La cronaca dalla nave
“Ocean Viking fuori dalle scatole”: la nave verso Ancona, vogliono evitare che salvi altri migranti
Giovedì sera messe in salvo altre 135 persone. Ora con 359 naufraghi a bordo, parecchi bambini, una donna incinta, è costretta a una traversata di 3 giorni
Cronaca - di Angela Nocioni
S’è sistemata tra due cuscini, lontana dagli sguardi, in un angolino sovracoperta tra l’ambulatorio e il container delle donne e i bambini. Dall’unica apertura del velo nero che la nasconde tutta, escono due grandi occhi verde menta.
Con lo sguardo e con le mani spiega alla banda di bambini del Mali che rincorre una quattrenne siriana con i fiocchi rosa ai capelli, di non cercarla ancora dietro ai cuscini, di sloggiare altrove.
Lei e una ragazza incinta che le si è accoccolata accanto, con una pancia enorme, sono tra le 135 persone soccorse dai gommoni della Ocean Viking giovedì sera, quando era già buio. Tra loro anche 8 bambini.
Ora sono 359 i naufraghi sovracoperta, portati a bordo dai soccorritori della Sos Mediterranée in 4 salvataggi in 48 ore, con cui stiamo navigando verso il porto assegnato dal Comando della capitaneria di porto di Roma: Ancona.
Saranno mica un po’ troppi 1400 km, almeno tre giorni di navigazione, per persone con gravi ustioni da carburante, alcune con problemi di respirazione e 23 sopravvissuti, tra cui 12 ragazzini, usciti per puro caso vivi da un gommone alla deriva, rimasti per dieci giorni senza acqua né cibo circondati da cadaveri?
Sono stati avvistati in mezzo al mare per puro caso, dai binocoli del ponte di comando, dopo un provvidenziale e fortuito allargamento di rotta. Hanno urgente bisogno di arrivare a terra, vanno assistiti, curati, sono adolescenti traumatizzati da una strage.
Uno dei due naufraghi che non hanno mai ripreso conoscenza, tra quelli raccolti in quel primo soccorso, portati con l’elicottero in Italia, abbiamo saputo ieri che è morto. L’altro è ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Palermo.
Ma, tragedie a parte, perché allontanare una nave di salvataggio con un equipaggio esperto dalla zona di soccorso per una settimana almeno? Perché non lasciar sbarcare i sopravvissuti in un porto più vicino senza costringere una nave carica di persone che dormono sul ponte di coperta a risalire dalla Sicilia fino ad Ancona?
Perché applicare con meticolosità la logica punitiva del decreto Piantedosi togliendo dal Mediterraneo centrale una nave di soccorso e così lasciare scorrazzare senza testimoni i miliziani della Guardia costiera libica ai quali già il governo italiano dà le motovedette con cui loro deportano i naufraghi invece di soccorrerli?
Quel decreto sta passando per le forche caudine di un processo proprio alla Ocean Viking. I legali della Ong nella prima udienza del processo di merito, al tribunale di Brindisi davanti alla giudice Roberta Marra, hanno contestato, tra l’altro, il difetto di giurisdizione.
Dice una di loro, l’avvocata Francesca Cancellaro: “L’Italia non è competente a sanzionare un comportamento tenuto nei confronti delle autorità libiche, avvenuto in acque internazionali, su una imbarcazione che batte bandiera norvegese. Se la disciplina Piantedosi non si può interpretare conformemente al diritto internazionale, allora è incostituzionale”.
In sintesi: o quel testo di legge ambiguo viene interpretato alla luce del diritto internazionale o è non va applicato perché incostituzionale. Non c’è una terza via.