A destra volano coltelli
Perché Crosetto ha querelato Sallusti, tra Lega e FDI è guerra senza esclusione di colpi
Lo scontro tra il ministro e Il Giornale del filo-padano Angelucci è il riflesso della battaglia sempre più aspra tra Salvini e Meloni
Politica - di David Romoli
È probabile che sia stato davvero un equivoco, frutto non di perfide manovre ma di un errore giornalistico nella titolazione. Di certo però la guerra tra il ministro della Difesa Crosetto e Alessandro Sallusti, il direttore del quotidiano che da sempre è l’house organ della destra, Il Giornale, rivela quanto scoperti siano i nervi nel centrodestra, quanto posticci i sorrisoni come quello con cui mercoledì Meloni e Salvini hanno cercato di camuffare lo scontro in corso.
La vicenda è semplice: il ministro era stato convocato dal procuratore capo di Roma Lo Voi per fornire chiarimenti sull’accusa mossa dal ministro, le manovre di una parte della magistratura per dare una spallata al governo. All’uscita era stato proprio il ministro a smentire ogni screzio e garantire per la massima correttezza del procuratore.
Non si può dire che il titolone sparato dal Giornale, per quanto “riassuntivo” volesse essere, rifletta la realtà del fatto: “Inchiesta su Crosetto”. Non sulla denuncia di Crosetto. Proprio su lui medesimo. Al ministro sono girate di brutto. Ha querelato e non pago ha sparato ad alzo zero: “Titolo e articolo rivelano la chiara volontà di mistificare la realtà e trasmettere un messaggio tanto diffamatorio quanto falso, inaccettabile”.
Già ma chi avrebbe deciso di tirare il colpo basso? Il ministro se lo chiede: “Non posso esimermi dal capirne la ratio e soprattutto i mandanti”. Oddio, se un quotidiano sferra un attacco, specialmente se a tradimento, non è che ci voglia molto a individuare i mandanti: basta guardare la proprietà cioè, in questo caso la famiglia Angelucci, subentrata in primavera ai Berlusconi, e Antonio Angelucci, già Fi, è oggi vicino alla Lega.
Sempre che l’agguato ci sia stato davvero e non è affatto detto. Dalla redazione assicurano che l’intenzione era davvero opposta, prendersela non con il ministro ma con il procuratore sospettato di aver voluto intimidire Crosetto con la convocazione. Il direttore Sallusti risponde a brutto muso: “Crosetto mi sembra nervoso e quando uno è nervoso perde lucidità. Il titolo è una sintesi”. Sintesi sbagliata e probabilmente Sallusti, ottimo giornalista, lo sa da solo ma è probabile che la tempesta si riduca a questo.
Però se un ministro può sospettare una coltellata a freddo da una testata amica e adire senza pensarci su due volte le vie legali, senza contare il comunicato ad alto tasso di esplosività, è segno che nel centrodestra nessuno si presenterebbe a cena da un alleato senza portarsi l’assaggiatore: non si sa mai.
Gli scontri, lontano da Roma, infatti si moltiplicano: due giorni fa l’intero centrodestra ha affollato il tavolo in vista delle Regionali. C’erano tutti e l’occasione pareva fatta apposta per negare spaccature lacerazioni. Però la ricandidatura di Solinas resta in forse, insidiata da FdI che vuole rimpiazzare il governatore uscente con il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, sempre centrodestra certo, però area tricolore invece che della Lega e del Partito sardo d’Azione.
Un’insidia resa anche più grave dalla percezione ormai chiara che l’obiettivo di Meloni non si limita all’isola: la premier e leader di FdI mira al bersaglio grosso, al Veneto. Proprio ieri si è conclusa la guerra di Trento. Il presidente rieletto Fugatti che in barba all’accordo pre-elettorale aveva nominato vicepresidente un suo uomo, Achille Spinelli, al posto di Francesca Gerosa, indicata da FdI, ha fatto un passo indietro.
Esce Spinelli, entra Gerosa ma non basta a fare pace. Ci voleva un ulteriore risarcimento per la Lega e sono state le deleghe dell’assessore tricolore Cia, passate in blocco a Giulia Zanotelli, leghista di fatto. “Ha prevalso la responsabilità”, spiega sussiegoso il presidente. Più che altro ha prevalso la necessità di fermare quella che era già quasi una guerra, con FdI che si limitava all’appoggio esterno.
Se questa è la periferia, al centro le cose non vanno meglio. Lo scontro sull’Europa dei giorni scorsi non è destinato a ricomporsi né presto né facilmente, nonostante la messa in scena di Meloni e Salvini. Nel colloquio di mercoledì la premier è stata ambigua, ha assicurato di volere una maggioranza di centrodestra anche in Europa e magari è anche vero.
Ma se non sarà possibile ha tutte le intenzioni di entrare comunque in una maggioranza e a quel punto la frizione diventerà una cosa molto più seria di quanto non sia oggi. Sempre che la trattativa di oggi a Bruxelles sul Patto di Stabilità non si concluda con uno scacco feroce ai danni dell’Italia o con uno scontro aperto tra Bruxelles e Roma. A quel punto sarebbe la forza delle cose a riavvicinare i due leader della destra italiana.