L'allarme di Oxfam
Il dramma di Gaza, dopo le bombe rischio carestia: il 90% dei palestinesi rischia di morire di fame
L’allarme di Oxfam sul rischio carestia: “Se non li uccidono le bombe li uccideranno gli stenti, lasciare Gaza senza cibo né acqua è un crimine di guerra”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Un immenso cimitero a cielo aperto. È la Striscia di Gaza. Dove si muore per i bombardamenti israeliani, incessanti, devastanti. Gaza, dove si muore per inedia, per sete, per malattie infettive dilaganti.
Gaza, dove il 90% della popolazione (2,400 milioni di persone in totale, oltre il 50% al di sotto dei 18 anni) rischia di morire di fame senza un immediato cessate il fuoco e un massiccio ingresso degli aiuti.
In risposta al Rapporto sulla classificazione integrata delle fasi della sicurezza alimentare (IPC) che lancia l’allarme sul rischio di carestia con la prosecuzione del conflitto e del blocco all’ingresso degli aiuti a Gaza, Paolo Pezzati, portavoce di Oxfam Italia per le crisi umanitarie, rimarca: “Lasciare la popolazione di Gaza senza acqua e cibo è un atto premeditato e costituisce un crimine di guerra del Governo israeliano. La catastrofe umanitaria in corso è la prova inconfutabile che gli attacchi di Israele hanno portato al collasso il già fragile sistema alimentare nella Striscia. Il 90% della popolazione, pur salvandosi dagli attacchi, potrebbe morire di fame. Senza un immediato cessate il fuoco e un massiccio ingresso di aiuti, Gaza non potrà che finire nella morsa della carestia. È inconcepibile che nel 2023 la fame venga usata come arma di guerra contro donne, bambini, neonati, anziani e persone malate. L’orrore provato da ogni madre incapace di nutrire il proprio figlio è l’orrore che tutta Gaza oggi sta vivendo”, sottolinea Pezzati.
Nonostante quanto sta accadendo, alcuni degli Stati membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite continuano a non votare per un cessate il fuoco. “Coloro che all’interno della comunità internazionale si sono rifiutati di porre un freno alla macchina militare israeliana e alla punizione collettiva che viene inflitta all’intera popolazione di Gaza, sono complici di quanto sta avvenendo. – aggiunge Pezzati – Per questo rilanciamo un appello urgente perché i leader mondiali e l’Italia smettano di sostenere l’aggressione israeliana che sta uccidendo un numero spropositato di civili innocenti, ponendo le basi per un futuro incerto e insicuro sia per i palestinesi che per gli israeliani”.
Il blackout elettrico sta inoltre impedendo la refrigerazione di qualsiasi cibo deperibile, così come l’irrigazione delle colture. Oltre 15.000 agricoltori hanno perduto i raccolti e 10.000 allevatori non hanno più il foraggio per gli animali che stanno morendo.
La pesca, che impiega centinaia di persone, in questo momento è impossibile, perché è impedito anche l’accesso al mare. In quanto Paese occupante, Israele è inoltre tenuto a rispettare il diritto internazionale umanitario che proibisce rigorosamente di affamare la popolazione civile, come strategia di guerra.
Stando ad un rapporto stilato da varie agenzie delle Nazioni Unite e Ong, più di mezzo milione di persone a Gaza – un quarto della popolazione – rischiano di morire di fame. Secondo i dati del rapporto, la difficoltà a procurarsi da mangiare tra la popolazione ha superato quanto è avvenuto in Afghanistan e Yemen negli ultimi anni.
Il rapporto – citato dal Guardian – avverte che il rischio di carestia “sta aumentando ogni giorno”, imputando la fame agli aiuti insufficienti che entrano a Gaza. Il rapporto pubblicato da 23 agenzie Onu e non governative ha rilevato che l’intera popolazione di Gaza è in crisi alimentare, con 576.600 persone a livelli “catastrofici” di fame. L’economista capo del Programma alimentare mondiale Arif Husain afferma che «praticamente tutti a Gaza hanno fame». La fame, arma di guerra. Crimine contro l’umanità.