I crimini a Gaza
Gaza sotto assedio: non chiamiamolo genocidio ma è un genocidio, l’Onu inorridisce
Israeliani usano la fame e la sete come uno strumento di guerra. Ma questo è un crimine. Un Operatore Oxfam: non riusciamo a spiegare ai nostri bambini questa ferocia
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
“A Gaza ci sono 50.000 donne in gravidanza, con più di 180 parti al giorno. Il 15% di loro rischia di avere complicazioni legate alla gravidanza o al parto e di aver bisogno di ulteriori cure mediche. La vita di 130 bambini prematuri è a rischio senza incubatrici. Sono stati chiusi 14 ospedali e 45 centri di assistenza sanitaria primaria. Sono già stati segnalati oltre 22.500 casi di infezioni respiratorie acute, oltre a 12.000 casi di diarrea. Le donne, i bambini e i neonati di Gaza stanno sopportando in modo sproporzionato il peso dell’escalation delle ostilità nei territori palestinesi occupati, sia in termini di vittime, che di ridotto accesso ai servizi sanitari”.
Non è il ministero della Sanità di Gaza (Hamas) a denunciarlo. Sono quattro Agenzie delle Nazioni Unite Unicef, Unrwa, Unfpa e Oms.
Questo è il loro Rapporto congiunto: “Al 3 novembre, secondo i dati del Ministero della Sanità, 2326 donne e 3760 bambini sono stati uccisi nella Striscia di Gaza, pari al 67% di tutte le vittime, mentre altre migliaia sono state ferite. Ciò significa che ogni giorno vengono uccisi o feriti 420 bambini, alcuni dei quali di pochi mesi.
I bombardamenti, le strutture sanitarie danneggiate o non funzionanti, i massicci livelli di sfollamento, il collasso delle forniture di acqua ed elettricità e il limitato accesso a cibo e medicinali stanno mettendo in grave crisi i servizi di salute materna, neonatale e infantile. Le donne non possono accedere ai servizi ostetrici di emergenza di cui hanno bisogno per partorire in sicurezza e prendersi cura dei loro neonati. Con gli ospedali chiusi alcune donne sono costrette a partorire nei rifugi, nelle loro case, nelle strade in mezzo alle macerie o in strutture sanitarie sovraccariche, dove le condizioni igieniche stanno peggiorando e il rischio di infezioni e complicazioni mediche è in aumento.
Anche le strutture sanitarie sono sotto tiro: il 1° novembre è stato bombardato l’ospedale Al Hilo, un ospedale materno cruciale. Si prevede che le morti materne aumenteranno, data la mancanza di accesso a cure adeguate. Il bilancio psicologico delle ostilità ha anche conseguenze dirette – e talvolta mortali – sulla salute riproduttiva, tra cui un aumento degli aborti indotti dallo stress, dei nati morti e dei parti prematuri. Prima dell’escalation, la malnutrizione era già elevata tra le donne in gravidanza, con conseguenze sulla sopravvivenza e sullo sviluppo infantile.
Con il peggioramento dell’accesso al cibo e all’acqua, le madri faticano a nutrire e a prendersi cura delle loro famiglie, aumentando il rischio di malnutrizione, malattie e morte. Anche la vita dei neonati è appesa a un filo. Se gli ospedali finiranno il carburante, la vita di circa 130 bambini prematuri che si affidano ai servizi di cura neonatale e intensiva sarà minacciata, poiché le incubatrici e altre attrezzature mediche non funzioneranno più.
Più della metà della popolazione di Gaza ora si rifugia in strutture dell’Unrwa in condizioni terribili, con acqua e cibo inadeguati, che causano fame e malnutrizione, disidratazione e diffusione di malattie trasmesse dall’acqua. Secondo le prime valutazioni dell’Unrwa, 4600 donne in gravidanza sfollate e circa 380 neonati che vivono in queste strutture hanno bisogno di cure mediche. Sono già stati segnalati oltre 22.500 casi di infezioni respiratorie acute, oltre a 12.000 casi di diarrea, che sono particolarmente preoccupanti dati gli alti tassi di malnutrizione.
Nonostante la mancanza di un accesso sicuro e duraturo, le Agenzie delle Nazioni Unite hanno inviato a Gaza medicinali e attrezzature salvavita, tra cui forniture per i neonati e per la salute delle donne. Ma c’è bisogno di molto di più per soddisfare le immense necessità dei civili, tra cui donne in gravidanza, bambini e neonati. Le agenzie umanitarie hanno urgentemente bisogno di un accesso continuo e sicuro per portare a Gaza più medicinali, cibo, acqua e carburante.
Dal 7 ottobre non arriva più carburante nella Striscia di Gaza. Le agenzie umanitarie devono ricevere immediatamente il carburante per poter continuare a sostenere ospedali, impianti idrici e panifici. È necessaria una immediata pausa umanitaria per alleviare le sofferenze ed evitare che una situazione disperata diventi catastrofica.
Tutte le parti in conflitto devono rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario di proteggere i civili e le infrastrutture civili, compresa l’assistenza sanitaria. Tutti i civili, compresi gli ostaggi attualmente detenuti a Gaza, hanno diritto all’assistenza sanitaria. Tutti gli ostaggi devono essere rilasciati senza ritardi o condizioni”.
*“Mezzo milione di civili intrappolati nel nord di Gaza”
“La situazione per circa 500.000 civili palestinesi e per gli oltre 200 ostaggi israeliani e di altri Paesi intrappolati nel nord di Gaza è sempre più preoccupante, dato che sono stretti in un “assedio nell’assedio”. È l’allarme lanciato da Oxfam di fronte alla morsa imposta dalle forze israeliane su Gaza City e sul nord della Striscia.
