allenatore degli avanti Andrea Moretti – uno dei momenti più rappresentativi del nostro torneo è stata la difesa continua e aggressiva fatta contro le ultime 24 fasi giocate dalla Scozia“. E come dargli torto? Gli Highlanders ci hanno provato, a testa bassa, centimetro dopo centimetro, a segnare i punti che avrebbero ribaltato il risultato. Ma nulla hanno potuto contro la ‘Grande Muraglia Italiana‘. Così al fischio finale è potuta partire la festa di una vittoria che è tornata davanti ai propri tifosi dopo ben 11 anni. “Una grande emozione – ha spiegato Moretti – Soprattutto perché abbiamo riportato a casa la coppa dedicata a Massimo Cutitta (ex giocatore della Nazionale italiana ed ex coach della mischia scozzese, scomparso nel 2021, ndr). Di lui ho un bel ricordo: era il 1997. Per me fu il primo ritiro e prima presenza con la Nazionale. Il carisma di Massimo lo si poteva percepire ovunque. Un carisma sano che lui trasmetteva a tutti noi“.
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Andrea Moretti: l’allenatore degli avanti azzurri
Ma come è stato possibile che l’Italia, quella delle belle prestazioni ma quasi mai vincente, è riuscita a raggiungere questi risultati, esprimendo allo stesso tempo un gran rugby? “Riparto da ciò che ha detto il capitano Lamaro dopo la delusione dei Mondiali – ha affermato Moretti – Nonostante quelle brutte prestazioni siamo sempre stati consapevoli che il gruppo aveva basi solide per esprimere un gioco efficace. Caratteristiche che ci avrebbero consentito di ripartire nel migliore dei modi. Il coach Gonzalo Quesada è stato bravo in questo. La sua competenza, la sua professionalità, il suo modo di essere esigente e perfezionista, nel rispetto di ciò che si è trovato davanti, ha fatto in modo che l’Italia continuasse a lavorare per il proprio obiettivo: quello di sviluppare un’identità di gioco precisa“.
Dal Mondiale al 6 Nazioni: da Kieran Crowley a Gonzalo Quesada
Insomma, Quesada insieme ai membri dello staff (del quale fanno parte, oltre Moretti, anche Marius Goosen per la difesa, German Hernandez per i punti di incontro e Michele Colosio per la preparazione fisica), si è mosso in modo certosino. Come un artigiano è andato a correggere i punti di debolezza del gruppo, esaltando quelli di forza. E il risultato si è visto, in modo netto ed inequivocabile. “La grande novità – ha dichiarato Moretti – È stata quella di far capire ai ragazzi come gestire al meglio le diverse fasi del gioco. Quando fondamentalmente si è con o senza palla. In questo, è stato importante la costruzione del gioco al piede. Tutti tasselli che hanno dato equilibrio e serenità alla squadra, capace di gestire meglio le proprie energie e quindi in grado di competere per tutti gli 80 minuti“. Quindi, addio a quell’Italia che dopo 60 minuti di battaglia crollava concendendo metri e punti agli avversari. E benvenuta a quell’Italia che ha invece incarnato il rugby moderno.
Come si è preparata l’Italia: come è migliorata la nazionale
“Questo – ha specificato Moretti – Non sarebbe stato possibile senza l’ottimo lavoro svolto dalle franchigie (Benetton Treviso e Zebre, entrambe impegnate nello United Rugby Championship nel quale sfidano club irlandesi, scozzesi, gallesi e sud africani, ndr). Le società hanno preparato da un punto di vista degli allenamenti e dei carichi, in modo intelligente gli atleti che poi sarebbero andati in nazionale per il 6 Nazioni. E in questo modo abbiamo avuto a disposizione un gruppo molto performante. E forse non è un caso che quest’anno in particolare, Treviso sta facendo una grande stagione e le Zebre sono cresciute tantissimo. Questo a dimostrazione del fatto che siamo un movimento unito, con obiettivi comuni e che rema nella stessa direzione“.
