La manifestazione dem

Manifestazione del Pd a piazza del Popolo: regge la prova di forza, non i discorsi

La prova di forza ha retto. Ma dai discorsi solo un elenco di doglianze. Non si vedono strategia, proposta, idee, analisi. Regge solo il grido antifascista

Politica - di David Romoli - 12 Novembre 2023

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Elly Schlein alla manifestazione del Pd a Roma
Elly Schlein alla manifestazione del Pd a Roma

Il fattore meteo, quello più temuto alla vigilia, è stato clemente: neppure una goccia di pioggia. L’organizzazione, fra pullman treni e chiamata alla mobilitazione dei circoli, ha meritato la piena sufficienza. Il risultato è una piazza del Popolo non pienissima ma tanto folta da consentire agli organizzatori della prima manifestazione di piazza del Pd nell’era Schlein di vantare un affluenza di 50mila persone.

Parecchio esagerata, va da sé, ma alzi la mani chi in questi casi non la spara grossa. Dopo il nervosismo degli ultimi giorni il gruppo dirigente della segretaria può tirare un sospiro di sollievo. Sul palco Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria e a tutti gli effetti numero 2 del Pd, indossa le vesti della presentatrice e se la cava bene.

La scaletta non prevede guizzi d’immaginazione: una sfilata di voci che lamentano gli errori e gli orrori del governo ai danni della categoria rappresentata e ci sono un po’ tutte. Un cahier des doléances quasi sempre fondato pur se prevedibile.

Persino Stefano Bonaccini, l’unico altro leader di partito a prendere la parola dal palco, sembra stare lì come governatore dell’Emilia-Romagna molto più che non come presidente del Pd, e in quella veste lancia i suoi strali contro l’assenza del governo dove aveva promesso di essere, nella Romagna disastrata che, nonostante gli stentorei impegni, non ha ancora incassato nulla o quasi dei fondi promessi.

Il passo indietro di Bonaccini non è casuale. Il compito di tirare le somme spetta al leader, alla segretaria che chiude la kermesse. E il problema della manifestazione è proprio nel suo lungo discorso, che riflette i limiti del suo partito. Perché anche se attribuisce al Pd i caratteri di un partito “modellato sulle sembianze di chi lo abita e non di chi lo dirige”, la realtà è che invece il Pd oggi riflette in pieno tratti, attitudini e limiti di chi lo guida.

Elly Schlein non è dotata di talento comiziante. Non è fatta per infiammare le piazze e già lo si sapeva. Nella sua prima uscita di massa (o quasi) conferma di non avere le doti oratorie necessarie per galvanizzare la sua gente. Ma questo, a conti fatti, è un problema minore. Quello maggiore è la completa assenza della politica.

La segretaria ha davvero “tirato le somme”, riassumendo tutte le critiche scagliate contro il governo da chi aveva preso la parola sul palco. Ma è un elenco in larga parte calibrato sulla critica al governo.

“Hanno cancellato il salario minimo con un sms ma la povertà non è una colpa individuale. E’ un problema sociale dovuto a politiche sbagliate”: è vero ma quelle politiche sono state pensate e gestite da governi in cui il Pd faceva spesso la parte del leone: criticare quelle scelte con una certa precisione e indicare la via alternativa, per esempio esponendosi sul piano del ruolo dello Stato in economia, sarebbe stato d’uopo.

Oppure “Dobbiamo ridare dignità al lavoro. Serve un salario minimo legale e il governo deve rispondere perché sotto i 9 euro (lordi) all’ora è sfruttamento”: casomai è schiavismo perché ce ne vuole per sostenere che invece 9 euro lordi all’ora non sarebbero “sfruttamento”.

Sull’ordine pubblico: “La repressione non basta”, che è un po’ come dire che le misure del governo sono insufficienti perché non accompagnate da adeguate politiche sociali. Ma il problema è che sono invece proprio sbagliate, non solo “insufficenti”. E che magari dire anche che la repressione è una brutta cosa…

Il vero buco però è sulle riforme costituzionali, perché quello sarà il campo di battaglia nel quale si deciderà il futuro del Paese. La leader del principale partito della sinistra boccia la riforma Meloni ma lo fa in nome dell’antifascismo, la Costituzione vigente essendo appunto baluardo dell’antifascismo.

Senza una parola sul collasso del sistema istituzionale provocato in buona misura dalla contraddizione tra una Costituzione che vorrebbe al centro del sistema il potere legislativo, cioè il Parlamento, e in cui invece il potere esecutivo, il governo, ha occupato progressivamente ogni spazio. Senza una parola su come mettere riparo a quel che non funziona, e certo non basta la sfiducia costruttiva, la difesa in nome dell’antifascismo diventa conservatorismo puro e rinuncia alla politica.

La segretaria ha parato le critiche diluviate per il suo prolungato silenzio sulle guerre che sono oggi al centro di ogni agenda politica. Sull’Ucraina se l’è cavata con un accenno rapidissimo. Sul Medio Oriente si è invece soffermata qualche minuto, però mettendo in fila ottimi propositi ma nulla di più: l’attentato di Hamas orrendo ma la reazione altrettanto se non di più, le responsabilità di Israele, i due Stati come unica soluzione, lo sdegno per l’ondata antisemita ma glissando su quell’ “antisionismo” dietro al quale l’antisemitismo maschera se stesso.

Il senso della giornata, riassume la stessa Elly, è doppio: il giorno del “ritrovato orgoglio democratico “e la dimostrazione che “l’alternativa c’è”. I leader della ancora virtuale alternativa in piazza ci sono davvero, Conte, Bonelli, Fratoianni, ma non Calenda e figurarsi Renzi. Ma un’alternativa reale, non basata solo sul bocciare le politiche della destra, quella invece è ancora latitante.

12 Novembre 2023

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