“Siamo sfuggiti alla morte due volte - raccontava l’altro ieri un operatore di Oxfam - Ci sentiamo come topi in gabbia. Gaza City è chiusa, e abbiamo appreso che le persone in viaggio per trovare un rifugio nel sud sono rimaste uccise durante un attacco aereo. Sembra che stiano per bombardare l’area. A Shifa la situazione è un incubo: le fogne sono state danneggiate e le mosche sono dappertutto. Il rumore dei droni in cielo non ci lascia mai”.
“Condividiamo quello che abbiamo con altre dieci famiglie. - ha aggiunto Alhasan Swairjo, un altro operatore di Oxfam che si trova con la famiglia nel nord di Gaza - Nei mercati sta finendo tutto e dipendiamo dal cibo in scatola. I panifici non hanno elettricità e senza carburante avranno autonomia solo qualche giorno ancora. Facciamo il pane in casa, ma non sappiamo se nei prossimi giorni avremo abbastanza gas per cucinare. I nostri figli soffrono, non capiscono perché ci siamo trasferiti, perché Israele ci spara. Non riusciamo a spiegargli quanto sta accadendo. Stiamo lottando per sopravvivere”.
“La decisione di Israele di privare i civili di Gaza di beni essenziali per la loro sopravvivenza, come cibo, acqua, carburante e medicine equivale a una punizione collettiva. Israele sta usando la fame come arma di guerra, un crimine secondo il diritto umanitario internazionale, che non viene mitigato dal passaggio di qualche aiuto attraverso Rafah. - sottolinea Paolo Pezzati, portavoce di Oxfam Italia per le crisi umanitarie - L’ordine di evacuazione del 13 ottobre non riduce la necessità di proteggere i civili che non possono o non vogliono andarsene. Le comunicazioni con Gaza in questo momento sono frammentarie e non consentono di accertare esattamente quanto sta accadendo. I civili non dovrebbero mai essere il bersaglio di attacchi e, se scelgono di rimanere nelle loro case, hanno il diritto di farlo in sicurezza. In questo momento c’è il rischio che il prezzo che pagheranno nel nord di Gaza sia altissimo”.
Oxfam sta sostenendo alcune delle organizzazioni partner che operano ancora nel sud di Gaza, per fornire aiuti alla popolazione, mentre portare aiuti nel nord della Striscia al momento è praticamente impossibile. Gli oltre due milioni di persone ora ammassate nel sud di Gaza affrontano una situazione di insicurezza, caos e incertezza, con acqua, cibo, medicine e carburante insufficienti.
Dal varco di Rafah al confine egiziano gli aiuti passano col contagocce, arrivati giovedì a 102 camion dopo molte trattative diplomatiche, una quantità ancora del tutto insufficiente a coprire i bisogni di una popolazione che necessita di tutto. Le scorte di farina a Gaza sono ormai così scarse che potrebbero esaurirsi entro una settimana.
*Guterres (Onu): “Inorridito dal raid sulle ambulanze a Gaza”
Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres si è detto “inorridito” dall’attacco israeliano di venerdì contro un convoglio di ambulanze a Gaza. Nel raid, avvenuto nei pressi dell’ospedale di al-Shifa, sono rimaste uccise almeno 15 persone ed altre cinquanta sono state ferite, secondo le autorità sanitarie di Gaza controllate da Hamas.
“Sono inorridito dalle notizie dell’attacco a Gaza sul convoglio di ambulanze fuori dall’ospedale di al-Shifa. Le immagini dei corpi sparsi per strada fuori dall’ospedale sono strazianti”, dichiara il segretario Onu. Ricordando “gli attacchi terroristici, le uccisioni, le mutilazioni, i rapimenti di donne e bambini” da parte di Hamas, Guterres è tornato a chiedere il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco.
“Da quasi un mese i civili di Gaza, compresi donne e bambini, sono assediati, senza aiuti, uccisi e bombardati nelle loro case. Questo deve finire”, ha detto. Israele ha ammesso la responsabilità dell’attacco, affermando di aver colpito un’ambulanza usata da Hamas per trasportare armi e combattenti: le autorità di Tel Aviv sostengono infatti che all’interno dell’ospedale Hamas abbia nascosto il suo comando centrale.
*Medico Msf su raid israeliano sulle ambulanze: “Vergognoso, corpi insanguinati ovunque”
Un medico di Medici Senza Frontiere (Msf) che opera all’ospedale di Al Shifa a Gaza è stato testimone dell’attacco contro un’ambulanza fuori la struttura sanitaria. “Eravamo dentro al cancello dell’ospedale quando l’ambulanza è stata colpita davanti ai nostri occhi. C’erano corpi insanguinati ovunque – racconta il dottor Mohammed Obeid -. Molti sono morti sul colpo, mentre altri sono stati portati d’urgenza in sala operatoria”.
“L’attacco mortale davanti al cancello dell’ospedale di Al-Shifa è terribile – sostiene Msf –. Si tratta di un attentato letale davanti all’ospedale principale e più frequentato di Gaza, dove il nostro personale lavora ogni giorno per fornire cure mediche salvavita”. “Un ulteriore tragico evento – insiste Msf – in un flusso infinito di violenze inconcepibili. I ripetuti attacchi contro ospedali, ambulanze, aree densamente popolate e campi profughi sono vergognosi. Quante persone devono morire prima che i leader mondiali si sveglino e chiedano un cessate il fuoco?”, conclude la Ong in una nota.
Vogliamo trarre le conclusioni? Nella Striscia di Gaza ogni palestinese è un obiettivo. le donne che stanno per partorire, i neonati, le ambulanze. Vogliamo chiamarlo genocidio? No, non chiamiamolo genocidio. Però è un genocidio.