La violazione di diritti
Roma fa deportare 25 naufraghi in Libia, ora sono segregati in un lager
Il segretario generale dell’Onu: le autorità libiche rinchiudono i migranti in centri clandestini
Cronaca - di Angela Nocioni
Non potevano essere deportati a Tripoli i 25 naufraghi soccorsi la sera del 14 dicembre dal rimorchiatore Vos Triton. La Libia non è un porto sicuro, infatti ora quei 25 sopravvissuti sono tutti rinchiusi nelle gabbie libiche del Tarek el Sika.
Il comandante del Vos Triton e chi dal Comando delle capitanerie di porto di Roma ha coordinato l’operazione (con comodo, con quattro ore di ritardo rispetto a quando ha avuto notizia del gommone sgonfio con oltre 80 persone in balìa di onde alte due metri e mezzo in acque internazionali, ritardo costato la morte ad almeno sessanta persone tra cui molti bambini) hanno violato una serie di norme internazionali.
Innanzitutto l’art.33 della Convenzione di Ginevra e il divieto di respingimenti collettivi imposto agli Stati membri dalla Cedu e l’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Non può essere considerato porto sicuro il territorio libico dove i migranti vengono illegalmente detenuti e torturati.
Il fatto che la nave Vos Triton batta bandiera di Gibilterra nulla toglie al fatto che chi ha lasciato che i sopravvissuti fossero sbarcato in Libia ha commesso consapevolmente una grave violazione dei loro diritti. La magistratura italiana, la Procura di Roma che è competente in questo caso, intende occuparsi di tutto ciò così come dell’evidente omissione di soccorso che ha causato una strage?
Il fatto che sia stato il Comando di Roma a coordinare – tardi e male – i soccorsi è ampiamente documentato, l’ha confermato anche Frontex, l’agenzia europea per il pattugliamento del mare dal cielo. E il Comando delle capitanerie di porto lo rivendica in un suo scritto di due giorni fa in cui non spiega perché non si è mossa subito, alle 17,30, appena ricevuto l’allarme.
Che le autorità di Tripoli commettano crimini contro le persone consegnate alla Libia lo denuncia anche un dettagliato report dell’Onu pubblicato due giorni fa. Il segretario generale delle nazioni unite, Antonio Guterres, descrive la responsabilità diretta delle autorità libiche nella deportazione di migranti in campi di prigionia clandestini dopo la loro cattura in mare da parte delle varie milizie che il Comando della nostra guardia costiera finge di ritenere composto da guardiacoste e non da trafficanti organizzati in bande.
“Molte delle persone intercettate sono state trasferite in centri di detenzione ufficiali – scrive Guterres – ai quali le Nazioni unite hanno accesso limitato e altre in centri di detenzione non ufficiali nei quali le Nazioni unite e tutti i rappresentanti di organizzazioni umanitarie non possono entrare”.
Cos’altro serve perché la magistratura italiana apra una inchiesta per verificare quali e quanti reati ha commesso il Comando generale del corpo delle capitanerie di porto il 14 dicembre? Quante altre stragi devono avvenire perché le persone della Guardia costiera, che in mare salvano persone tutti i i giorni, smettano di tacere?