Tre parole: consapevolezza, equilibrio e identità
Giocatori forti, più lucidi e consapevoli dei propri mezzi. Soprattutto atleti idonei al rugby di oggi, sport molto più dinamico rispetto a qualche anno fa. “Prima di allenare gli avanti della nazionale maggiore – ha spiegato Moretti – ho avuto la fortuna di essere il responsabile dell’accademia federale under 19 e di allenare la mischia dell’under 20. Molti dei giocatori che avete visto nel 6 Nazioni vengono da lì. Vuol dire che anche loro sono stati i protagonisti di un percorso formativo ben preciso che li ha portati ad essere i rugbisti capaci di fare quello che tutti i nostri tifosi hanno potuto ammirare. Giocatori di una mischia non abrasiva e pesante (la più leggera dello scorso Mondiale e con quella del Galles la più leggera del 6 Nazioni, ndr) ma dinamica e capace di giocare la palla. Questa di saper maneggiare l’ovale è una di quelle caratteristiche che per un avanti più si confà al rugby di oggi“.
Tre caratteristiche: difesa, conquista e attacco
Anche perché il rugby è uno sport in continua evoluzione anche da un punto di vista delle regole. La federazione principale, la Word Rugby, nel cercare di trovare un equilibrio sempre più preciso tra la sicurezza dei giocatori e la spettacolarità del gioco, ne introduce di nuove ogni anno. Forse, questo, causa un pò di confusione, non solo nell’apprendimento ma anche nell’interpretazione del gioco (a dimostrarlo le numerose e discutibili decisioni arbitrali che in uno sport come il rugby non sono mai in discussione). Di fatto c’è un paradosso: se i contatti pericolosi o la sola intenzione di mettere in atto un fallo del genere, è immediatamente e duramente sanzionato, gli impatti fisici tra i giocatori sono aumentati di numero e di intensità. Così come gli infortuni gravi e i diversi rugbisti che anche in giovane età hanno dovuto prendersi una pausa dal rugby giocato o addirittura decidere di ritirarsi definitivamente.
L’unità del movimento: dalle franchigie alla Nazionale
“I principali cambiamenti, per quanto riguarda le regole – ha detto Moretti – sono stati introdotti nei punti di incontro. Consideriamo che in una partita ce ne sono ben 150 – 160, questo dimostra quanto sia fondamentale come fase di gioco. Ciò senza impedire alla difesa di poter intervenire e contestare l’azione dell’avversario. Oggi un giocatore ha sempre meno tempo per prendere una decisione per poi agire nel modo giusto. È più difficile, nonostante la maggiore intensità del gioco, trovare delle difese impreparate. Tuttavia, dall’altro lato, tale scenario ha obbligato gli addetti ai lavori a migliorare, cambiare ed evolvere le modalità di allenamento. Sotto tutti i punti di vista, soprattutto per quanto riguarda il recupero, il riposo e l’alimentazione. Oggi i giocatori sono dei professionisti a 360 gradi“.
Il regolamento: le novità introdotte da World Rugby
E le novità non finiscono qui, Moretti ci ha anticipato che presto sarà introdotta una nuova regola che modificherà il modo di giocare al piede: il giocatore che calcerà l’ovale, dovrà avere dietro di lui un compagno che seguirà la palla fino a superare tutti i compagni, fermi in mezzo al campo, rimettendoli in gioco. Questo avrà una conseguenza immediata: si vedrà meno quel ping-pong al quale oggi tutti assistiamo quando guardiamo una partita di rugby. Siamo sicuri che Italia saprà adeguarsi al meglio anche a questo cambiamento, sfruttandolo e facendolo diventare funzionale al proprio stile di gioco. “È questo il nostro obiettivo sul lungo termine – ha concluso Moretti – Riuscire ad imporre il nostro rugby, sfruttando gli errori dell’avversario e riuscendo a competere con tutti anche con quelle squadre che ad oggi ci sembrano inarrivabili“. E allora non ci resta che augurarti e augurarvi buon lavoro!