L'audizione dei magistrati

Perché Melillo e Cantone hanno chiesto di essere ascoltati da Antimafia e Copasir: i misteri dell’indagine

Difficile immaginare che le due toghe forniscano particolari sulle indagini. Ma l’interrogativo è uno: perché Striano passava carte riservate al Domani?

Giustizia - di Paolo Comi

6 Marzo 2024 alle 11:00

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Perché Melillo e Cantone hanno chiesto di essere ascoltati da Antimafia e Copasir: i misteri dell’indagine

C’è grande interesse per le audizioni a Palazzo San Macuto del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e del procuratore di Perugia Raffaele Cantone sui dossieraggi realizzati dall’ex maresciallo della guardia di finanza Pasquale Striano.

Non capita spesso infatti che due procuratori chiedano, come hanno fatto Melillo e Cantone, di essere ascoltati su un procedimento giudiziario che riguarda i rispettivi uffici. Il primo ad essere sentito sarà questa mattina Melillo. Domani sarà invece il turno di Cantone.

Molti addetti ai lavori, in particolare tanti magistrati, hanno evidenziato in queste ore l’irritualità dell’audizione di Melillo e Cantone, sollecitata dai diretti interessati domenica scorsa.

Esploso lo scandalo del dossieraggio realizzato da Striano, indagato dalla Procura di Perugia per rivelazione del segreto e accesso abusivo a sistema informatico, Melillo e Cantone avevano fatto sapere di voler essere auditi dalla Commissione parlamentare antimafia, dal Comitato per la sicurezza della Repubblica, e dal Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura.

Cosa potranno mai riferire Melillo e, soprattutto, Cantone non è al momento noto. È impensabile, ad esempio, che il procuratore di Perugia possa riferire circostanze sull’indagine che coinvolge, oltre a Striano, i giornalisti del Domani Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, che chiedevano al finanziere di effettuare accessi alla banca dati dell’Antimafia.

E lo stesso dicasi per Melillo, il cui ufficio è da giorni nell’occhio del ciclone per l’estrema facilità con cui Striano effettuava ogni mese decine di accessi ai vari schedari senza dover rendere conto a nessuno.

L’unica certezza, dunque, è che il procedimento della Procura di Perugia ha messo ancora una volta in evidenza il rapporto quanto mai opaco che esiste fra alcuni giornalisti e uomini delle istituzioni per veicolare all’esterno informazioni riservate che hanno il solo scopo di screditare l’avversario di turno.

All’indomani della formazione del governo Meloni, il Domani ed il Fatto Quotidiano misero nel mirino il ministro della Difesa Guido Crosetto, uno dei fondatori di Fratelli d’Italia, ipotizzando dei conflitti di interessi fra il suo nuovo incarico e la precedente attività professionale.

Vennero pubblicate per giorni le sue dichiarazioni dei redditi e i compensi percepiti come presidente dell’Aiad, l’Associazione che riunisce le aziende produttrici di armi, e da Leonardo.

Il Domani non si limitò però ai redditi, pubblicando anche dati contenuti in alcune segnalazioni di operazioni sospette (Sos) a suo nome in quel momento riservate e nella disponibilità solo dell’Antiriciclaggio della Banca d’Italia, delle procure distrettuali, e dei reparti speciali della guardia di finanza.

Crosetto presentò allora denuncia alla Procura di Roma che iniziò ad indagare ‘a ritroso’, andando a vedere chi aveva effettuato l’accesso alla banca dati, dove resta traccia, l’interrogazione con il suo nome.

Gli accertamenti permisero di scoprire che era stato Striano il quale nell’ultimo periodo, oltre a quello relativo a Crosetto aveva effettuato centinaia di altri accessi alla banca dati con la scusa di una non meglio precisata attività “info-investigativa” pur essendo la Dna un ufficio di coordinamento che non svolge indagini in prima battuta.

Ulteriori accertamenti avevano poi permesso di scoprire che Striano si era incontrato con Tizian, il giornalista autore dello scoop sul Domani, proprio nei giorni in cui avveniva la pubblicazione dei pezzi incriminati.

Il fascicolo da Roma venne quindi trasmesso a Perugia per verificare le eventuali responsabilità di magistrati in servizio alla Dna, come appunto il pm Antonio Laudati, anch’egli indagato.

Melillo avviò una stretta su questo tipo di accertamenti e il comandante della guardia di finanza Andrea De Gennaro una ricognizione sul personale dipendente che abitualmente accede alle banche dati riservate.

Per quale motivo, però, un ex sottufficiale delle fiamme gialle poi promosso per meriti ufficiale, avrebbe dovuto mettere a repentaglio la propria carriera passando notizie riservate a dei giornalisti con il rischio di finire indagato, come poi puntualmente è successo, resta ad oggi un mistero. È un po’ difficile, infatti, pensare al dossieraggio di una persona sola, senza complici o mandanti.

Striano è stato sollevato dal suo incarico ed è stato trasferito in un ufficio della Scuola sottufficiali a L’Aquila. Da uomo dello Stato farebbe però bene a raccontare che cosa è successo veramente. E soprattutto, perché.

6 Marzo 2024

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