La politica fiscale

Mario Sechi, ma cosa c’entra Piero Gobetti con la Meloni?

Il direttore di Libero, usa una frase del filosofo liberale per esaltare la politica fiscale della premier. Ecco cosa scriveva Gobetti

Editoriali - di Franco Corleone

15 Marzo 2024 alle 15:00

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Mario Sechi, ma cosa c’entra Piero Gobetti con la Meloni?

Viviamo tempi torbidi e nella confusione politica può accadere anche che Mario Sechi, direttore di Libero, utilizzi una frase di Piero Gobetti per esaltare la politica fiscale di Giorgia Meloni.

Lo stupore per la citazione mi ha spinto ad andare a recuperare l’articolo apparso sulla Rivoluzione Liberale del 30 luglio 1922. Il titolo è “Fallimento o Rivoluzione?” E si tratta di due articoli, uno di Epicarmo Corbino, economista liberale e della replica di Piero Gobetti.

Di fronte all’imponente debito pubblico Corbino ipotizzava il fallimento dello Stato o una rivoluzione dei contribuenti, “l’unica categoria che possa fare sul serio la rivoluzione”, inducendoli a non pagare le tasse o quantomeno a rafforzare i diritti dei contribuenti di controllare meglio l’uso di quanto essi danno allo Stato.

Gobetti risponde ponendo l’interrogativo se in Italia esista la figura del contribuente distinta ed autonoma rispetto alla figura del cittadino e aggiunge: “La rivoluzione liberistica annunciata dal nostro Corbino corrisponde a forze e a psicologie reali? E se vi corrisponde, esaurisce davvero le nostre possibilità politiche, può costituire la direzione utile in cui la capacità di popolo e Stato deve validamente cimentarsi?”.

Gobetti affronta il problema istituzionale che deriva dalla aberrazione nazionale nel 1861 dello Statuto piemontese e traccia un parallelo con la storia inglese e le analogie e le differenze.

La frase integrale di Gobetti è questa: “In Italia il contribuente non ha mai sentito la sua dignità di partecipe della vita statale: la garanzia del controllo parlamentare sulle imposte non era una esigenza, ma una mera formalità giuridica: il contribuente italiano paga bestemmiando lo Stato; non ha coscienza di esercitare, pagando, una vera e propria funzione sovrana. L’imposta gli è imposta”.

La critica di Gobetti si rivolge al Parlamento italiano che, contrariamente al modello inglese che esercita il controllo finanziario e ogni altra funzione politica, è demagogico, parlamentaristico perché è nato dalla retorica, dall’inesperienza e dalla scimmiottatura.

La critica sociale e politica di Gobetti contro il parassitismo a spese dello Stato si indirizza verso i popolari nemici di don Sturzo, verso i socialisti e particolarmente verso Giolitti che ha avuto “l’eroico cinismo di presentare come liberale una politica di saccheggio dello Stato”.

Gobetti possedeva l’arte di una ironia sferzante e in questo articolo accenna al problema della pubblica amministrazione e chiosava affermando che in Italia il problema della burocrazia non è più risolvibile dal momento che per fare gli italiani abbiamo dovuto farli impiegati e “abbiamo abolito il brigantaggio soltanto trasferendolo a Roma”.

Concludeva Gobetti affermando che la rivoluzione auspicata da Corbino non può scoppiare perché nessuna rivoluzione è mai nata per ragioni soltanto finanziarie (la rivoluzione inglese che è la tipica rivoluzione finanziaria fu insieme religiosa, autonomistica, nazionalista, puritana) e il sogno rivoluzionario ha bisogno di soggetti adeguati e “bisogna preparare contro il governo degli impiegati una triplice aristocrazia: i tecnici e gli operai guidati da una minoranza rivoluzionaria; i capitani d’industria; i principi mercanti (commercianti ed emigranti). Noi dovremo elaborare di queste aristocrazie la dottrina e la lotta politica”.

Da questo disegno titanico immaginato tre mesi prima del colpo di Stato del re sabaudo impaurito dalla sedicente marcia fascista su Roma, Sechi ricava una investitura liberale a Giorgia Meloni che sarebbe pronta ad abbandonare lo statalismo.

Quello che è certo che la premier si tiene stretta alle concezioni dello Stato etico contro i diritti civili e sociali. Piero Gobetti fu il primo a capire la natura originale del fascismo e le caratteristiche del regime nascente come autobiografia della nazione e si appellò all’intransigenza come valore assoluto.

Mario Sechi può leggere tutti gli scritti di Gobetti e capirà il senso del logo alfieriano disegnato da Casorati per i libri della casa editrice: Che ho a che fare io con gli schiavi?

15 Marzo 2024

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