Il dossier degli 007

Israele sapeva da un anno dell’attacco di Hamas. Perché non lo ha impedito?

Il piano della resistenza palestinese era stato descritto dall’intelligence di Tel Aviv nei minimi dettagli già nel 2022, proprio nelle modalità in cui è avvenuto il 7 ottobre scorso. Ma le autorità militari lo hanno ignorato. Come mai? Per Bibi si annunciano tempi duri

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

6 Gennaio 2024 alle 08:00

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Israele sapeva da un anno dell’attacco di Hamas. Perché non lo ha impedito?

7 ottobre: una debacle evitabile. Era tutto scritto

La esatta dinamica dell’attacco sferrato da Hamas il 7 ottobre era descritta, con dovizia di dettagli, in un documento ‘Top secret’ dell’intelligence militare redatto nell’autunno del 2022 nella ‘Divisione Gaza’ dell’esercito.

Lo ha rivelato l’altro ieri il programma di inchieste giornalistiche Uvdà della tv israeliana Canale 12, condotto da Ilana Dayan, che è riuscita ad ottenere una copia di quel testo ma non è riuscita a sapere come mai i comandanti dell’esercito non l’avessero preso nella dovuta considerazione.

Il documento è intitolato: ‘’La minaccia di una incursione di Hamas dalla Striscia di Gaza’’. Conteneva grafici, con la disposizione delle forze militari di Hamas, con i nomi dei comandanti e anche con la descrizione precisa della “Nukhba”, la unità di elite di Hamas.

Obiettivo di quell’attacco, si precisava nel testo, era ‘’la penetrazione in territorio israeliano, l’attacco di militari e di civili, la loro uccisione, nonché lo sforzo di catturare ostaggi vivi o anche i loro corpi’’.

Nel documento presentato da Uvdà era menzionata inoltre la possibilità che Hamas avrebbe cercato di “addormentare” gli israeliani mantenendo un periodo di calma e che avrebbe poi sferrato un attacco improvviso nel momento in cui avesse notato che la dislocazione di forze regolari al confine si era ridotta in maniera sensibile. “Come è appunto avvenuto il 7 ottobre”, ha commentato la emittente.

Hezbollah: “Risponderemo all’attacco israeliano su Beirut”

“Non rimarremo in silenzio dopo l’attacco nella periferia Sud di Beirut ”e “risponderemo al nemico”: lo ha detto il leader degli Hezbollah libanesi, Hassan Nasrallah, in un discorso trasmesso in diretta tv da una località segreta.

“Sarebbe più pericoloso rimanere in silenzio che affrontare le ripercussioni di una nostra risposta”, ha aggiunto Nasrallah. “Sarà il terreno di battaglia a parlare. E il terreno di battaglia non può aspettare”, ha detto il leader libanese alleato di Hamas e Iran.

“Se, Dio non voglia, il nemico sconfigge il popolo di Gaza, verrà ad attaccare il Sud del Libano. La guerra oggi non è solo per la Palestina” , ha aggiunto.

Dal 7 ottobre “abbiamo condotto 670 operazioni contro il nemico, con punte di 23 operazioni in determinati giorni e una media di sette operazioni al giorno. Sono stati presi di mira 48 avamposti nemici”, ha rivendicato Nasrallah.

Raisi: “L’operazione Diluvio Al Aqsa sarà la fine d’Israele”. “Sceglieremo noi il luogo e il tempo della vendetta”

L’operazione ‘Diluvio di Al Aqsa’, come Hamas ha chiamato la guerra contro Israele, porterà alla «fine del regime sionista». Lo ha detto il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, partecipando a Kerman ai funerali delle vittime del doppio attentato di mercoledì.

«La vittoria della verità e la distruzione della falsità è una promessa divina», ha aggiunto, citato dall’agenzia Irna, Raisi, che poi si è recato a visitare la tomba di Qassem Soleimani, il capo delle operazioni all’estero dei Pasdaran e nemico numero uno di Israele, ucciso in un raid Usa a Baghdad 4 anni fa e che veniva ricordato quando è stato compiuto il doppio attentato. Il luogo e il tempo della vendetta iraniana per il doppio attentato di Kerman saranno «scelti» dalla Repubblica islamica, ha proclamato Raisi.

Politico: amministrazione Usa si prepara a conflitto allargato

Funzionari dell’amministrazione Biden stanno elaborando piani per consentire agli Stati Uniti di affrontare un allargamento del conflitto di Gaza a una pericolosa dimensione regionale, scrive Politico, citando quattro funzionari al corrente della questione, tra cui un alto funzionario governativo americano, tutti dietro garanzia di anonimato.

Queste fonti hanno riferito di colloqui interni sugli scenari che potrebbero trascinare gli Stati Uniti in un’altra guerra in Medio Oriente, con la prospettiva di tempi prolungati.

Secondo tre funzionari statunitensi, l’esercito sta elaborando piani per rispondere agli Houthi yemeniti sostenuti dall’Iran che hanno colpito e restano una minaccia per le navi commerciali nel Mar Rosso.

Questi piani includono attacchi ad obiettivi Houthi nello Yemen, ha detto uno dei funzionari, un’opzione presentata in precedenza dall’esercito.

Funzionari dell’intelligence, nel frattempo, stanno escogitando modi per anticipare e respingere possibili attacchi contro gli Stati Uniti da parte delle forze appoggiate dall’Iran in Iraq e Siria, secondo uno dei funzionari. E stanno lavorando per determinare dove i militanti Houthi potrebbero colpire in seguito.

