La testimonianza
Giulia Cecchettin, la lettera della sorella Elena: “Mostri non sono malati ma figli sani del patriarcato”
Filippo Turetta non è un mostro. Sono le parole di Elena Cecchettin, la sorella 24enne di Giulia, uccisa e trovata senza vita sabato mattina in un dirupo nei pressi del lago di Barcis, ai piedi delle Dolomite friulane, un ritrovamento avvenuto a una settimana dalla scomparsa.
Turetta è il 22enne ex fidanzato di Giulia, fermato sabato sera in autostrada in Germania non distante da Lipsia dopo una lunga funga: lo studente universitario è accusato dalla Procura di Venezia dell’omicidio della ragazza.
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La lettera di Elena
Per Elena non si può ridurre l’omicidio della sorella ad una banale “mostrificazione” di Turetta. In una lettera al Corriere della Sera Cecchettin sottolinea come “un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I «mostri» non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro”.
Cultura dello stupro, continua Elena Cecchettin, che è “ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura”.
Di fronte all’obiezione che “non tutti gli uomini” sono così, Elena risponde così: “Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio”.
Femminicidio che è un “omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”.
La testimonianza in tv
Una lettera che ribadisce i concetti espressi anche in televisione da Elena Cecchettin. Intervenuta domenica sera al programma di Rete4 ‘Dritto e rovescio’ condotto da Paolo Del Debbio.
Qui ha anche accettato di ricostruire la relazione tossica che ha portato sino all’omicidio di Giulia da parte dell’ex fidanzato, Filippo Turetta. “Giulia stava cercando di staccarsi, ma non era facile: c’era una sorta di manipolazione”, ha raccontato la sorella della vittima. Elena ha poi confermato che Turetta diceva da tempo di voler stare sempre con lei, di non poter vivere senza di lei, un qualcosa che “non è sano”.
La sorella di Giulia ha poi rivelato che c’era già stato almeno un altro episodio in cui la gelosia di Turetta aveva mostrato il suo volto aggressivo. “Parlando con alcune amiche di Giulia sono venuta a conoscenza del fatto che un paio di settimane prima c’era stato un episodio dopo il quale Giulia aveva confessato loro di aver avuto paura”. Anche se poi, alle richieste di chiarimenti delle amiche, Giulia aveva ridimensionato, “perché voleva sempre difenderlo”.