Il caso dell'anarchica
Nordio contro la famiglia Salis: “Hanno perso un anno…”
Il ministro attacca sulla richiesta di domiciliari. Serracchiani: “Lui fermo per un anno”. Per l’istanza serve una cauzione di 51mila euro e una casa sicura a Budapest. Migliorano le condizioni di detenzione
Giustizia - di Frank Cimini
I giudici ungheresi hanno anticipato dal 24 maggio al 28 marzo la ripresa del processo a Ilaria Salis che intanto ha comunicato all’ambasciatore italiano il miglioramento delle condizioni di detenzione.
Esulta il ministro degli Esteri Antonio Tajani, mentre quello della giustizia Carlo Nordio accusa i familiari della ragazza e gli avvocati di aver perso un anno di tempo avendo deciso solo ora di presentare l’istanza di arresti domiciliari a Budapest.
Insomma il governo di Roma dopo aver fatto nulla per un anno -a conoscenza per forza di cose dall’ambasciata che Ilaria Salis veniva trascinata in tribunale incatenata a mani e piedi, col guinzaglio- adesso si prende tutti i meriti di una situazione che starebbe per evolvere in positivo.
Il condizionale è più che mai d’obbligo perché di concreto non c’è stato ancora niente. E la strada per chiedere i domiciliari a Budapest resta tutta in salita: bisogna versare una cauzione di 51 mila euro, trovare una casa in città che risponda a determinate esigenze di sicurezza.
Tajani sottolinea che il miglioramento delle condizioni della reclusa “è stato ottenuto lavorando con discrezione e senza polemiche. Abbiamo sollecitato un processo equo e rapido tutelando i diritti della detenuta”.
Debora Serracchiani del Pd polemizza con il ministro della Giustizia: “Il conferenziere Nordio non solo è rimasto muto e fermo per un anno ma adesso oltre al danno aggiunge le beffe attribuendo la responsabilità della detenzione di Ilaria Salis ai suoi familiari. Spero che ne sia consapevole altrimenti saremmo di fronte a un caso di cinismo senza precedenti. Siamo al paradosso anche con i vanti di Tajani, ma questa è l’Italia della premier Meloni”.
Intanto bisognerà vedere gli sviluppi del caso di Gabriele Marchesi e aspettare la risposta dei giudici di Budapest ai colleghi di Milano che hanno chiesto se è possibile sostituire il mandato di cattura europeo con gli arresti domiciliari in Italia. Difficilmente accetteranno tale eventualità per non creare contraddizioni con il caso Salis. Insomma. almeno per adesso c’è poco da essere ottimisti.