Il gap da cancellare
Perché curare il dolore è un privilegio per ricchi
Se perfino in Italia, dove le norme sulle cure palliative sono innovative, non c’è certezza di accesso agli analgesici potenti, figuriamoci nel Sud del mondo
Editoriali - di Marco Perduca
Il 15 marzo è l’anniversario dell’entrata in vigore della legge italiana sulle cure palliative (38/2010), norme ritenute innovative nel panorama europeo perché introducono forme di tutela e garanzie verso l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, norme che ancora però non garantiscono certezza di accesso agli analgesici potenti.
C’è il conforto spirituale ma… E se in Italia ci son problemi figuriamoci nel sud del mondo. Alla vigilia della Commissione droghe dell’Onu, la Giunta internazionale per gli stupefacenti (INCB) ha pubblicato il suo rapporto annuale riservando un intero capitolo alla cura del dolore, o meglio alle disparità di accesso agli analgesici nelle varie regioni del mondo.
Per quanto riguarda la produzione, 10 sostanze psicotrope rappresentano l’80% dell’offerta mondiale – il solo fenobarbital rappresenta circa il 35% di tutta la produzione globale con 364 tonnellate.
Delle 1.049,3 tonnellate di sostanze psicotrope controllate a livello internazionale prodotte nel 2022, 863,8 tonnellate erano sedativi, 160,3 erano stimolanti e 25,2 comprendevano allucinogeni, analgesici e altre sostanze.
Secondo uno della Commissione Lancet sull’accesso globale alle cure palliative del 2019, ogni anno più di 61 milioni di persone in tutto il mondo sperimentano giorni di gravi sofferenze legate alla salute che potrebbero essere alleviate con l’accesso alle cure palliative e al sollievo dal dolore.
La differenza di accesso è così grave che il 50% delle popolazioni più povere vive in paesi che ricevono solo l’1% degli analgesici oppioidi distribuiti in tutto il mondo.
Al contrario il 10% più ricco vive in paesi che ricevono quasi il 90% degli antidolorifici. Ogni anno nel mondo vengono distribuite circa 298 tonnellate di oppioidi morfina-equivalenti, solo 0,1 tonnellate – lo 0,03% – vengono distribuite ai paesi a basso reddito! Questa “dolorosa” crisi globale è tra le emergenze di salute ed equità pubbliche più gravi e sconosciute che il mondo si trova ad affrontare.
Per questo la Commissione Lancet ha sviluppato una matrix per misurare il peso globale delle gravi sofferenze legate alla salute e favorire l’accesso a questi farmaci che l’Organizzazione mondiale della sanità ritiene essenziali.
Gli ostacoli all’accesso agli antidolorifici sarebbero anche superabili, occorrono però azioni coordinate e su più livelli perché queste “barriere” includono la ”oppiofobia” (pregiudizi e disinformazione sull’uso medico degli oppioidi) tra i prescrittori, la percezione sociale e culturale degli oppiacei, la negligenza delle cure di fine vita nonché la mancanza di strumenti per la definizione delle priorità per incorporare la sofferenza nelle cure di fine vita.
La Commissione Lancet ha quantificato il peso globale di gravi sofferenze legate alla salute associate a 20 condizioni di salute limitanti e pericolose per la vita identificando una serie di strategie per affrontare questo enorme problema e invitando i governi e le istituzioni internazionali ad agire collettivamente per affrontare questa ingiustizia planetaria che lascia milioni di persone nella sofferenza quando esistono interventi adeguati.
Né l’INCB né la Lancet Commission però azzardano la critica delle critiche: perché continuare a lasciare buona parte della produzione di oppiacei naturali o sintetici alla criminalità organizzata invece che legalizzare quello che per decenni ha creato morti, miserie e guerre in decine di paesi?