La strage di Cutro

L’Italia sapeva del naufragio di Cutro, le prove che incastrano il governo

La premier aveva affermato: “Nessuna comunicazione alle nostre autorità da Frontex”. Non era vero. I funzionari erano in contatto con il centro situato al Viminale e con il Comando delle capitanerie

Cronaca - di Angela Nocioni

2 Febbraio 2024 alle 13:00

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L’Italia sapeva del naufragio di Cutro, le prove che incastrano il governo

Non diceva la verità la presidente del Consiglio Giorgia Meloni quando ha detto: “Nessuna comunicazione di emergenza è arrivata alle nostre autorità da Frontex. Non siamo stati avvertiti che questa barca rischiava di affondare”.

L’ha detto sei giorni dopo la strage di Cutro, quando il caicco Summer Love con la stiva stracarica di bambini, avvistato già da ore e segnalato “con una forte risposta termica dalla stiva” (che in quella rotta vuol poter dire solo “con la stiva presumibilmente carica di persone”) si schiantò prima dell’alba del 26 febbraio nelle secche a pochi metri dalla costa calabrese: 94 morti, 80 sopravvissuti, almeno 30 dispersi.

Invece salta fuori che c’erano due funzionari italiani nella sala di monitoraggio di Frontex, a Varsavia, quella notte. Sta scritto nel rapporto dettagliato di Frontex, l’agenzia europea con il compito di polizia di sorvegliare il mare dal cielo, su cosa avvenne in quelle ore nella sala monitoraggio dell’agenzia a Varsavia. Ne ha pubblicato stralci la testata europea Euractiv.

I due funzionari, “uno della Guardia di finanza e uno della Guardia costiera”, erano in “costante contatto” con il Centro di coordinamento internazionale di Roma, quell’ufficio situato al Viminale da cui partono i comandi quando si decide di trattare come una operazione di polizia per contrasto all’immigrazione clandestina il caso di una nave avvistata.

C’erano ed erano in “costante contatto” con il Centro italiano di coordinamento del soccorso marittimo, ossia il Comando delle capitanerie di porto dove opera personale militare della Guardia costiera e che ha il dovere di decidere, ordinare e coordinare i soccorsi quando la nave avvistata sia potenzialmente a rischio naufragio.

Qualsiasi imbarcazione carica di gente è da considerarsi a rischio naufragio, indipendentemente dalle condizioni meteomarine. Lo ha ribadito in una audizione alla Camera dei deputati il 3 maggio del 2017 lo stesso ammiraglio Nicola Carlone, capo della Guardia costiera dal 2021.

I due funzionari italiani “in costante contatto” con Roma definirono “non di particolare interesse” il caicco avvistato. Quindi le autorità erano avvisatissime: non solo due funzionari erano presenti, ma sia il Comando delle capitanerie di porto di Roma sia l’ufficio del Viminale erano in “costante contatto” con loro. Più avvisate di così…

Il governo sapeva anche che Frontex qualche ora prima della strage, il sabato alle 22,26 ha inviato una scheda telematica a tutte le autorità competenti italiane, anche alla Guardia di Finanza, anche alla Guardia costiera, con tutte le informazioni necessarie a considerare quella barca a rischio naufragio e ad attivare i soccorsi. Quella scheda descrive una “barca a motore” con “forte risposta termica dalla stiva”: può voler dire soltanto probabili persone a bordo e nient’altro che questo.

Dice che “non ci sono giubbotti salvavita visibili” e che “sovracoperta c’è una sola persona visibile”. Dà la posizione e la rotta. Invia una foto termica da cui si deduce che la linea di galleggiamento è bassa. Elemento che insieme a quella “forte risposta termica dalla stiva”, in una rotta nota per essere quella battuta dalle barche in arrivo cariche di migranti dalla Turchia, può voler dire soltanto che quella era una barca carica di persone diretta sulle nostre coste.

Non c’era nessun bisogno che Frontex scrivesse “barca in distress” perché si avviasse una operazione di soccorso. Il governo sa che sono le autorità italiane a dover decidere se avviare una operazione di soccorso o di polizia di fronte a una scheda simile e sa anche che i militari di cui l’Italia dispone sono capacissimi di leggere quella scheda come la segnalazione chiara e inequivocabile di una emergenza.

Quindi deve spiegare perché quei soccorsi non sono scattati. Frontex ha già spiegato subito dopo la strage che spetta all’Italia decidere quale tipo di operazione avviare dopo una sua segnalazione. È sempre il governo a dover chiarire perché i carabinieri arrivano sulla riva alle 4,35 quando la barca è naufragata già da almeno mezz’ora.

Il radar della Finanza l’aveva intercettata o no? L’aveva intercettata alle 3,50 o già prima? I due mezzi della GdF, quando tornano agli ormeggi spaventati dal mare grosso, scrivono che “è stato attivato il meccanismo di ricerca, lungo le direttrici di probabile sbarco, coinvolgendo anche le altre forze di polizia nelle ricerche lungo la costa”.

Eppure per per più di mezz’ora non si attiva un bel niente. Tanto che la prima ricerca a terra la fa un’automobile dei carabinieri mandata a Steccato di Cutro dopo le 4 e un quarto, quando i carabinieri di Crotone ricevono una telefonata di allarme e riescono a capire da dove viene. Perché si è aspettato a piedi asciutti che il caicco attraccasse da solo? Se era pericoloso per la Guardia di finanza uscire perché non lo doveva essere per quella barca entrare?

Qualsiasi persona della Guardia costiera sa che un caicco ha una carena bassa, che sugli scogli la carena di un caicco sbattuto dalle onde si schianta e se la stiva è piena di persone quelle persone affogano.

All’alba di sabato 25 febbraio, alle quattro e cinquantasette, il Mrcc di Roma invia una allerta distress, che vuol dire nave in possibile pericolo, a tutte le imbarcazioni nell’area dello Jonio. Ne aveva inviata una, identica, già alle 20,44 di venerdì 24 febbraio. Molte ore prima dell’avvistamento del caicco. Oltre 24 ore prima del naufragio.

A cosa si riferiva quell’allerta del Mrcc? Da chi l’Mrcc aveva avuto segnalazione? In quel dispaccio sta scritto pure che l’Mrcc ha aperto in quel momento un evento Sar con il numero 384. Si tratta dell’atto con cui si apre la procedura per un salvataggio. Quell’evento Sar 384, dopo averlo aperto, l’ha chiuso?

E, in caso, come l’ha chiuso e perché. È arrivata forse un’altra barca di cui non è stata data notizia? Non è stata individuata nessuna barca? Se quando è arrivata la segnalazione di Frontex l’Mrcc di Roma aveva un evento Sar per nave in distress già aperto, le regole le imponevano di mettere in mare le navi di soccorso per qualsiasi avvistamento senza bisogno di ricevere la segnalazione esplicita di un rischio naufragio.

Al di là delle risposte a queste domande, ancora attese, rimane il fatto – enorme – che la sera del 25 febbraio di quasi un anno fa più d’una persona è andata a letto sapendo che in mezzo al mare c’era una nave in difficoltà probabilmente carica di persone senza giubbotti di salvataggio. E ha aspettato che arrivasse da sola a riva.

2 Febbraio 2024

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