La nuova kermesse
European Outdoor Show, a Verona la fiera delle armi aperta anche ai bambini…
Mimetica l’operazione della fiera a Verona che si chiamerà “European Outdoor Show”. Venghino signori venghino a vedere questi fucili d’assalto da 700 colpi al minuto. Volantini pubblicitari da brivido
Cronaca - di Luca Casarini
L’industria delle armi vedrà a Verona, dal 17 al 19 febbraio, una nuova kermesse. Alla Fiera, dopo le edizioni di Brescia e Vicenza, verrà aperto a migliaia di visitatori e potenziali acquirenti, questo Luna Park di strumenti di morte, perché un fucile d’assalto che spara 700 colpi al minuto, altro non può definirsi.
La mimetizzazione si sa, è una tattica militare: ed è esattamente mimetica l’operazione dell’Eos, “European Outdoor Show”, che è il nome scelto dagli organizzatori per tentare di apparire presentabili. In tempi come questo, con migliaia di morti quotidiani tra Gaza e Ucraina, tra Yemen e Sud Sudan, e in decine di altri luoghi vicini e lontani, ci vuole del coraggio per propagandare in un luogo pubblico, cercando il massimo afflusso di persone, la vendita e dunque l’uso di armi.
È una fiera che non ha avuto il patrocinio del Comune, né dell’Ente Fiera, perché tecnicamente i promotori vengono solo “ospitati”. Si tratta del Consorzio Armaioli Italiani e di Pintalis srl. Più di 500 espositori. Ma l’imbarazzo, per l’amministrazione che pochi giorni fa ha proiettato sui muri del municipio la scritta “Cessate il fuoco”, è palese.
Presentare la Fiera delle armi come innocua – quando girano pistole e fucili non c’è mai nulla di innocuo – perché legata alla caccia e alla pesca, è come indossare una mimetica, e acquattarsi confusi tra le frasche, in attesa del bersaglio.
Basta andare a vedere i depliant di qualcuno tra gli espositori, per svelare la natura dell’operazione. Israel Defense Store decanta le doti del kit “Roni Advanced”, “che permette di trasformare una pistola semiautomatica in una nuova e più potente arma”. Installazione semplice, rapida e fai da te: la tua Beretta, o Glock, la tua Sig Sauer, Cz, o altra che sia, si trasformano in qualcosa di più micidiale, simile ad un fucile per il calcio che dota di “grande stabilità nel tiro”.
Anche la SAS 9 mm. Della Bul Armory, altro produttore israeliano del mercato globale di armi, non sembra esattamente uno strumento sportivo. Chissà quanti bambini palestinesi hanno sperimentato sui loro corpi la sua “perfezione”. L’importatore italiano, non è un caso, si chiama “Bersaglio Mobile”. Eppure, ma questa è la magia delle fabbriche d’armi, a sentire gli organizzatori, sembra di stare ad un meeting di filantropi ghandiani innamorati della natura.
Così innamorati da volerla vedere da vicino e il meglio possibile: i sistemi ottici di puntamento della statunitense Vortex, da applicare a fucili di ogni tipo, sono descritti come capaci di “correzioni rapide e precise a distanza, oltre a un ampio campo visivo quando si tratta di colpire i bersagli da vicino”.
È proprio la Vortex, nel suo flyer pubblicitario che sarà distribuito in migliaia di copie alla fiera, che descrive in maniera perfetta, la filosofia che anima l’intero evento, come tutti quelli di questo tipo: “Questo è molto più che un semplice utilizzo dell’ottica sul campo: questo è uno stile di vita e vogliamo che tu ne faccia parte. Che tu abbia dedicato la tua vita alla caccia e al tiro, o semplicemente prendi la vecchia .270 di tuo padre nella stagione dei cervi o per qualche caccia, tutto ciò che serve è un apprezzamento per la libertà, la vita all’aria aperta, il tempo trascorso con amici e famiglia, raccontando storie, condividendo ricette…”.
Dopo che il wild west ti ha fatto inginocchiare, arriva il colpo di grazia: “Difendendo le nostre terre pubbliche e proteggendo il nostro diritto dato da Dio a portare armi. Se suona come te, benvenuto nella Vortex Nation”.
Le immagini che accompagnano il testo non sono quelle di un cow boy che si aggira a cavallo, col suo Winchester per i monti del Nebraska, in cerca di cervi. Un vero e proprio manifesto della filosofia “War way of life” che spiega bene qual è per l’industria delle armi, la vera posta in gioco globale: un immaginario, un mondo, una “nazione degli armati”, con la benedizione di un Dio tutto loro.
Produrle, pubblicizzarle, diffonderle, è la missione che rafforza la lobby che lavora, anche in Italia, incessantemente, perché le leggi europee si adeguino a quelle statunitensi, con la vendita più libera possibile delle armi, e perché le concessioni delle licenze siano più semplici. Non è un caso se nel nostro paese cala costantemente il numero di cacciatori registrati, ma aumenta quello dei possessori di armi per il “tiro sportivo”. Eppure dei seicentomila titolari armati, solo un terzo è iscritto ad un poligono.