Hamas: 22.600 vittime nella Striscia Gaza da inizio guerra

Il Ministero della Salute di Hamas ha aggiornato il bilancio delle vittime del conflitto nella Striscia di Gaza. Sono 22.600 dal 7 ottobre scorso. Nelle ultime 24 ore se ne sono contate 162. Il totale dei feriti da inizio guerra ammonta a 57.910.

Ministro Israele: incoraggiare partenza palestinesi da Gaza

All’indomani della presentazione da parte del ministro della difesa Yoav Gallant di un piano relativo alla futura gestione della Striscia di Gaza (con un intervento combinato di Israele, Egitto, una `task-force´ multinazionale e amministratori locali palestinesi) il ministro per la tradizione Amichai Eliyahu (quello che non aveva escluso la bomba atomica su Gaza) ha illustrato una visione totalmente diversa che include invece un «incoraggiamento» ai palestinesi affinché abbandonino la Striscia.

«La questione è semplice – ha detto alla radio 103Fm. – Dobbiamo trovare i loro punti deboli. Sappiamo che la morte non li spezza, loro non apprezzano la vita. Quello che davvero fa loro male è il territorio, la terra, la distruzione della casa, una partenza volontaria. Dobbiamo spezzare il loro sogno nazionale. Ci avete massacrato? Allora non potete restare qua. Questo è il punto centrale: dobbiamo incoraggiarli a lasciare questo posto».

Su X il ministro ha poi proposto le immagini di «una colonna di 15 mila emigranti, di 24 Paesi, partita dal Messico verso il confine con gli Usa». «Ogni governo che si arrenda ad una visione progressista – ha aggiunto – va contro il proprio interesse esistenziale e genera un disastro per il suo popolo». Non è voce isolata.

Il dottor Raphael Ben Levi, dell’organizzazione di destra Tikvah Fund e ricercatore presso l’Istituto Misgav per la sicurezza nazionale e la strategia sionista, citato da Haaretz, ha scritto che l’unico modo per stabilizzare il confine sud di Israele «è agire per spingere la popolazione nella penisola del Sinai e creare un’iniziativa internazionale per assorbire gli sfollati del Sinai in paesi stranieri. Nonostante l’opposizione prevista, Israele deve agire per creare una situazione intollerabile a Gaza, che obbligherà altri Paesi ad aiutare la partenza della popolazione – e gli Stati Uniti a esercitare forti pressioni a tal fine».

Per gli esponenti politici e gli aperti sostenitori delle tesi Kaheniste, la strage di ottobre e la guerra che ne è seguita sono diventate «un’opportunità per concentrarsi sull’incoraggiamento dei residenti di Gaza a migrare», queste le parole del ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben- Gvir per cui il trasferimento dei gazawi è una «scelta corretta, giusta, morale ed umana».

Media Israele: duro attacco dell’estrema destra ai vertici dell’esercito

Un duro scontro fra i rappresentanti dell’estrema destra nel governo di Benjamin Netanyahu e i vertici militari di Israele ha portato il premier a interrompere dopo tre ore un vertice convocato l’altra notte per discutere del dopoguerra a Gaza.

Secondo quanto riporta il Times of Israel, sotto accusa dei politici di destra, compresi alcuni ministri dello stesso Likud di Netanyahu, è in particolare il capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane, Herzi Halevi, attaccato per le inefficienze che hanno portato all’attacco di Hamas del 7 ottobre e per il coinvolgimento nella riunione dell’ex ministro della Difesa Shaul Mofaz, considerato corresponsabile del ritiro da Gaza nel 2005.

La scintilla che ha fatto scattare lo scontro è stata la notizia della creazione di un comitato di ex funzionari della Difesa per indagare sul fallimento dell’esercito in merito agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, iniziativa presa dal capo di stato maggiore.

Lo scontro è stato molto acceso secondo quanto riportato dalla stampa israeliana, che riferisce di urla e litigi clamorosi, e avviene proprio mentre in Israele è in arrivo il segretario di Stato Usa Antony Blinken.

Gallant a estrema destra: ‘Basta usare l’Idf per motivi politici’

“Basta usare irresponsabilmente l’Idf e i suoi comandanti per ottenere vantaggi politici”. Anche il ministro della Difesa Yoav Gallant, dopo Benny Gantz, critica i ministri dell’estrema destra e del suo stesso partito Likud che l’altro ieri sera hanno duramente attaccato il capo di Stato maggiore Herzi Halevi durante un consiglio di guerra.

Gallant, che già ieri sera aveva difeso Halevi durante lo scontro verbale, ha diffuso ieri un comunicato dicendo di averlo chiamato per rinnovare la fiducia verso di lui e tutto l’esercito.

“Il popolo d’Israele ha ottenuto un capo di stato maggiore coraggioso ed equilibrato durante una guerra difficile – si legge – i soldati dell’Idf combattono per tutto il popolo d’Israele e mi rivolgo a tutti i membri del pubblico perché la smettano di usare irresponsabilmente l’Idf e i suoi comandanti per ottenere vantaggi politici”.

L’ufficio di Netanyahu: ancora 107 ostaggi vivi a Gaza

Le autorità israeliane ritengono che 107 ostaggi attualmente nella Striscia di Gaza siano vivi, su un totale di 132. Lo ha dichiarato alla Cnn l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, spiegando che è stato aggiornato a 25 il numero delle persone che si ritiene siano morte dopo essere state portate a Gaza il 7 ottobre. Quattro israeliani erano già tenuti in ostaggio a Gaza prima del 7 ottobre: due si ritiene siano vivi e due morti.

6 Gennaio 2024

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