La guerra Israele-Palestina

Due mesi fa il pogrom

Pace non ci sarà mai se uno schieramento, quello che si pretende vicino alla causa dei palestinesi, pretenderà di denunciare le responsabilità di Israele confondendole con il diritto di vivere degli israeliani e degli ebrei e con la difesa di questo diritto.

Editoriali - di Iuri Maria Prado

7 Dicembre 2023 alle 17:30

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Le vittime dell’attacco di Hamas il 7 ottobre
Le vittime dell’attacco di Hamas il 7 ottobre

Ieri scrivevo a un amico: “Domani è il 7 ottobre, bisognerà ricordarlo”. Domani, ovviamente, cioè oggi, non sarebbe stato il 7 ottobre ma il 7 dicembre. Un errore significativo. Un errore che veniva dalla mente ancora ferma alle immagini di quella mattina di due mesi fa.

Per molti dei pochi coinvolti (perché i coinvolti, purtroppo, dramma nel dramma, erano e sono pochi e soprattutto, tragedia nella tragedia, sono stati lasciati soli un’altra volta), questi due mesi sono stati tremendi.

Due mesi che hanno preso a decorrere nella fioritura ovunque dell’odio antisemita: ovunque, e cioè non solo nelle strade mediorientali in cui si faceva festa sulla scena dei cadaveri degli ebrei mutilati, ricoperti di sputi ed escrementi, festa intorno al pick up che metteva in mostra il corpo denudato di una ragazza, scomposto, il corpo della ragazza a cui avevano rotto le ossa per farlo entrare nel cassone, festa per l’assassinio sistematico, casa per casa, di milleduecento civili inermi, presi uno per uno, uomini, donne, bambini, fucilati, sgozzati, decapitati, bruciati vivi.

Ma appunto ovunque, non solo lì, gemmavano le preziosità dell’odio antiebraico: a Berlino, a Parigi, a Seattle, a New York, e a Roma, a pochi giorni e a pochi passi dalle stracche celebrazioni del rastrellamento nel Ghetto, con l’adunata democratica infiammata dal grido “Fuori i sionisti da Roma”.

Due mesi in cui le devastazioni delle sinagoghe e dei cimiteri ebraici, il pogrom mancato nel Dagestan, l’assedio di una biblioteca con dentro gli ebrei e fuori una folla di gente che vuole linciarli in nome della Palestina Judenfrei, gli assalti ai negozi, agli alberghi, ai ristoranti gestiti “dai sionisti”, le minacce e le aggressioni ai danni di chi porta il segno del nemico, cioè un copricapo ebraico, l’atroce caso del liceo romano in cui si pedagogizza la scolaresca a pronunciarsi sul nazismo ebraico prendendo a criterio il punto di vista del compagno israelita, la comparsa in mezza Europa, anzi in mezzo mondo, delle stelle disegnate sulle case degli ebrei, i volantini con le immagini degli ostaggi “rimossi e deposti nel cestino” (che delicatezza…), due mesi in cui tutto questo è passato alternativamente come l’inevitabile conseguenza di “settantacinque anni di occupazione” o, in un trionfo di oscenità, come il giusto tributo solidale che si deve a un popolo ingiustamente oppresso.

In questi due mesi è stato fatto molto poco per reclamare che la causa dei palestinesi fosse quella di vivere in libertà, in democrazia, in un sistema di diritto, ed è stato fatto molto affinché si accreditasse la legittimità del progetto “dal fiume al mare”, pace se sulla scorta degli eccidi del Sabato Nero e sul rivendicato proposito di farne ancora, di farne altri, magari in nome della proclamazione di marca Onu secondo cui il 7 ottobre “non viene dal nulla”.

Ma pace non può esserci e non ci sarà mai, se gli schieramenti sono questi. Pace non ci sarà mai se uno schieramento, quello che si pretende vicino alla causa dei palestinesi, pretenderà di denunciare le responsabilità di Israele (che esistono) confondendole con il diritto di vivere degli israeliani e degli ebrei e con la difesa di questo diritto. Pace non ci sarà mai se quello schieramento non riconosce che in questi due mesi proprio quel diritto è stato messo in forse e anzi platealmente contestato.

Pace non ci sarà mai se quello schieramento non dice chiaramente – e non lo fa, continua a non farlo – che occorre combattere e sconfiggere chi contesta quel diritto. Perché è nel quadro di questo riconoscimento, non al di fuori, non indipendentemente, che può essere difesa la meritevole causa palestinese.

Se questa causa è pervertita nel diritto dei nemici di Israele e degli ebrei di imporsi con i pogrom, con le nuove notti dei cristalli, con la caccia al giudeo, e se tutto questo è osservato con la noncuranza di questi due mesi, allora diventa una causa maledetta e chi non la ripudia merita maledizione.

7 Dicembre 2023

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