La liberalizzazione sul modello americano, consentirebbe enormi profitti a quelli “che si scambiano ricette il fine settimana” tra una raffica e l’altra. Chiaro, ci sono dei piccoli inconvenienti: tutte queste armi in giro, prima o poi sparano. Ne sanno qualche cosa proprio negli States, dove la lobby dei produttori di armi è così potente da aver impedito dopo ogni ricorrente strage, nelle scuole come nelle famiglie, compiuta da qualcuno che aveva un pomeriggio di un giorno da cani, qualsiasi passo indietro.
La mimetizzazione di Eos fa parte di una strategia globale dei produttori di armi destinate al consumo di massa. Queste fiere sono da statuto miste: le canne da pesca, mulinelli e retini, fanno da bucolico paravento alla vendita di quelle che vengono definite “armi comuni”. Sono armi micidiali, potentissime, e non è un caso se a farne uso sono le polizie e i contractors di tutto il mondo. Ma l’operazione appare ben più sofisticata.
La messa in pubblico delle 9 millimetri parabellum come dei fucili d’assalto, serve innanzitutto a normalizzare la loro presenza tra noi. Le armi sono belle, luccicanti, amiche fidate che “non ti lasciano mai solo”. Perché non averne una in casa, tutti quanti? Perché non proteggere la villetta, così sudata, se qualche malintenzionato scavalca il cancello? È il refrain che ha trasformato negli anni, la passione per la caccia in passione per le armi.
La vecchia doppietta del nonno oggi è stata sostituita con un fucile di precisione. La pistola che poliziotti e guardie giurate tengono al fianco, puoi averla anche tu. E guardartela, lucidarla, mostrarla agli amici, e a tuo figlio che è ancora piccolo, ma già promette bene. L’operazione simpatia e familiarità, appena entri nel magico mondo, ti prende subito per mano: corsi, educazione al tiro, convegni con tecnici espertissimi degli ultimi proiettili da 6.5 millimetri, con testa blindata. Non ci vuole al contrario nessun esperto di balistica per capire dove possa andare a finire questa parabola.
L’anomalia tutta italiana delle fiere delle armi miste, con la scusa che sono definite “comuni”, cerca di produrre innanzitutto attrazione per questi strumenti di morte. Non vi sono in calendario all’Eos appuntamenti che riguardino il dramma delle uccisioni, la tragedia della diffusione di massa delle armi nel mondo, l’orrore delle stragi americane nelle scuole, le guerre causate dalla dittatura delle armi.
Tutto è in positivo, in questo magico mondo, quando puoi premere un grilletto. Il paradosso è che alla prestigiosa Fiera del vino, Vinitaly, l’ingresso è consentito solo ai maggiorenni. Alla fiera delle armi no, basta essere accompagnati da un adulto. E certo che ci porti tuo figlio, che non cresca come una mammoletta, e che così possa vedere papà quanto è figo con il fucile in mano. Figo come Salvini alla fiera del 2018 a Vicenza, che imbracciava una mitraglietta a favore di fotografi e telecamere.
Dietro il ritornello leghista sulla “legittima difesa anche quando spari alle spalle o giustizi un ladro in fuga, disarmato o a terra”, non vi è solo la classica idea di supremazia della proprietà privata sulla vita di chiunque, e nemmeno la trasfigurazione in “Rust Belt trumpiana” del distretto delle fabbrichette padane, ma anche e soprattutto un patto di ferro, meglio, di piombo, con i produttori di armi per il largo consumo. Sono voti e soldi.
Le realtà sociali che venerdi sera si sono riunite al Laboratorio “Paratodos” di Verona, non ci stanno. Hanno discusso insieme, dalla rete delle Donne in nero, a quella per la Palestina, di come contrastare il tranquillo svolgimento della Fiera delle armi. La “guerra mondiale a pezzi”, come dice Papa Francesco, è troppo potente e diffusa per lasciar passare, voltandosi dall’altra parte, queste operazioni.
Sarà anche mercato, ma non può essere un mercato con la strada spianata. E non può averla soprattutto oggi, con il tempo che viviamo, con il mondo intero in ostaggio delle armi. La proposta, avanzata dal Movimento Nonviolento di Mao Valpiana e dalla “Rete disarmo” di Giorgio Beretta, di un “codice etico” accolta da Comune ed Ente Fiera, è già in campo. Si affiancheranno azioni di disobbedienza, proposte dalle realtà sociali veronesi a tutti e tutte, che “possano disturbare il manovratore che ci conduce direttamente nel baratro e nell’orrore di una guerra civile globale”.
E sembra davvero un altro paradosso, il fatto che il Papa, che a maggio sarà nella città scaligera per una grande iniziativa per la pace e con i movimenti popolari, riceva in anticipo un benvenuto del genere, con una fiera delle armi.
Forse il messaggio che il pontefice ha diffuso un mese fa, a Natale, non è arrivato ai piani alti dell’amministrazione: “Per dire no alla guerra, bisogna dire no alle armi. Perché se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?”.